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Umberto Amato

Umberto Amato e avvocato e si occupa di amministrazione e finanza degli enti locali.

Trump, il ritorno

Il mese di Gennaio è stato entrale nel processo elettorale e politico-costituzionale statunitense. Il giorno 3 Gennaio si è insediato il 119 Congresso degli Stati Uniti, maggioranza repubblicana in entrambi i rami del Congresso e dopo molte polemiche nella Camera dei rappresentanti dove i repubblicani erano molto divisi e solo l’intervento energico di Donald J. Trump ha evitato lo stallo  sulla Risoluzione continua, progetto di legge finanziario omnibus  ridotte a 120 pagine dalle iniziali 1547 pagine per evitare la chiusura degli uffici pubblici federali ad eccezione di quelli essenziali che potevano causare la non riconferma dello Speaker repubblicano uscente  della Camera dei rappresentanti Mike Johnson; riconferma avvenuta al primo scrutinio con 218 voti eccetto il rappresentante Emmer (i Repubblicani hanno 220 seggi compreso il dimissionario Gaetz della Florida, che rimane vacante fino alle nuove elezioni speciali).

Il giorno 6 Gennaio in seduta congiunta del Congresso il vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris (presidente del Senato) ha certificato aprendo e contando  i plichi chiusi inviati nella capitale federale dalle capitali dei 50 Stati dove si sono riuniti i grandi elettori, il 16 Dicembre scorso (il primo Lunedi dopo il secondo Mercoledì di Dicembre, eletti il 5 novembre 2024  la vittoria elettorale di Donald J. Trump e del senatore J.D. Vance (312 voti elettorali).

Donald J. Trump è dopo la certificazione ufficialmente il presidente degli Stati Uniti ed entrerà in carica il 20 Gennaio prossimo a Mezzogiorno, dopo il giuramento davanti al presidente della Corte Suprema John G. Roberts.

Cosa aspettarci dal nuovo mandato di Trump alla Casa Bianca?

Guardando al processo di selezione della squadra presidenziale che è continuato per tutto il mese e facendo cenni ad alcuni membri, altri sono stati oggetto del precedente articolo ( Kristi Noem  alla Sicurezza Interna, Robert Kennedy J. alla Salute e ai Servizi Umani, Turner allo Sviluppo Urbano e alle Abitazioni, Duffy ai Trasporti, Burgum agli Interni, Wright all’Energia, McMahon all’Educazione,  la vicinissima ai sindacati Lori Chavez-De Remer al Lavoro, Loeffler alle Small Business Administration, Brooke Collins all’Agricoltura,  Doug Collins agli Affari Veterani,  Karoline Leavitt come portavoce e addetta stampa alla Casa Bianca, Woodword assistente e consigliere senior del presidenti e altri Assistenti all’implementazione strategica, alle questioni politiche, alle questioni operative tutte  nomine che vanno a rafforzare lo Staff della Casa Bianca).

Gli uffici della Casa bianca (come scritto nel precedente articolo sull’argomento) saranno centrali nel nuovo mandato di Trump e nella filosofia del nuovo mandato il Gabinetto presidenziale avrà un’importanza diversa, se non minore nell’attuare le politiche di Trump.

Trump sarà anche un presidente che farà molto uso degli executive orders (i nostri decreti legge per fare un termine di paragone) pienamente operativi e dalla attuazione immediata per i vari rami dell’Esecutivo e delle Agenzie Usa.

Trump si muoverà spedito nel suo programma  America First rafforzato dalla crisi in cui versa Los Angeles e la California (idea suggestiva e se alla carica di governatore si candidasse Elon Musk, portando la California al Gop dopo l’attore Arnold Schwarzenegger, Elon non proprio tollerato dal movimento paleoMaga e da uno degli ideologi Steve Bannon, in contrapposizione ai tecnoMaga) a causa degli incendi che stanno struggendo case e ville e che ha fatto annullare il viaggio in Italia del presidente Biden  , semplificazione normativa, attuazione della sentenza Chevron della Corte suprema che ha ridotto il peso della burocrazia amministrativa federale delle Agenzie federali che non possono più andare oltre i propri limiti, ripristinando i controlli necessari per la tutela dei cittadini consumatori (la condanna formale ma non sostanziale sul caso Daniels  Stormy  34 capi di imputazione inflitta dal giudice Merchan di New York facendo riferimento alla clausola di supremazia la Costituzione e le leggi federali hanno la supremazia su quelle statali il 10 Gennaio dopo che la Corte suprema degli Stati Uniti  ha respinto il ricorso di Trump 5-4 per ritardare la sentenza, non ostacolerà il programma).

Come si rapporterà Trump in ottica internazionale e l’Europa come si muoverà?

Le ultime dichiarazioni del presidente Trump su Panama (centrale come il canale di Suez nel commercio mondiale, facendo capire la volontà di annetterlo nuovamente agli Stati Uniti); sulla Groenlandia (regione artica della Danimarca e strategicamente  l’Artide e l’Antartide sono importanti per le Nazioni, non solo per le materie prime e critiche; il diritto internazionale non ha una normativa specifica su questi due continenti, eccetto il limite della sovranità territoriale, come ha dichiarato un organismo delle Nazioni Unite sulla Groenlandia in risposta alle minacce del presidente Trump); sul Messico e sul Golfo da rinominare in Golfo d’America e sulla intenzione di fare del Canada 51 Stato americano (procedimento molto lungo, complesso e irto di ostacoli).

Ci saranno dazi, tariffe molto pesanti sulle merci che gli Stati Uniti importano da Stati come Cina, Canada e Messico se questi Stati non controlleranno molto efficacemente i propri confini soprattutto per la droga degli zombie: il fentanyl, che negli Stati Uniti è ormai una questione di sicurezza nazionale.

L’Europa è un nano, in confronto a queste sfide, soprattutto dopo che Trump e Putin si sono accordati per vedersi e porre fine alla guerra in Ucraina, non parleranno solo di Ucraina ma anche della nuova alleanza dei Brics (ingresso della Indonesia) fa di questa associazione di Stati la più grande al mondo (quasi il 60% della popolazione mondiale fa parte di questa organizzazione di Stati) del dollaro, del commercio mondiale e del nuovo assetto geopolitico.

L’Europa è in una crisi profonda, con un prodotto interno lordo  che non cresce (Francia e Germania in profonda crisi e con alle porte del potere politico le formazioni politiche di destra radicale RN e AFD), Austria che probabilmente avrà il cancelliere Kikl leader del partito di destra FPO.

La polemica su Musk e sui suoi satelliti Starlink , acuisce il nanismo tecnologico, militare e di sicurezza nazionale dell’UE.

L’Italia, è centrale e la recente visita della nostra presidente del Consiglio Meloni a Mar-a-Lago incontrando Trump, Musk e Rubio  è un messaggio all’Europa che è troppo burocratica per avere peso sul nuovo corso in politica commerciale, militare e nella più ampia sfera geopolitica.

La liberazione della giornalista del Foglio Cecilia Sala reclusa nel carcere  iraniano di Evin è un successo non solo dei servizi segreti (Aise Caravelli, il generale che è andato a Teheran a riportare in Italia la giornalista) ma della politica in senso più ampio, forse si riuscirà ad aprire un dialogo con l’Iran per questioni politiche ed  economiche, nell’ambito di una collaborazione pacifica, come ai tempi di Mattei?

L’Italia avrà un ruolo centrale nelle politiche commerciali (il nostro Paese potrebbe essere esentato nella politica talvolta aggressiva e minacciosa del presidente Trump) e nel nuovo corso geostrategico…..

Trump, l’Europa e noi

La vittoria a valanga (si è aggiudicato tutti e sette gli Stati indecisi Georgia, Nevada, Arizona, North Carolina, Wisconsin, Michigan e Pennsylvania) dell’ex presidente  Donald J. Trump (secondo presidente della storia a ricoprire due mandati non consecutivi l’ultimo fu il democratico Stephen Grover  Cleveland nel 1892) sulla  candidata democratica la vicepresidente in carica Kamala Harris, larghissima sia in voti elettorali all’interno del Collegio elettorale (312 a 226), sia in voti popolari (oltre 76 milioni, storicamente il repubblicano più votato alla Casa Bianca), il Congresso sotto il controllo  del Gop (per i prossimi due anni) e la Corte Suprema a forte maggioranza repubblicana (6 a3) ci pone difronte nuove prospettive.

Prime di delineare le future prospettive della seconda presidenza Trump, occorre accennare al sistema politico-elettorale statunitense, in particolare al ruolo che hanno gli elettori e gli Stati che compongono la Federazione degli Stati Uniti d’America nel far raggiungere a uno dei candidati quota 270 per aggiudicarsi la presidenza (si vota per testa e per Stato, il voto dato a uno dei due candidati negli swing state Wisconsin ad esempio, vale “doppio” a differenza di un voto espresso negli Stati rossi e blu).

Quali prospettive  ci saranno  dal secondo  mandato Trump?

Il secondo mandato di Trump alla Casa Bianca sarà per alcuni aspetti la continuazione del primo (2017-2021) e quindi un remake dello slogan-programma Make America Great Again.

Le prime nomine vanno in tale direzione, si concentrerà molto sulla politica interna e  l’istituzione del Dipartimento dell’Efficienza governativa (Doge) con a capo due imprenditori Elon Musk e Vivek Ramaswamy  e il superconsulente McGinley con il compito di tagliare  burocrazia elefantiaca, normative inefficienti e ristrutturare il bilancio federale con tagli imponenti di spesa superflua che rende la crescita americana più lenta rispetto alla sua potenzialità, quindi Make America Great Again sarà il principio cardine sui cui ruoterà tutta l’Amministrazione Usa.

Inoltre la nomina come capo di gabinetto della co-manager della campagna elettorale Susie Wiles sposterà all’Ufficio esecutivo del presidente presieduto dalla signora Wiles  e dai consiglieri signor tutte le decisioni, con i membri del Gabinetto (segretari dei 15 dipartimenti usa) relegati a un ruolo di importanza ridotta.

In campagna elettorale il presidente eletto ha fatto intendere che ci sarà un riequilibrio in tutti i settori politica estera, commerciale, militare, finanziaria,  migratoria per citare quelli più importanti.

La politica delle frontiere chiuse e quindi il completamento del Muro con il Messico e la massiccia politica di rimpatri  (negli Stati Uniti il termine  usato per indicare rimpatrio è deportation) è stata popolare soprattutto tra le minoranze ( donne, giovani, afroamericani ispanici, arabi, portoricani , asiatici e altre minoranze che hanno votato in massa per l’ex presidente, si pensi che in Texas in una contea ispanica dal 1896 non vinceva un candidato repubblicano).

La politica commerciale (con conseguente deficit commerciale Usa nei confronti del resto del mondo)  con conseguente rialzo dell’inflazione  dovuta all’eccessiva importazione di beni  in Usa da altre Nazione e alle politiche iperinterventista dell’Amministrazione democratica  uscente sono le principali preoccupazioni del Team presidenziale.

Le misure saranno nuovamente i dazi o per esser più precisi aumento delle tariffe a scaglioni (ad esempio 100% merci cinesi, 10-20% merci made in Eu e 50-60% merci made in Messico); anche se la moneta di riserva globale è il dollaro, ciò non si riversa nel benessere dei cittadini americani, poiché l’esportazioni producono accumulazione di moneta e l’importazioni distruzione di moneta).

Lo squilibrio della bilancia commerciale poi si riversa nella più ampia bilancia dei pagamenti (bilancia che fotografa lo stato di salute di un’economia come si può riscontrare nei manuali di macroeconomia).

Altra fonte di preoccupazione è l’aumento del debito pubblico americano (per 2/3 in mano cinese), quindi l’Amministrazione entrate vorrà ridimensionare il commercio mondiale e poi ristrutturare il debito pubblico con aumento della crescita economica in USA (nuova forma di autarchia quindi?). Ricetta che funzionò nel primo mandato (infatti alla domanda “Americani state meglio ora o quattro anni fa?” la risposta degli elettori americani è stata  il voto a valanga a Trump).

La nomina del senatore della Florida Rubio (considerato un falco nei rapporti con la Cina) alla segreteria di Stato e la nomina di Hegseth ai vertici del Pentagono sono molto di rottura e di minor interventismo rispetto alle questioni di politica internazionale (guerra in Ucraina e guerra in Medioriente).

Le nomine del Segretario al Tesoro Bessent (sostenitore dei dazi), del presidente del Consiglio economico nazionale (NEC) Hasset, del capo del OMB (ufficio del Bilancio e del Management della Casa Bianca) Vought e del segretario al Commercio Lutnick  al Commercio,  del rappresentante US al commercio Greer e del consigliere Navarro vanno nella direzione di un profondo cambiamento nella politica commerciale (nuovo Buy America già potenziato durante il primo mandato con la firma di tre ordini esecutivi)  e accorciamento degli approvvigionamenti energetici (aumentando la capacità di produzione energetica rendendo l’America non solo indipendente ma anche esportatrice di energia), soprattutto in materia di microchip, essenziali per la nuova tecnologia industriale e la cybersecurity connessa alla raccolta di dati sensibili, backup vera sfida del futuro)  all’insegna dell’America First.

L’Europa da Trump è considerata talvolta avversaria e scorretta nei confronti degli Stati Uniti e quindi ci si può aspettare un aumento dei dazi doganali, l’Europa quindi  dopo il via libera alla seconda Commissione Von der Leyen ha molte difficoltà davanti a cominciare dalla sua variegata maggioranza (è stata approvata  nel Parlamento europeo con una  maggioranza  risicata, 370 voti favorevoli) e se vuole presentarsi  al tavolo negoziale da una posizione non di svantaggio deve mettere da parte alcune rivalità come è emerso  sull’iter di approvazione dei vicepresidenti esecutivi e neocommissari europei Ribera-Fitto.

Il caos politico in Francia (governo Barnier in crisi e il presidente Macron asserragliato all’Eliseo con l’unico obiettivo di evitare dimissioni, nuove elezioni e orobabile vittoria di Marine Le Pen) e in Germania (governo di minoranza Scholz e nuove elezioni il 23 Febbraio prossimo) rischiano  di  destabilizzare l’intera Europa (unico governo duraturo e stabile  tra i paesi fondatori è quello italiano guidato da Giorgia Meloni); Europa incapace di disegnare una rotta precisa per la sua navigazione in un pianeta che si è ristretto, i cui attori-competitor corrono rispetto alla lenta   Europa ( es.  la crisi del  settore auto e della transizione ecologica verso l’elettrificazione in massa dell’automotive). La sfida sarà anche sull’intelligenza artificiale, sulle criptovalute (nuovo strumento di pagamento) come ha dichiarato Trump con un post sul suo social Truth, annunciando la nomina di Sacks a consigliere alla Casa Bianca con l’intendo di rendere gli Stati Uniti competitivi in questi due settori strategici.

I democratici americani, in un azzardo di previsione, saranno in profonda crisi anche in futuro  e difficilmente riorganizzeranno la loro piattaforma sia per le presidenziali del 2028, sia in quelle del 2032, lasciando la Casa Bianca a un esponente del Gop che ha nel vicepresidente J.D. Vance il naturale successore di Donald J. Trump (la grazia da parte del presidente Biden al figlio Hunter, come uno degli ultimi atti alla presidenza è una prova della confusione nel partito dei Clinton, degli Obama e di Biden)

Verso l’Europa che sarà

Negli articoli precedenti si è analizzato sia le elezioni europee e sia  i risultati degli  stessi e gli effetti sull’Unione Europea e sugli Stati membri.

Le difficoltà dell’asse franco tedesco sono  sul tappeto e non facilmente risolvibili nel breve periodo.

Si è inoltre accennato ai due report degli ex presidenti del consiglio europeo per il rilancio dell’integrazione europea (il rapporto Letta sul mercato interno e il rapporto Draghi sulla competitività recentemente sia alla presidente della Commissione Europea Von der Leyen, sia alla plenaria dell’Europarlamento, sia nell’incontro a palazzo Chigi con la presidente del Consiglio  Meloni).  Dopo le elezione della presidente della Commssione, gli Stati membri hanno proceduto alla designazione dei propri  Commissari nell’Istituzione esecutiva europea.

L’Italia ha designato il ministro per gli Affari Europei, il Sud, la Coesione e il Pnnr Raffaele Fitto, che ha avuto come delega la vicepresidenza esecutiva e la Coesione e le Riforme (risultato molto positivo, considerando che il suo gruppo ECR non ha votato per la conferma della Von der Leyen, una dimostrazione che in Europa ci potranno essere maggioranze variabili, a seconda dei provvedimenti da approvaree che L’Italia è centrale nello scacchiere europeo).

L’iter di approvazione della Commissione si concluderà con il voto della plenaria su tutto il Collegio e con esito favorevole entrerà in carica per i prossimi cinque anni.

Dopo le elezioni europee, e forse anche prima, due Stati fondatori Francia e Germania sono in una fase di forte instabilità politica e non sono più il motore d’Europa: la Francia sempre più verso uno scontro istituzionale, procedimento di destituzione del presidente Macron in itinere, ha un governo debolissimo con a capo Michel Barnier, capo negoziatore Ue per la Brexit e che tra molte difficoltà è riuscito a mettere insieme una squadra di governo ufficializzata Sabato 21 Settembre; la Germania del Cancelliere Olaf Scholz, che dopo due sconfitte nei Lander della Germania orientale (Turingia e Sassonia), è riuscito con il suo partito Spd a non farsi superare nel terzo land orientale il  Brandeburgo dal partito di  destra AFD e forse a mantenere la Cancelleria fino al 2025, sempre se la coalizione Semaforo non entri in crisi per i troppi litigi tra Fdp, die Grunen e Spd (punto  principale di litigio è la riforma del freno al debito osteggiata dal ministro delle Finanze Lindner).

Ottimo risultato nel Land è stato quello di BSW (partito populista di sinistra) che ha superato la Cdu relegata al quarto posto, nel Landtag non saranno rappresentati i Die Grunen e Fdp. La Germania è zona recessione e l’industria dell’auto in forte difficoltà, come ha fatto intendere la Volkswagen che è pronta a chiudere fabbriche e a licenziare migliaia di dipendenti,  se non si cambia approccio al Green Deal europeo.

L’Italia in questa Europa  può incidere molto a cominciare dall’attuazione del nuovo Patto di Stabilità e Crescita, la Crescita è essenziale e non si può tornare all’austerità;   le stime dell’Istat af fermano che il rapporto debito pil è in miglioramento, ritornato alla percentuale prima del Covid 19.

L’Europa se vuole mantenere un’ industria di livello e quindi non sprofondare nella deindustrializzazione deve modificare le politiche green e implementare gli  investimenti (parte molto condivisibile del rapporto Draghi) e la maggioranza PPE, liberali e Pse hanno bisogno del gruppo Ecr che li riporti alla realtànell’adozione di provvedimenti non ideologici.

La nuova Europa delle grandi strategie, che lasci agli Stati ampi spazi di manovra, è necessaria e la burocrazia asfissiante di Bruxelles deve essere molto ridimensionata.

Agli Stati membri il compito di dipingere il quadro, alle istituzioni europee il compito di costruire la cornice e i grandi disegni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Verso L’Europa che sarà

A giudicare i primi passi del nuovo Parlamento e degli organismi europei europeo, si direbbe che i risultati del voto di giugno non abbiano determinato né condizionato le scelte operate finora. Le elezioni avevano determinato un forte avanzamento verso destra, in particolare in Francia dove il Rassemblement national si era imposto come prima forza politica ed aveva costretto il presidente della Repubblica Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale francese e ad indire i comizi elettorali per domenica 30 Giugno primo turno e per Domenica 7 Luglio per il secondo.

La composizione dell’Eurocamera è spostata più a destra (si è costituito un nuovo gruppo I Patrioti, ora terzo per numero di parlamentari, che ha come punto di raccordo  il  premier ungherese Orban fortemente criticato nei circoli europei per il viaggio a Mosca e a Pechino) l’accordo raggiunto in sede di Consiglio il 27 e 28 Giugno per i Top Jobs europei (le cariche apicali dell’Unione Europea) non ha tenuto conto dei numeri e dei voti che in politica si pesano, non si contano. Il Consiglio ha indicato come presidente della Commissione Europea l’uscente Ursula Von der Leyen, come presidente del Consiglio Europeo il socialista Antonio Costa e come Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Kaja Kallas.

Nel d-Day della politica europea,  il 18 Luglio scorso, i parlamentari europei hanno confermato Von der Leyen (401 voti) alla  guida della Commissione (con il determinante sostegno del gruppo dei Verdi),  sarà una presidente  più debole?

Molte sono state le scivolate politiche che hanno contraddistinto il suo mandato (un green deal ideologico e infatti i Verdi l’hanno votata proprio su quest’ultimo punto avendo avuto garanzie politiche in tal direzione, una troppa regolamentazione europea in ogni settore economico e sociale, una indecisione politica di fondo su chi avere come interlocutori politici i Verdi o i Conservatori e riformisti).

L’Europa del  reiterato asse franco-tedesco è fortemente preoccupata, ciò che succede in Francia dopo che l’esito delle elezioni ha prodotto un’Assemblea nazionale francese bloccata con tre gruppi politici più o meno della stessa consistenza numerica. Il Nouveau Front Populaire, il macroniano Ensemble e il Rassemblement National che non è però una coalizione di tanti partiti come i primi due e in Assemblea sarà il primo gruppo parlamentare, solo le ingegnerie parlamentari hanno permesso la rielezione alla presidenza dell’Assemblea dell’uscente Pivot e che alla presidenza delle commissioni andasse in maggioranza al gruppo macroniano.

La Francia è il malato d’Europa e la sua instabilità politica potrebbe essere ancora più forte della sua instabilità economica, gigantesco debito pubblico e privato, disavanzo commerciale e nella più ampia bilancia dei pagamenti. Per usare dei paragoni storici il presidente Macron è un po’ meno Re Sole (Luigi XIV) e il declino politico di questo enfant prodige potrebbe portare la Francia ad una crisi profondissima, un po’ come Luigi XIV portò la Francia ad esser l’Impero dei cinque continenti ad essere una grandeur decaduta (il progetto di egemonia francese in Europa non riuscì), effetti che si ebbero poi con la Rivoluzione Francese o per esser più precisi con la Rivoluzione parigina del 1789 che depose il Monarca Luigi XVI e la sua consorte Maria Antonietta D’Asburgo ghigliottinati poi in piazza dopo un processo sommario.

Continuando in questa similitudine storica riferimento doveroso agli Stati Generali (Clero, Nobilità e Terzo Stato). Oggi in Francia la forza che più di ogni altra rappresenta il Terzo Stato (nuova borghesia emergente, piccoli professionisti, piccoli imprenditori, operai, artigiani, commercianti e contadini) è il Rassemblement national, che non governa solo grazie all’accordo di desistenza al ballottaggio del Clero-PFN e Nobiltà-Ensemble.

La vera battaglia elettorale sarà per la carica della presidenza della repubblica ad oggi fissata per il 2027, ma che potrebbe esser anticipata se l’attuale presidente continuasse con la sua arroganza, inviso a larga parte del corpo elettorale e del popolo francese; tale arroganza ed autoreferenzialità potrebbe costringerlo alle dimissioni e a nuove elezioni presidenziali anticipate.

Non occorre qui menzionare la disastrosa gestione delle Olimpiadi che – nel disegno di Macron – dovevano essere occasione di un prestigioso rilancio ed invece si sono rivelate un fallimento totale, tra la cerimonia più discussa e discutibile della storia (forse solo Berlino 19436 era stata così impregata ideologicamente) e la Senna inquinata che ha fatto di Macron il re delle sarcastiche vignette sui social di tutto il mondo.

L’Europa, se volesse davvero superare la crisi profonda in cui è precipitata, dovrebbe contare maggiormente sull’Italia, sulla sua affidabilità, sulla continuiutà del governo e delle sue politiche, sul realismo delle sue proposte. I nodi politici europei vanno sciolti prima che si aggroviglino sempre di più portando poi all’uso della “spada” e quindi portando poi  alla disgregazione della stessa Unione Europea, che resta opzione remota ed impossibile nel breve periodo, ma non nel medio-lungo periodo (la rielezione della presidente uscente della Commissione è una semplice vittoria di Pirro)

La transizione ecologica, la transizione industriale, digitale, energetica e nell’automotive nella più ampia Transizione 5.0 vanno portati avanti a piccoli passi, mediando con i ceti produttivi e non come imposizione verticistica e burocratica-autoritaria.

Inoltre l’Unione europea dovrebbe dotarsi di un Commissario alla Sovranità informatico-tecnologica e alla sicurezza dei dati digitali e per una Intelligenza artificiale che assicuri protezione alla Economia degli Stati europei, dopo il disastro del down informatico di Venerdì 19 Luglio che ha causato forti disagi in ogni settore economico e sociale.

Il destino e la Storia  della Unione Europea sono  nelle mani dei popoli  e non in quelli dei burocrati europei…

 

 

 

Verso l’Europa che sarà

Elezioni europee, ci siamo. I partiti sono in febbrile attivismo. Le polemiche sono aspre, gli scontri frontali.  Sui media si approfondiscono molti argomenti centrali per il futuro dell’Unione Europea, politica estera europea (più che mai centrale nella risoluzione della crisi ucraina e mediorientale per citarne alcune). Tra i temi la politica industriale, dalle case green alle auto elettriche, fino all’approvvigionamento di materie critiche, di nuove risorse energetiche  essenziali per la transizione ecologica ed energetica verso la neutralità carbonica. C’è la prospettiva di una politica agricola comune, riforma del Patto di Stabilità e Crescita con una più incisiva sorveglianza sui Bilanci pubblici delle Nazioni che hanno adottato l’Euro come moneta unica, fino alla riforma della Banca centrale europea che dovrebbe non solo guardare alla stabilità dei prezzi, al controllo dell’Inflazione, ma sempre più all’Economia reale.

Tutti questi argomenti di riflessione e di riforme scaturiscono dai report di due ex Presidenti del Consiglio italiani Enrico Letta (sul mercato unico-interno) e di Mario Draghi (competitività del sistema europeo).

Di particolare attualità è anche il ritorno in Europa dopo cinque anni del Presidente cinese Xi Jinping e il vertice con il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen con alcuni nodi da sciogliere in particolare i rapporti commerciale, le crisi globali e la sempre più pressante sovrapproduzione cinese (nel settore dell’automotive).

Sullo sfondo rimane il nuovo processo di Allargamento della Unione Europea con l’ingresso possibile di nuovi Stati, ricordando quello storico del maggio 2004, quando entrarono 10 Stati dell’Est Europa della ex cortina di ferro (aderenti, fino al crollo della Unione Sovietica 1989, del Patto di Varsavia).

Dal rinnovo del Parlamento europeo e dalla nuova maggioranza che si formerà, dipendono l’elezione del presidente dell’Eurocamera, il rinnovo della Commissione Europea a cominciare dal suo Presidente, del presidente del Consiglio europeo e dell’Alto rappresentante dell’Unione Europea.

Il Parlamento europeo è l’unica istituzione eletta direttamente dai cittadini degli Stati membri e il voto dei cittadini europei sarà centrale per i nuovi equilibri europei. Storicamente l’Unione europea è sempre stata retta da una maggioranza parlamentare che comprendeva i popolari, i socialisti  e i liberali (curiosità storica nella legislatura 1999-2004 due vertici delle istituzioni europee Commissione e Parlamento furono membri del gruppo liberale, ELDR Romano Prodi e l’irlandese Pat Cox).

Una nuova maggioranza che comprenda forze di destra non è fuori dalla ragione (due presidenti del Parlamento furono eletti con una maggioranza conservatrice  il nostro  Ministro degli Esteri Antonio Tajani  che vinse il ballottaggio contro Pittella dei Socialisti e democratici e l’attuale presidente Roberta Metsola eletta anche con i voti della Lega).

Il nostro Paese sarà centrale nei nuovi equilibri europei e dovrà avere più forza nel delineare la Nuova Europa, sia nei ruoli che si avranno sia nei programmi da attuare.

Un riequilibrio delle Istituzioni europee è fondamentale a vantaggio del Consiglio europeo (Consiglio che rappresenta l’Autorità) e un minor peso della Commissione Europea (che rappresenta il Potere nella costruzione europea).

L’Unione europea deve procedere al disboscamento della burocrazia di Bruxelles e alla semplificazione della produzione normativa ad esempio nel settore della Intelligenza Artificiale, se vogliamo deve liberarsi dellla reminiscenza della scuola storica di Von Savigny e della centralità del diritto codificato per poter competere sui mercati globali.

Tempo al tempo e la storia è più che mai in cammino verso il cambiamento profondo dell’Europa e del destino europeo.

Consigli non richiesti: accanto alle posizioni politiche di vertice, la nostra Nazione dovrà rivendicare alte cariche della burocrazia europea  a cominciare dalla segreteria generale del Consiglio Europeo o della Commissione europea.

 

Il lato oscuro delle “preferenze”

Le ultime notizie di cronaca che hanno riguardato amministrazioni comunali di Bari e Torino con arresti e indagati per corruzione elettorale, voto di scambio e altri reati previsti dal codice penale guidate da esponenti Pd impongono una riflessione sull’istituto più vicino al Cittadino.
L’art. 5 della Costituzione repubblicana ha previsto, accanto al principio della unità e dell’indivisibilità della Repubblica, il più ampio decentramento dei poteri promuovendo e riconoscendo le autonomie locali.

La legge 8/6/1990 n.142 ha delineato in maniera puntuale quelli che sono i principi informatori dell’ordinamento delle autonomie locali, abrogando in larga parte il R.D. 383/1934 (Legge comunale e provinciale) prevedendo il riconoscimento statutario e regolamentare dell’Ente Locale. Altre leggi hanno inciso in maniera fondamentale su questo Ente, la legge Napolitano-Vigneri e le varie Leggi Bassanini che hanno in un’ottica di semplificazione devoluto alcune funzioni statali ai Comuni.

In un’ottica di razionalizzazione della disciplina il Legislatore ha poi proceduto alla redazione di un testo unico degli Enti Locali (DPR 18/08/2000 N. 267) che ha sistematizzato tutte le leggi succedutesi nel tempo.

Nel 2009 durante il governo Berlusconi e con l’approvazione del decreto sicurezza bis si è proceduto all’innovazione dell’art. 143 del Testo Unico prevedendo una specifica causa di scioglimento dell’Ente locale per inflitrazioni mafiose previa relazione dei commissari prefettizi come conclusione dell’insediamento di una commissione d’accesso nominata dal prefetto.

A conclusione dell’attività di indagine i commissari redigono una relazione che inviano al Prefetto e quest’ultimo la inoltra al Ministro dell’Interno il quale verifica in sede politica se procedere o meno alla richiesta di scioglimento nella riunione del Consiglio dei Ministri e poi inviando il decreto di scioglimento al presidente della Repubblica per l’emanazione del provvedimento.

Dopo questi brevi cenni doverosi per una analisi sistematica delle disposizioni legislative (per ragioni di estrema sinteticità non ci dilunghiamo sulla legge La Loggia n. 131 del 2003 che ha attuato la legge costituzionale 18/10/2001 che ha riscritto totalmente il Titolo V della Costituzione Repubblicana).

Lo scioglimento degli Enti comunali è doverso nei casi in cui viene meno la teorica, concreta e attuale applicazione di altri principi costituzionali come il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione.

Occorre però non solo intervenire a valle, ma a monte e quindi nel procedimento elettorale e in conclusione al voto di preferenza che talvolta si presta all’inquinamento e alla pervasività delle organizzazioni criminali nel voto di scambio previsto dall’art. 416 ter (scambio elettorale politico mafioso).
A tal proposito urge un intervento del Legislatore volto a rendere più concreto e attuale l’art. 48 della Carta costituzionale non solo come punto di partenza, ma come punto di arrivo, prima che intervenga la Corte Costituzionale poiché vi è una lesione di tala principio nella misura in cui non prevede l’esatta applicazione e che ogni voto conta.

In conclusione è il voto di preferenza che talvolta è un problema ed è tal voto che portò al collasso della Prima Repubblica (si ricordi il voto di preferenza plurima)…..

SEQUESTRO MORO: QUALE VERITA’?

Tanti nella nostra storia repubblicana sono i misteri irrisolti, senza alcuna verità certa e senza che ci sia stata una ricerca puntuale sui fatti e sui motivi che portarono alle stagioni di sangue.
Il mistero più oscuro è quello legato alla vicenda del sequestro Moro. A renderla costantemente attuale concorre non solo il calendario, che ripropone ogni anno – tra il 16 marzo e il 9 maggio – riflessioni e dibattiti sul terrorismo, ma anche pomeliche legate alle tragedie vissute allora dal nostro Paese. Basti pensare alla recente scomparsa dell’ex terrorista Barbara Balzerani e a un messaggio social di una professoressa che ha espresso dolore e condivisione personale per quella rivoluzione perseguita dal terrorismo comunista con attentati, morti e violenze.

Tornando al caso-Moro, nonostante si siano succeduti tanti processi giudiziari, tante commissioni parlamentari d’inchiesta, tanti speciali tv – più recente quello di Report (in tale trasmissione furono raccontati nuovi particolari) – la storia si arricchisce di sempre nuovi caputoli. “Lo Stato – ha rivelato Report – venne a sapere dell’omicidio Moro alcune ore prime della telefonata da parte di un brigatista della presenza all’interno del bagagliaio di una Renault rossa targata Roma N56786 del corpo del presidente Aldo Moro; si accende il cicalino e dal cicalino la voce. Due messaggi, il primo: la macchina rossa eccetera….poi il secondo dopo qualche momento… la nota personalità, linguaggio burocratico del Ministero degli Interni, per personalità si tratta eccetera….a quel punto mi dice (Cossiga ministro degli Interni del quarto governo Andreotti) e io dico fai bene e ci abbracciamo”. Così ha raccontato il socialista Claudio Signorile (poi ministro dei Trasporti del governo Craxi). E’ tuttora avvolto dal mistero il tempismo del ritrovamento del corpo dell’onorevole Moro (in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure, sede del Partito comunista italiano a poca distanza dalla sede della Democrazia Cristiana in via del Gesù) quando di lì a poco si doveva tenere la Direzione del Partito democristiano che aveva come punto all’ordine del giorno (proposto dal presidente del Senato Amintore Fanfani) l’apertura di una qualche trattativa con le Br per salvare la vita al presidente Moro.

Aldo Moro è stata la personalità che più di ogni altra ha segnato la storia repubblicana; stratega incessante, ha portato il suo partito, la Democrazia Cristiana, prima a chiudere la stagione del centrismo e aprire la stagione del centrosinistra, prima con l’alleanza parlamentare, non organica con il partito socialista (cosiddetto governo delle convergenze parallele, con presidente del Consiglio Fanfani) e poi direttamente nel governo con ministri del partito socialista, il cui vicepresidente del Consiglio fu Pietro Nenni, di cui lo stesso Moro fu presidente del Consiglio (legislatura dal 1963-1968, prima con un governo “balneare” presieduto dall’allora presidente della Camera e poi presidente della Repubblica dal 1971 al 1978, quando dovette dimettersi in anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato settennale, per lo scandalo Lockheed Giovanni Leone).

Dopo ben due legislature terminate anticipatamente, quelle dal 1968 al 1972 e poi quella dal 1972 al 1976), lo stratega democristiano si accorse che la Democrazia Cristiana da sola non poteva più guidare la Nazione, più che barca, una zattera in preda alle onde tempestose, non solo politiche, ma anche sociali ed economiche.
Nel febbraio 1976, Moro guidò il suo V governo della Repubblica, caduto per il venir meno dell’appoggio del partito socialista, guidato da Francesco De Martino sulla legge della tutela della stirpe (legge sull’interruzione volontaria della gravidanza), che doveva evitare il referendum abrogativo; la legge non fu approvata, doveva quindi tenersi luogo il referendum e per evitare la consultazione referendaria si procedette alla crisi del gabinetto Moro e alle elezioni anticipate.

Il presidente della Repubblica Leone, quindi, non ravvisando più nessuna maggioranza parlamentare, che potesse sostenere un nuovo governo procedette a firmare, controfirmati dallo stesso presidente del Consiglio Moro i decreti di scioglimento della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; convocando i comizi elettorali per il rinnovo dei due rami del Parlamento della Repubblica fissati per il 20-21 Giugno 1976.

Fu una campagna elettorale molto aspra, simile a quella del 1948, quando la Nazione dovette scegliere quali forze dovessero governare la Nazione. Nel 1948 stravinse la Democrazia Cristiana, nel 1976 poteva esserci il sorpasso del partito comunista di Enrico Berlinguer, segretario dallo stile “borghese”. L’esito delle elezioni portò la Democrazia cristiana con segretario Benigno Zaccagnini al 38.7% e il partito comunista al suo massimo storico il 34.4%.
Il sorpasso non ci fu, la DC grazie ai voti di grande parte del Meridione d’Italia riuscì a rimanere primo partito italiano. Il Partito socialista ebbe un crollo elettorale molto forte (il 9.6%, minimo storico), il partito di lì a breve elesse come nuovo segretario Benedetto Craxi.

Moro fu eletto presidente del Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, occorreva vedere se potesse esserci una nuova fase dei rapporti con il maggior partito politico di opposizione, dopo la strategia cosiddetta dell’attenzione verso il Partito comunista dei due anni precedenti (dal 1974 al 1976).

Si trovò una sintesi, ovvero un governo retto dalla non sfiducia. Moro decise di far affidare la guida di tale governo a colui che più di ogni altro conosceva la sala macchine della nave Italia, on. Giulio Andreotti; l’unico che poteva rassicurare la parte più conservatrice della Nazione, gli Stati Uniti e i nostri alleati europei.
Dopo solo due anni il terzo governo Andreotti entrò in crisi nel gennaio 1978 gli interrogativi ai quali rispondere erano sempre gli stessi, ovvero sul ruolo che dovesse avere il partito comunista nell’eventualità di una nuova maggioranza e sull’ingresso o meno direttamente nel consiglio dei ministri, quindi un ingresso organico dei comunisti nel governo.

La Nazione era in profonda crisi istituzionale, sociale ed economica, con la violenza politica da parte dell’organizzazione terroristica denominata Brigate rosse sempre più forte e che aveva come fine quella di destabilizzare il già fragile sistema politico.
Ancora una volta lo statista democristiano riuscì in un’impresa impossibile, quella di mantenere l’unità della Dc e nel portare il partito democristiano ad un’alleanza più forte con il partito comunista, senza però la diretta partecipazione dei stessi con propri esponenti nel governo.

Moro accettò di far modificare la squadra di governo ad Andreotti con l’uscita dei ministri più discussi fuori dalla compagine; al momento della presentazione della lista dei ministri Moro impose ad Andreotti di proporre al presidente della Repubblica gli stessi nomi del governo precedente.
Il partito comunista, quando fu a conoscenza della lista dei ministri ufficiale, si riunì nel Comitato Centrale in permanenza nella sede di via delle Botteghe Oscure per decidere quale linea adottare nell’imminente dibattito alla Camera fissato per il 16 marzo 1978.

La mattina del 16 marzo una notizia sconvolse il mondo istituzionale, politico e sociale della Nazione. A via Fani furono trucidati gli uomini della scorta del presidente Moro; lo statista democristiano fu prelevato dalla Fiat 130 sulla quale viaggiava, volto prima all’università per la discussione delle Tesi di laurea di quella mattina e poi per recarsi a Montecitorio per le comunicazioni del presidente Andreotti e la successiva fiducia dello stesso governo da parte della Camera dei deputati e rapito dalle Brigate Rosse.

Furono 55 giorni di comunicati, di falsi comunicati, di depistaggi di mezze verità.
Il sequestro terminò con la tragica fine dello statista democristiano, il corpo dello statista fu ritrovato nella Renault rossa, crivellato di colpi in via Caetani, la mattina del 9 maggio 1978, una traversa di via delle Botteghe Oscure e di via del Gesù sede del partito democristiano del noto statista.

Quale verità?

Innanzitutto occorre andare indietro con la mente e di ripartire, nell’incessante ricerca della verità, dai giorni antecedenti al sequestro ovvero all’opera strategica, politica dello statista. Qual era la vera strategia del presidente democristiano, veramente voleva portare il partito comunista nel governo con propri esponenti o voleva far in modo che la DC arricchisse il proprio patrimonio politico aprendosi di più alla società, ai nuovi ceti sociali che avanzavano e che reclamavano un più ampio spazio politico e sociale?

La verità è sempre illuminante e per fare piena luce sul sequestro e l’omicidio Moro occorre liberarsi da inutili strumentalizzazioni, illuminando la storia nei termini in cui si consumò quella tragedia in un clima politico-culturale che non vedeva affatto isolate le frange terroristiche rispetto a certi ambienti della sinistra (tutt’altro che minuscoli) che consideravano quei compagni delle avanguardie – ardimentose, coraggiose o disperate – della loro stessa famiglia. (E si potrebbe, quindi, riflettere sull’eredità pericolosa tuttora in circolo, di cui quel tweet dell’insegnante universitaria rappresenta una spia, voce dal se fuggita ma profondamente e pericolosamente sincera).

L’ombra di Aldo Moro aleggia sempre sulla nostra Nazione e solo la verità potrebbe portare la nostra Nazione a chiudere con il passato violento e ricominciare quella navigazione a vele spiegate verso mete più avanzate.

Appunti di politica industriale

Accademici,  giuristi, economisti e politici trovano non poca difficoltà nel delineare in maniera chiara, precisa ed esaustiva cosa si intenda per politica industriale nell’età contemporanea, soprattutto nel progressivo mutamento delle strutture industriali dovuto all’imperante sviluppo tecnologico e da ultimo alla nuova frontiera dello stesso sviluppo industriale ovvero l’Intelligenza artificiale, la digitalizzazione e la decarbonizzazione per un minor impatto ambientale degli stessi impianti industriali delle Nazioni occidentali e da ultimo le strategie industriali dell’Unione Europea.

Per politica industriale, settore della più ampia e complessa politica economica, s’intende una serie di misure deciso a livello politico statale al sostegno del settore industriale di una Nazione, favorendo lo sviluppo di questo settore fondamentale per la crescita del sistema Italia.

In Italia, in una prospettiva storica, particolarmente attivo nel settore della politica industriale fu l’IRI fino al 1992 (quando per ottemperare ai principi del Trattato di Maastricht che istituì l’Unione Europea, si procedette alla privatizzazione di larga parte delle imprese pubbliche e da ultimo alla liquidazione dello stesso Istituto per la ricostruzione industriale, che garantì a monte lo sviluppo dell’industria italiana e a valle la nascita e lo sviluppo di imprese private che gravitavano intorno l’orbita dello stesso Ente).

Dopo il secondo conflitto mondiale il governo a guida democristiana basarono la propria politica industriale su due bisettrici fondamentali: lo sviluppo dell’industria siderurgica e quello energetico (approvvigionamento energetico a basso costo, come ideato ed attuato da Enrico Mattei, che fondò l’ENI nel 1953 dopo aver risanato l’Agip, che gran parte del mondo politico italiano voleva  fosse messo  in liquidazione, con la sola eccezione del presidente del consiglio Alcide De Gasperi ed Ezio Vanoni); il settore energetico fu determinante per lo sviluppo del tessuto industriale italiano.

Il governo è oggi più che mai impegnato a riprendere e la politica  di Enrico Mattei, avendo redatto e attuando il Piano Mattei, fondamentale per la sicurezza energetica della Nazione, bloccare i flussi migratori illegali e favorire lo sviluppo economico e sociale del Continente Africano; per queste finalità a Roma il 29 Gennaio scorso presso palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, si è tenuto il vertice Italia-Africa, nel quadro degli incontri definiti per la presidenza italiana del G7; vertice che si è concluso con la stesura definitiva e la piena operatività del Piano Mattei, che ha previsto una dote finanziaria pari a 5.5 miliardi di euro e che coinvolge oltre  Cassa depositi e prestiti,  altre società pubbliche  in prima linea per lo sviluppo dell’Africa come  Eni, Enel, Snam e Leonardo e altre non solo in campo energetico ed industriale.

L’altro settore fondamentale nello sviluppo della Nazione fu il settore siderurgico. Nel 1948 il governo italiano approvò il piano Senigaglia, tale piano prevedeva un aumento della capacità produttiva siderurgica (non solo quello di Cornigliano) per fungere da ausilio allo sviluppo di altre industrie (come il settore delle costruzioni ed il settore fondamentale dell’Automotive).

Quale politica industriale è necessaria? Viviamo in tempi di gravi instabilità globali dovute a crisi come quella ucraina, quella mediorientale (guerra Hamas-Israele e da ultima la crisi nel Mar Rosso e nel canale di Suez per gli attacchi da parte degli Houthi, minoranza yemenita ai mercantili che transitano nello stesso canale) che stanno provacando una vasta crisi del sistema economico che ha retto l’economia globale. La globalizzazione, che sembrava irreversibile, sta subendo durissimi colpi.

 

Sarebbe opportuno attuare alcune proposte:

  • Istituire il Comitato interministeriale per la politica industriale presieduto dal Ministro per le Imprese ed il Made in Italy.
  • Revisionare tutta la politica degli incentivi privilegiando le imprese che innovino i propri impianti industriali nei settori dell’automotive dei macchinari industriali (ampliando la Nuova Sabatini) verso Industria 5.0 nella più ampia cornice della Transizione 5.0.
  • Potenziare i distretti industriali con una legge omnicomprensiva che comprenda tutti i settori industriali strategici (istituendo uno specifico distretto industriale siderurgico con al centro lo stabilimento ex Ilva di Taranto, il più grande d’Europa in questo fondamentale settore).
  • Un piano di investimento per settori industriali che possano essere da volano per lo sviluppo strutturale nel Meridione d’Italia, privilegiando le start up e modificando il PNRR nelle sue direttrici in tale direzione.
  • In ottica europea una revisione della disciplina giuridico-economica degli Aiuti di Stato tenendo sempre presente la non infallibilità del mercato ovvero il fallimento del mercato (uno dei principi basi della disciplina della scienza delle finanze).

Queste proposte sarebbero utili al fine di delineare un quadro sistematico per una

nuova politica industriale volte ad uno sviluppo economico e sociale improntato a

tutelare il settore manifatturiero italiano, tenendo ben saldi anche gli aspetti di

sicurezza informatica e di cyber security, più che mai fondamentali in tempi di

continui e repentini sconvolgimenti globali.

Processo penale, riforma necessaria

Con l’entrata in vigore della Carta costituzionale del 1948 il dibattito tra giuristi, accademici e politici si concentrò sulla riforma sistematica del codice di procedura penale (codice Rocco entrato in vigore nel 1930).

Il legislatore del 1930 aveva preso come modello processuale il rito inquisitorio, rito che prevedeva il cumulo delle funzioni processuali (quella inquisitoria e quella del giudizio) in capo ad un unico organo.

Questo unico organo era denominato Giudice inquisitore o accusatore, il quale ricerca, acquisisce e valuta le prove concentrando nei propri poteri sia quello di esercitare l’azione penale, sia quello di formazione della prova e sia il giudizio sulla prova stessa.

Il giudice inquisitore ha il potere di attivare il processo d’ufficio e di ricercare le prove necessarie.

In tale sistema l’imputato è presunto colpevole e non c’è spazio per la contrapposizione dialettica tra le parti; il giudice opera in segreto e decide sulla base prevalentemente di prove scritte e di verbali degli atti compiuti.

Questo codice era il larga parte contrario ai principi costituzionali delineati nella nostra Carta fondamentale.

Il passaggio dal rito inquisitorio a quello accusatorio è stato da parte del legislatore è stato rinviato fino a quando non fu approvata la riforma dell’intero corpo del codice di procedura, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (codice Vassalli, dal nome del Guardasigilli dell’epoca promulgato nel 1988 ed entrato in vigore nel 1989).

Questo codice aveva come principio ricollegabile all’art. 111 della Carta costituzionale quello del Giusto processo. Corollari del suddetto principio sono:

  • Principio del contraddittorio
  • Principio dell’oralità ed immediatezza
  • Principio di imparzialità e terzietà del giudice
  • Principio di autonomia ed indipendenza del giudice
  • Principio di parità delle parti
  • Principio di ragionevole durata del processo

Nella fase dell’applicazione di tale codice si sono riscontrate profonde lacune, inerente la corretta funzionalità delle disposizioni processuali; fino a quando il legislatore del 2022 non ha proceduto ad una profonda riforma del codice Vassalli, riforma che ha modificato la maggior parte degli articoli, senza procedere alla approvazione e poi alla promulgazione del nuovo codice di procedura, che sostituisse sistematicamente il codice Vassalli.

Tale riforma Decreto legislativo n. 150 2022 (meglio conosciuta  come Riforma Cartabia) non ha dato soluzione ai problemi di funzionalità delle disposizioni processuali (disposizioni che sono strumentali alla corretta applicazione delle disposizioni sostanziali).

Il decreto legislativo n.150 2022 ha profondi profili di incostituzionalità e la Corte Costituzionale potrebbe sanzionare parti di tale decreto legislativo nella parte in cui non prevede la concreta, attuale e puntuale espletazione delle disposizioni costituzionali di cui agli articoli 24 (diritto di difesa) e delle disposizioni costituzionali e precisamente agli articoli 101, 109 e 111 e 112 di cui al titolo IV “Della magistratura, sezione I e sezione II.

Il legislatore è più che mai obbligato a procedere ad una radicale e sistematica riforma del codice di procedura in piena aderenza ai principi costituzionali e per un corretto sistema accusatorio come delineato dalla Carta Costituzionale del 1948.

Criminalità minorile. Una riflessione

Gli ultimi episodi di cronaca hanno suscitato nella comunità nazionale un forte sgomento, soprattutto perché tali episodi sono stati compiuti da minori.
Tali episodi hanno spinto molti tra criminologi, giuristi e politici a una riflessione per procedere ad una radicale riforma del sistema penale minorile connessa in particolare alla devianza minorile.

Nella prospettiva storica il Tribunale per i minorenni è stato istituito nel 1934 ed aveva come ratio quella di tendere alla rieducazione dei minori che si sono macchiati di reati prima del diciottesimo anno di età.

Il codice Zanardelli prevedeva una imputabilità dei minorenni esclusa per i minori di anni nove per fasce di età (9-14, 14, 14-18, 18-21) subordinata alla prova del discernimento o diminuita.
Il codice Rocco all’art. 97 prevede che l’imputabilità è per minori che abbiano compiuto gli anni 14, mentre per quelli infraquattordicenni la non imputabilità è sempre assoluta.
Il continuo evolversi dei costumi della società, il progresso tecnologico impone al legislatore di procedere ad una radicale riforma del sistema processuale minorile.
Il minore non va sempre perdonato, pena la non corretta attuazione del principio di rieducazione connesso alla responsabilità penale come si desume dalla prospettiva sistematica costituzionale.

Quali possono essere i punti di riforma del sistema minorile?

1) Abbassamento dell’età imputabile a 12 anni connesso a particolari fattispecie criminali;

2) Varo di un codice penale minorile che abbia una sua autonomia scientifica e applicativa;

3) Istituzione di una Procura nazionale per i minori;

4) Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta bicamerale sulla devianza minorile;

5)Educare i minori all’affettività, con un ruolo pregnante e concreto, all’affettività non inteso come smanioso controllo affettivo, ma come naturale sbocco della crescita dell’età puberale.

Nell’ età contemporanea troppe sono le pressioni che i minori subiscono sia nel contesto scolastico, sia in altri contesti sociali la salvaguardia del minore e per una corretta esplicazione dello sviluppo della personalità dei ragazzi in piena coerenza del dettato costituzionale e nella sua naturale prospettiva giuridico-evolutiva.