Pur dimostrando grande fiducia nei diplomatici “di casa”, come certifica il consistente numero di cardinali creati “pescando” nella categoria, Francesco verrà ricordato probabilmente come il Papa meno diplomatico della contemporaneità. Le ultime scintille con Israele ne sono solo l’ultima prova ed arrivano dopo le tensioni provocate in questi tre anni con l’Ucraina per diverse dichiarazioni sul conflitto con la Russia.
Nonostante la scomoda posizione “pacifista” sulla guerra iniziata il 24 febbraio 2022, anche i rapporti con Mosca non sono più idilliaci per via della definizione di «chierichetto di Putin» affibbiata al patriarca ortodosso Kirill in un’intervista forse troppo sincera e che scontentò i governi occidentali per il riferimento all’«abbaiare della Nato alle porte della Russia». Il Papa sudamericano, tuttavia, non sembra preoccuparsi troppo delle reazioni provocate dalle sue parole in libertà e va avanti su quelle che ritiene essere le priorità nell’agenda del suo pontificato. A questo proposito, l’udienza al Corpo Diplomatico accreditato per gli auguri di inizio anno rappresenta il tradizionale appuntamento per presentare le linee guida della politica estera della Santa Sede. È interessante notare come, proprio in quest’occasione, Francesco abbia per la prima volta menzionato l’attentato al presidente eletto Donald Trump come frutto del clima d’odio, sei mesi dopo i fatti di Butler. Nel suo discorso agli ambasciatori presso la Santa Sede, Bergoglio ha ricordato anche l’attentato al premier slovacco Robert Fico, alleato di Viktor Orban nell’Ue e come lui favorevole ad un dialogo con Putin sulla crisi ucraina. Il Papa ha citato anche i recenti «esecrabili atti di terrore» a Magdeburgo in Germania e a New Orleans negli Stati Uniti.
Queste menzioni sono in qualche modo significative se si tiene conto dell’apparente minimizzazione della gravità di questi quattro episodi a cui abbiamo assistito in questi mesi tra governanti e media. Il Pontefice, invece, ne ha parlato nel contesto più importante per le relazioni internazionali della Santa Sede e lo ha fatto non per ridimensionarli a gesti causati da malati psichiatrici, ma per evidenziarne la non estemporaneità e dunque la pericolosità. Bergoglismo e trumpismo rimarranno due corpi estranei anche con l’avvio della nuova amministrazione, ma Francesco dimostra ancora una volta di “ballare da solo” rispetto al grosso e sempre più omologato corpaccione progressista.
Nel 2025 è probabile che chi si è abituato ad applaudire il Papa in questi anni per le sue presunte aperture sulla dottrina e sulla morale, vedrà crescere l’imbarazzo per le posizioni papali più scomode: non solo la richiesta di dialogo per arrivare alla pace nel conflitto russo-ucraino, ma anche la condanna della cancel culture che «non tollera differenze e si concentra sui diritti degli individui, trascurando i doveri nei riguardi degli altri, in particolare dei più deboli e fragili» e il rifiuto della «colonizzazione ideologica che, secondo programmi studiati a tavolino, tenta di sradicare le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli». Concetti che Bergoglio ha voluto ribadire al Corpo Diplomatico accreditato e che rimarranno in cima all’agenda del suo pontificato anche quest’anno.