Avatar photo

Enzo Raisi Herrero

Enzo Raisi Herrero, già parlamentare italiano di Alleanza nazionale, vive in Spagna, dove dirige due aziende leader nel settore delle Facility Services.

ELEZIONI SPAGNA LUGLIO 2023 LA SORPRESA CHE NESSUNO AVEVA PREVISTO

Domenica 23 luglio si è votato in Spagna con un voto anticipato a luglio, mese di vacanze in Spagna e mai utilizzato come finestra per il voto nazionale, una mossa voluta da Sanchez che ha voluto limitare così i danni per una lunga campagna elettorale che si sarebbe dovuta tenere nel prossimo dicembre come prevedeva la scadenza naturale della legislatura e che avrebbe debilitato il suo governo ormai screditato anche in seguito alla batosta elettorale delle amministrative del maggio scorso.

Tutti i sondaggi, anche quelli fatti da istituti vicino al governo socialista come il Cis, prevedevano un successo del Pp con una forbice di seggi tra i 145 e i 150 parlamentari eletti, ne avevano precedentemente 89, e con Vox data tra i 25 e i 30 seggi in caduta libera, ne aveva 52, a causa del voto utile, ossia per la legge elettorale spagnola, molto simile a quella italiana delle province, se un partito non raggiunge in regione il quorum paradossalmente i tuoi voti vanno a premiare la lista che ti ha preceduto. I sondaggi stavolta hanno clamorosamente sbagliato, persino gli exit pool, ed erano tutti unanimi, infatti effettivamente Vox è scesa, anche se per altro ha avuto tre seggi in più rispetto ai migliori sondaggi, mentre il Pp si è fermato a quota 136, guadagnando ben 38 seggi in più ma non il numero insufficiente a raggiungere la maggioranza assoluta anche con l’alleanza con Vox.

D’altra parte, Sanchez paradossalmente ha attutito la sconfitta prendendo addirittura due seggi in più dell’altra volta passando da 120 a 122 ma è diventato il secondo partito e anche contando i voti di Sumar, gli ex di Podemos uniti a tutta la sinistra radicale, arriva a 153 seggi mentre il cdx a 169 ma nessuno arriva alla maggioranza assoluta che è di 176 voti.

Sanchez è riuscito a frenare la caduta grazie al voto catalano, infatti in quella regione il Psoe è sempre stato storicamente il primo partito dalla morte di Franco,  ma negli ultimi quindici anni aveva perso molti dei suo elettori  a favore di Esquerra Repubblicana, la sinistra repubblicana catalana indipendentista che stavolta è crollata a causa del ritorno a casa degli elettori ex socialisti che hanno anche loro preferito il voto utile rispetto ad una idea indipendentista che ormai appare sempre più screditata e temendo il governo di cdx, molto più centralista e nemico dell’indipendentismo catalano, e sono tornati a votare il Psoe che a sua volta è tornato ad essere il primo partito in Catalunya.

Altro dato negativo che complica la situazione è quello della regione Vasca dove per la prima volta il PNV, i moderati autonomisti, da sempre primo partito in quella regione, sono stati superati da Bildu, il partito che rappresenta gli ex militanti dell’Eta, che Sanchez aveva pericolosamente sdoganato, è diventato  il partito più votato, conquistando 6 seggi a fronte dei 5 seggi del PNV.

In sintesi, Sanchez ha tenuto recuperando voti i voti che erano andati alla sinistra repubblicana ma anche recuperandoli alla sua sinistra, anche a sinistra ha funzionato il voto utile,  dove la lista Mas che riuniva tutta la sinistra radicale ha preso 9 seggi in meno rispetto alle elezioni precedenti,  il PP ha recuperato voti da Vox e da Ciudadanos che questa volta non si sono presentati, ma entrambi sono lontani dalla maggioranza assoluta, al Cdx mancano 7 seggi al Cs ne mancano 23. La vittoria indiscussa di Feijoo, il leader del Pp è chiara ed evidente, ma non sufficiente.

Difficile dire cosa accadrà ora, Feijoo giustamente essendo il vincitore e anche il leader del primo partito ha chiesto l’incarico per formare il nuovo governo, lo stesso lo ha chiesto Sanchez che cinicamente è convinto di prendere tutti i voti dei partiti regionali compresi gli indipendentisti baschi e catalani che però gli hanno già detto che solo se gli promette il referendum per l’indipendenza gli daranno il voto, una richiesta anticostituzionale e suicida che Sanchez non può dare.

Situazione di stallo, probabili nuove elezioni a dicembre, ma il problema è ci andranno con il governo ancora in carica o dopo che Feijoo ha avuto l’opportunità di provare a formarne  uno nuovo? Questo dato farebbe la differenza anche perché siamo proprio nel semestre della presidenza spagnola in Europa, quindi una soluzione molto delicata.

Feijoo aveva proposto a Sanchez in tv nell’unico faccia a faccia  elettorale tra i due leader, che fra i due partiti chi avesse avuto più voti avrebbe formato il nuovo governo con l’astensione dell’altro partito ossia una grande coalizione, per emarginare le ali più radicali della politica spagnola, ma il leader del Psoe ha rifiutato sdegnosamente, troppo radicale per accettare una cosa del genere ed escludo che ciò possa avvenire se Sanchez rimane leader del Psoe, per cui rimango convinto che l’unica soluzione sarà il ritorno alle urne.

Per altro, non voglio portare sfortuna e lo dico solo come dato storico, nelle elezioni del 1936 accadde una situazione analoga, la destra prese più voti ma per una legge elettorale assurda la sinistra prese più seggi e formò un nuovo governo con dentro tutti, compresi gli indipendentisti baschi e catalani ignorando il dato elettorale che vedeva prevalere un voto di maggioranza a favore della destra, quello strappo provocò una delle pagine più tristi e dolorose della storia spagnola, la guerra civile del 1936-1939.

Sono le due Spagne che hanno radici profonde e resistono nel tempo, se si hanno dei leader responsabili come Aznar o Gonzales si trovano dei punti di mediazione, con un radicale come Sanchez è molto difficile.

Spagna, laboratorio

Le elezioni amministrative spagnole del 28 maggio sono andate secondo le previsioni, in verità per la destra la vittoria è andata al di là di ogni più  rosea aspettativa. Hanno pesato, da una parte, la figura ormai logora di Sanchez, ma soprattutto i suoi compagni di viaggio, la sinistra radicale di Podemos, Mas, Compromis e della Colau, che, dividendosi, hanno fatto un tonfo incredibile. Il Psoe ha perso, ma non vistosamente, ma la caduta dei suoi alleati ha fatto di una sconfitta una debacle impressionante: praticamente quasi tutte le regioni sono passate al cdx e anche le grandi capitali regionali. A Madrid, sia a livello comunale che regionale è stato un plebiscito con la governatrice di Madrid, la Ayuso stella nascente del PP, che ha avuto una vittoria storica con numeri impressionanti. Ma quello che ha fatto male al Psoe è stata la sconfitta in tutti i capoluoghi dell’Andalusia e anche nel governo regionale, tenendo conto che questa regione è sempre stato il più grande serbatoio di voti del Psoe un po’ come l’Emilia Romagna per la sinistra italiana. Ha fatto male ai socialisti anche la sconfitta non solo a Valencia, riconquistata dal PP dopo 8 anni ma anche nella regione valenciana, la più ricca dopo Madrid e la Catalunya.

La mossa a sorpresa di Sanchez è stata di anticipare a fine luglio le elezioni politiche previste per dicembre, una data stranissima per la Spagna che non ha mai votato in un periodo che per i suoi cittadini è già periodo di vacanze che qui solitamente vanno dal 15 luglio al 15 agosto.

Molti si sono domandati per quale motivo Sanchez abbia voluto anticipare, credo che da una parte sapesse bene che il secondo semestre non avrebbe avuto i risultati economici positivi che abbiamo avuto qui in Spagna  nei primi sei mesi dell’anno, e il forte deficit che il governo spagnolo ha incrementato in questi primi sei mesi, regalando mance a destra e manca,  avrebbe avuto una pessima ricaduta sul secondo semestre con il rischio di dover presentare un bilancio dello Stato con importanti tagli sociali  che avrebbero toccato pesantemente la sua base elettorale a pochi giorni dal voto nazionale.

Dall’altra, il rischio astensione, dovuto alla gente che va in vacanza, potrebbe rimescolare le carte, in queste elezioni amministrative, infatti, c’è stato un forte incremento dei votanti rispetto alle precedenti elezioni e si sono visto gli effetti, anche se in Spagna è molto facile votare per posta e mi sembra che gli elettori di destra questa volta siano più motivati di quelli di sinistra.

Sanchez inoltre spera che, alla luce del debacle elettorale, la sinistra radicale ritrovi l’unità che, per la legge elettorale spagnola, è fondamentale per avere seggi, essendo la legge elettorale delle politiche in Spagna molto simile a quella che si usava una volta in Italia alle provinciali.

La risposta di Feijoo, leader del PP e grande vincitore delle elezioni di domenica scorsa, è stata da una parte offrire un patto di governo regionale al Psoe per emarginare i partiti radicali e indipendentisti, in base alla quale governerebbe nelle regioni il partito che ha preso più voti garantendo  l’astensione del secondo e dall’altra per ora non intende scendere a patti con Vox per fare maggioranze laddove il PP non ha preso la maggioranza assoluta. Chiaro il messaggio tranquillizzante al voto moderato che in questa occasione ha premiato il PP e che potrebbe addirittura premiarlo maggiormente a luglio visto che il partito di centro, Ciudadanos, ha deciso di non presentarsi alle elezioni politiche di luglio e il voto del suo elettorato moderato è in libera uscita.

D’altra parte, il leader del PP sa bene che sui voti di Vox potrà sempre contare e alle prossime elezioni nazionali Vox rischia di fare un balzo in avanti molto forte. Infatti, alle amministrative Vox non ha avuto un grandissimo risultato, perché non essendo radicata bene nel territorio, a differenza del PP e del Psoe, hanno presentato liste solo nel 50% dei comuni in cui si votava e di conseguenza ha perso molti voti per strada, ma alle nazionali sarà un’altra partita e Vox presenterà liste ovunque.

La partita è appena iniziata è sarà dura per tutti, il sanchismo è ferito, ma non è morto, e l’attuale capo del governo, uomo cinico e spregiudicato tanto da fare patti anche con gli ex terroristi dell’Eta pur di governare, non mollerà così facilmente, ma l’onda lunga della destra si sente anche qui e il patto tra conservatori e popolari, che la Meloni auspica in Europa, qui potrebbe diventare realtà e forza di governo a fine luglio.

La Spagna sceglie il suo futuro

La normativa in Spagna prevede una unica data e un turno unico per tutte le votazioni amministrative, comunali e regionali, con la sola eccezione della regione basca e di quella catalana. Perfino chi ha fatto un voto anticipato come nel caso della Ayuso a Madrid due anni fa, è costretto a ritornare alle urne insieme alle altre regioni e comuni. Ecco perché la data del 28 maggio sarà un test importante in vista delle elezioni politiche che si svolgeranno il prossimo dicembre. È vero che alle amministrative influiscono molto anche fattori locali, a cominciare dai candidati sindaci e i candidati presidente di regione, tanto che nella mia Castilla la Mancha il PP vince sempre alle nazionali, ma perde alle regionali, ma il gran numero di votanti esprimono indubbiamente una indicazione importante su quelli che potrebbero essere i risultati delle prossime nazionali.

Il governo di Sanchez si sorregge su una maggioranza ormai sfilacciata ed eterogenea, dal Psoe a Podemos compresi tutti i partiti indipendentisti catalani e baschi cosa che ha provocato molto malumore tra i baroni socialisti delle altre regioni che temono di perdere consensi con compagni di viaggi squalificati. Non a caso l’ultima polemica è nata perché Bildu, il partito degli ex terroristi dell’Eta, che sostiene esternamente Sanchez, hanno presentato delle liste inserendo ex-terroristi, già condannati per omicidio, nelle stesse città dove avevano ucciso. La reazione è stata così forte che hanno dovuto fare marcia indietro, ma la frittata era già fatta e il governo ha perso credibilità.

Il faro delle prossime elezioni amministrative si concentra su due fattori che possono essere determinare per sapere chi sarà il vincitore delle prossime elezioni nazionali.

Da una parte l’effetto Feijoe, ossia il nuovo presidente del PP, succeduto a Casado dopo una bruttissima lite interna tra lo stesso Casado e l’astro nascente della destra spagnola, la Ayuso, attuale governatrice della regione di Madrid.  L’ex presidente della Galizia si dovrà cimentare nel suo primo e vero confronto elettorale nazionale da quando è presidente del PP e molti sono in attesa di capire quanto la sua figura possa contribuire a far tornare il PP il partito più votato in Spagna. Feijoe, figura molto rispettata, ha governato per oltre quindici anni in Galizia stravincendo sempre le elezioni locali e dando l’idea di essere un ottimo amministratore, ma la realtà politica nazionale è un’altra cosa. Sino ad ora il suo lavoro è stato quello di dare rassicurazioni di moderazione, competenza ed equilibrio, conquistando buona parte dei dirigenti in libera uscita dal partito di centro Ciudadanos ormai in caduta libera. Si è smarcato costantemente da Vox per riconquistare quel voto moderato che da Aznar in poi, il partito Popolare aveva perso a favore di Ciudadanos che era arrivato ad ottenere quasi il 18% dei consensi tanto da arrivare vicino al sorpasso del PP. Per ora i sondaggi gli danno ragione anche se il distacco tra il PP e il Psoe è in parte calato in queste ultime settimane grazie anche ad una politica clientelare, a suon di manciate di soldi a tutti, che Sanchez sta attuando sul piano dell’azione di governo per riprendersi consensi.  Se Feijoe uscirà vincente nelle prossime amministrative del 28 maggio, è evidente a tutti che la strada per la Moncloa a dicembre sarà in discesa.

L’altro fattore sotto l’attenzione di tutti è cosa succederà a sinistra del Psoe. Sanchez non potrà mai governare nuovamente se l’estrema sinistra non rimane unita raccogliendo tutti i voti che la sinistra radicale spagnola ha raccolto nelle ultime elezioni presentandosi per láppunto con una unica sigla. Il problema per Sanchez è che è in atto uno scontro brutale tra le varie sigle della galassia della sinistra radicale, da Podemos a Unidos por Podemos, passando per Mas y Compromis dietro il quale si nasconde una battaglia fratricida tra Pablo Iglesias, l’ex fondatore di Podemos ufficialmente ritiratosi dalla politica dopo la batosta elettorale delle ultime elezioni alla presidenza della regione di Madrid,  e Yolanda Diaz, attuale vicepresidente del governo nazionale e colei che ha preso in mano il comando di Podemos dopo l’abbandono di Iglesias che per altro l’aveva indicata come sua successore. Dietro lo scontro, aldilà di divergenze politiche tutto sommato marginali, ci sono attriti personali che partono dai due leader della sinistra radicale spagnola, ma che si moltiplicano anche tra i dirigenti dei diversi gruppi o sigle di questa galassia. Diciamo nulla di nuovo sotto il sole per chi conosce la storia della sinistra radicale in tutta Europa e la Spagna non fa eccezione. Questa area aveva ottenuto un buon risultato elettorale presentandosi unita, ora se si dovessero dividere rischierebbero  di rimanere fuori da molte amministrazioni locali e di  perdere molti seggi alle prossime elezioni politiche nazionali visto che, la legge elettorale spagnola, sia alle elezioni politiche nazionali che a quelle locali, punisce pesantemente le piccole formazioni. In caso poi di corsa separata e quindi di sconfitta certa, le relazioni tra i diversi movimenti, già ora molto tesi, lo diventerebbero ancor di più e sarebbe un ottimo vantaggio per gli avversari di Sanchez.

Una partita a parte la sta facendo Vox, che nei sondaggi continua a crescere anche se non in modo dirompente, ma costante. Abascal, il leader di Vox, ha marcato molto la differenza tra loro e il PP di Feijoe per cercare di convincere l’elettorato più a destra di andare a votare e non astenersi, ma non riesce, almeno per ora,  nell’obbiettivo strappare voti al PP, cosa per altro positiva per Feijoe che, in caso di vittoria a dicembre, se non vincerà con maggioranza assoluta potrà sempre contare con l’alleanza di Vox che nel frattempo ha aggiunto e non tolto voti alla totalità dei consensi verso l’alternativa a Sanchez.

Su tutto ciò pesa una gran incognita. La Spagna avrà la Presidenza europea nel prossimo semestre. Da una parte significa molta visibilità per Sanchez, però anche la distrazione verso un altro impegno proprio quando ci sarà una campagna elettorale molto delicata per la rielezione del prossimo governo nazionale spagnolo. Per altro proprio la politica estera è il grande cruccio del leader del Psoe, isolato in Europa e totalmente ignorato da Biden oltre oceano, tanto che nella sua recente visita negli Usa ha fatto una conferenza stampa, a conclusione del viaggio, in solitudine, senza il presidente americano a fianco, cosa che non è passata inosservata ai media spagnoli.

Il 28 maggio prossimo, data stabilita per il turno unico di comunali e regionali, avremo indicazioni importanti su come si stia muovendo l’elettorato spagnolo in vista delle nazionali del prossimo dicembre, un test non determinante, ma certamente molto significativo e già ora la tensione sta crescendo, certamente non mancheranno sorprese.

Spagna: tanti vincitori ed un solo sconfitto

La mancanza di corrispondenti esteri  presso i giornali italiani, che sono stati via via ridotti all’osso,  spesso riducono le notizie dall’estero a dei meri copia e incolla delle agenzie e questo genera confusione e poca conoscenza di ció che accade fuori dai confini Italiani. Non hanno fatto eccezioni le informazioni date dai media italiani  sui  risultati delle ultime elezioni politiche nazionali spagnole e allora cerchiamo di fare chiarezza.

Ci sono stati due vincitori che hanno nettamente colto il loro obbiettivo.

Da una parte il partito socialista di Sanchez tornato ad essere il primo partito ma sopratutto al 27% che e’ la media percentuale che questo partito aveva quando in Spagna c’era il bipartismo Psoe/ Ppe con l’alternanza tra i due. Questo risultato e’ stato ottenuto riprendendosi i voti che alle ultime due elezioni erano finiti a Podemos che a sua volta e’ sceso al 14% ossia la percentuale che sempre in Spagna ha avuto il Pce prima e i loro eredi di Izquierda Unida poi. In questo Sanchez ha completamente colto il suo obbiettivo facendo una campagna ideologica, molto di sinistra che ha in parte rotto la tradizione socialdemocratica del partito socialista spagnolo tanto che al centro non ha guadagnato nulla, solo a sinistra.

Il secondo vincitore e’ sicuramente Ciudadanos arrivato al 16%, il maggior successo europeo per un partito liberale e di centro, diventato dopo queste elezioni  il terzo partito spagnolo ad un solo punto di percentuale  dal partito  popolare  che ha toccato il suo minimo storico. Il risultato di Ciudadanos e’ molto importante perche’ da quando nacque una quindicina di anni fa nella sola regione della Catalunia in risposta alla svolta independentista di Ciu, ossia dei democristiani autonomisti, si e’ espanso in tutto il paese aumentando costantemente in ogni elezione. Hanno un leader, Albert Rivera,   con un forte impatto mediatico,  una dirigenza molto giovane, preparatissimi, tutti loro sono manager, laureati, persone molto qualificate nella loro attivita’ professionale, hanno un programma económico molto liberale in economía e sono molto nazionalisti ed europeisti, i peggiori nemici degli indipendentisti catalani anche perche’ alle ultime elezioni in Catalunia furono il partito piu’ votato e la loro  leader  catalana Arrimada, bella quanto brava in política e nella sua professione con un curriculum invidiabile, ha rischiato di diventare presidente della Catalunia, obbiettivo perso per pochi voti. Prendono molti voti nelle grandi citta’, meno nelle champagne ove il voto e’ ancora conservatore e quindi Ppe o Psoe ma anche alle ultime elezioni questo fattore si sta modificando come nella mia Albacete ove hanno fatto un risultato inaspettato con un forte balzo in avanti.

In fine c’e’ stato il buon 10% di Vox, si aspettavano il 13%, ma sicuramente e’ stato anche questo un successo. Per chiarezza Vox e’ nata da due costole di fuoriusciti del Ppe nella regione vasca e in quella catalana, alcuni leader locali  del partito legati ad Aznar ed arrrabiati per l’arrendismo di Rajoy verso gli autonomisti/indipendentisti di quelle due regioni. Non sono ne’ antieuropeisti ne’ populisti come ho visto scrivere sui nostri giornali, ne’ tantomeno nostalgici franchisti sciocchezza che ho visto riportata anche questa sui nostri giornali. Il loro punto di forza sono uno stato centrale piu’ forte che sia da contrappeso alle spinte inidpendentiste e una forte presenza del tradizionalismo cattolico, per intenderci no aborto, no coppie gay, no fecondazione assistita, la donna focolare della famiglia tradizionale. Hanno recentemente aggiunto il tema immigrati anche se onestamente in Spagna questo tema e’ sotto controllo e non ha le problematiche che abbiamo in Italia anche perche’ dall’Africa li fermano con il muro in Ceuta e Mellila e con un accordo molto forte con il governo marocchino che se li riprende indietro. Ci sono degli sbarchi alle Canarie ma poi non riescono  a raggiungere la penisola e qui in Spagna sono molto veloci nei rimpiatri degli immigrati che non hanno diritti a rimanere sul suolo ibérico. Il problema di Vox e’ che sono cresciuti in modo anómalo, prima tre mesi fa nelle elezioni  regionali dell’Andalusia dove presero il 13% e ora il 10% alle nazionali e per un partito abituato a percentuali poco superiori al prefisso telefónico delle citta’  italiane ( quelle spagnole inizia con 9.. )  questo significa problema di classe dirigente, gestione di un voto di protesta e in libera uscita dal Ppe e quindi con il rischio che ci ritorni finita la fase emotiva.

Veniamo al grande sconfitto, il Ppe. Dopo la caduta di Rajoy, che per stupido orgoglio personale invece di andare al voto dopo che il suo governo aveva perso l’astensione esterna del Psoe ha sfidato Sanchez e la sua mozione di  sfiducia costruttiva, perdendo e lasciando a Sanchez l’opportunita’ di governare quasi un anno e preparare queste elezioni, il Ppe ha eletto a sorpresa Casado contro la favorita Soraya Saenz de Santamaria voluta da Rajoy e dalla sua nomenclatura. La vittoria di Casado e’ stata la rivincita di Aznar su Rajoy che lui a sua volta Aznar  elesse a suo delfino ma  poi  Rajoy ripuli’ il Ppe di tutti gli uomini di Aznar,  creando anche una frattura a cultura e política con Aznar tanto negli ultimi anni Aznar  aveva incominciato a criticare Rajoy anche pubblicamente. Casado pero’ non ha funzionato, ha perso tutti i dibattiti televisivi e manca totalmente di appeal. Per lui e’ sceso in campagna elettorale direttamente Aznar, ma come spesso  ai leader che ritornano  in política anche Azanar no ha avuto successo  e cosi il Ppe ha perso un 10% di voti che sono quelli finbiti a Vox. Ha pesato sul Ppe, oltre la scarsita’ del suo nuovo leader, questa immagine terribile di partito molto corrotto, devastato da inchieste giudiziarie che hanno toccato tutto il partito dal livello locale a quello nazionale travolgendo la sua classe dirigente  e le seconde file non sono state all’altezza. L’incognita per il Ppe e’ ora che fare per recuperare quei voti, impresa allo stato dell’arte difficile  e con la conocrrenza di Ciudadanos puo’ solo recuperare a destra perche’ il centro e’ gia’ occupato.

Che succedera’ ora? Il Psoe ha vinto ma non ha avuto i voti sufficienti `per governare da solo. L’idea di Sanchez e’ fare un governo di minoranza con appoggio esterno di Podemos ma non e’ da scartare l’ipotesi che Podemos entri nella compagine di governo perche’ cosi’ indebolito non fa piu’ paura ai socialisti. Per ora c’e’ solo l’annuncio che il nuovo governo aumentera’ le tasse, cosa che i socialista avevano negato in tutta la campagna elettorale e poi rimane il nodo della Catalunia e il referéndum richiesto dagli indipendentisti. L’opposizione aspetta solo un passo falso di Sanchez proprio sulla Catalunia che gia’ gli e’ costato alcuni mesi fa la perdita dell’Andalusia,  da sempre regione di sinistra, che proprio per dare un segnale per la prima volta ha votato per una maggioranza di centro-destra  composta da Ppe, Ciudadanos e Vox.

La partita e’ appena cominciata dopo l’euforia per il successo elettorale ora arrivano i problemi per Sanchez e non saranno pochi.

*Enzo Raisi, già deputato

Spagna al voto, con Vox risorge la destra

Il capo del governo spagnolo, il socialista Sanchez, non c’e’ l’ha fatta, dopo il “golpe” istituzionale dell’anno scorso che aveva mandato a casa Rajoy, il leader socialista al primo grande ostacolo, la legge di bilancio,  e’ caduto e la sua eterogenea maggioranza si e’ disfatta. L’anno scorso Sanchez fu abile a sfruttare uno strumento costituzionale, la maggioranza costruttiva, che consente a chi promuove una mozione di sfiducia, nel caso ottenga la maggioranza dei voti, di diventare automaticamente premier al posto dello sconfitto. E grazie ad un grave errore di  Rajoy che con un atto di orgoglio invece di andare alle elezioni dopo aver perso l’appoggio esterno dei socialisti, ha preferito andare alla conta e Sanchez lo ha sconfitto  con l’aiuto di una maggioranza che sembrava un’armata brancaleone: da Podemos ai separatisti catalani, passando dai baschi e da una serie di rappresentanti di autonomie locali come le Canarie e Asturias.
Sanchez aveva  promesso che sarebbe andato subito al voto e invece  ha provato ad arrivare a scadenza naturale del Parlamento che sarebbe stato nel 2020, ma anche su di lui ha pesato la questione catalana. Infatti i catalani indipendentisti gli hanno tolto la fiducia nel momento in cui Sanchez si e’ rifiutato di far sedere al tavolo delle trattative che aveva aperto con loro un osservatore internazionale, dichiarando che la questione era interna e non internazionale. Lo ha dovuto fare sapendo bene che i baroni socialisti locali non l’avrebbero seguito su questa strada e dopo la batosta in Andalusia, regione governata da sempre dalla sinistra fin dalla nascita delle democrazia spagnola, non poteva permettersi cedimenti visto che la questione catalana ha avuto un peso determinante sulla sconfitta socialista facendo vincere le destre con l’irruzione di un nuovo partito di destra, Vox.
A differenza di quello che hanno scritto in Italia, Vox non e’ ne’ un partito franchista, ne’ un partito populista tipo Lega. In primo luogo e’ bene precisare che in Spagna non esistono partiti anti europeisti, lo fu Podemos, la sinistra populista, quando nacque ma poi rettifico’ prontamente questa sua posizione perche’ gli spagnoli, che hanno fatto passi da giganti grazie all’Europa e ai suoi fondi, sono fortemente europeisti. Vox nasce da una costola del Pp e il motivo e’ tutto legato alla politica nazionale ossia quando Rajoy incomincio’ a cedere su tanti temi a favore dei partiti baschi e catalani e questo provoco’ una serie di scissioni infinite che confluirono in questa nuova formazione politica che pone al centro del suo programma politico l’unita’ spagnola per altro difesa fermamente dall’Europa che ha isolato ogni tentativo scissionista a partire da quello catalano avvenuto l’anno scorso che ha trovato in Europa solo porte chiuse. Certo Vox ha poi aggiunto al suo programma una serie di temi da destra pura e dura come la lotta all’aborto, il tema immigrazione ( poco sentito in Spagna perche’ gestito molto bene ), la battaglia contro la legge sulla memoria che vorrebbe riscrivere la storia della guerra civile spagnola e sopratutto la lotta alla corruzione che ha travolto il Pp. Ma non c’e’ nel programma di Vox alcuna nostalgia per il regime franchista ne’ tanto meno alcuna polemica anti europeista. La stessa richiesta della sospensione di Schengen e’ collegata al fatto che il Belgio ha protetto Puigdemont e i dirigenti catalani golpisti dopo la loro fuga per sfuggire alla giustizia spagnola e Vox  lega la sospensione di Schengen alla consegna di questi ricercati dalla giustizia spagnola.
Dai sondaggi sulle prossime elezioni positive un risultato Sanchez lo ha raggiunto, ha arginato la perdita di voti verso Podemos che crollerebbe al 15% dopo essere arrivato al 25% e risulterebbe il primo partito con il 24%. Ma il Pp sceso al 17% ha perso i voti verso Vox che otterrebbe un risultato straordinario pari al 13%, sino alle elezioni in Andalusia non arrivava al 2%, concentrato nelle regioni storiche della destra spagnola, e con i voti di Ciudadanos, il centro liberale che si attesterebbe al 15%, si creerebbe una maggioranza di centro destra  simile a quella che ha posto fine all’egemonia socialista in Andalusia con un governo inedito a tre: Ciudadanos, Pp e Vox.
In realtà  l’esito elettorale e’ molto incerto perche’ la legge spagnola premia il voto locale, e’ una legge molto simile alle nostre provinciali, per cui non e’ detto che ad una maggioranza in percentuale di voti corrisponda una maggioranza di seggi.
Probabilmente assisteremo ad una forte instabilità politica o a maggioranze inedite e comunque eterogenee. In tutto questo rimane il dato positivo  della crescita economica di questo paese che nonostante la politica continua ad essere la nazione che in Europa ha la maggior crescita del Pil perche’ a differenza dell’Italia qui le riforme sono state fatte e i risultati si vedono, a prescindere dalla politica e dai suoi bizzarri meccanismi.

* Enzo Raisi, già parlamentare, imprenditore italo-spagnolo