Il M5S e la legge ferrea dell’oligarchia

Finalmente anche il M5S è diventato un partito politico in senso classico. Nel 1911 Roberto Michels aveva elaborato la sua teoria della legge ferrea dell’oligarchia: prima o poi un partito politico diventa una struttura governata da poche persone che decidono al posto di tutti. In questa crisi di governo, abbiamo visto una nuova fase dei Cinque Stelle, forse l’ultima, con una regia verticistica fatta da pochi dirigenti, e con buona pace della democrazia diretta e del principio ‘uno vale uno’. Anche in altre occasioni questo principio era stato palesemente disatteso. Ma questa volta è ancora più eclatante, vista la posta in gioco. Ancora una volta la legge ferrea di Michels ha fatto centro.
Come corollario di questa legge, i grillini possono ora districarsi liberamente nel sistema, tra l’altro con una carica di trasformismo da partito adulto, pienamente inserito nelle logiche più mature della Repubblica. I sogni rivoluzionari sono alle spalle. Robespierre è ampiamente sostituito da Talleyrand.
Certo, la piattaforma rimane ancora il tempio della democrazia interna, ma fa da cornice alle liturgie di pochi garanti e garantiti. Riusciranno i novelli oligarchi a spiegare alla loro base non un accordo con il Pd, ma il fatto che sono diventati come gli altri? Con l’aggravante che la loro natura post-ideologica consente ai 5S di utilizzare i due forni meglio di Andreotti. Diranno che hanno stilato un nuovo contratto, questo rito della Terza Repubblica che nobilita ogni genere di ammucchiata e che fa tanto rimpiangere il bipolarismo di qualche anno fa. Almeno allora si potevano scegliere coalizioni, programmi e premier prima delle elezioni. Tra l’altro, a proposito di contratto, non può sfuggire un piccolo dettaglio di merito: Lega e M5S erano i vincitori di una tornata elettorale e, nell’impossibilità di formare un altro governo, hanno provato una convergenza di tipo contrattuale, sapendo in fondo che sarebbe durata poco.
Il contratto con le sinistre sarebbe invece una convenzione tra minoranze, come hanno sancito le ultime elezioni per il Parlamento europeo e per le amministrative. Non è la stessa cosa. E questo non sfuggirà a nessuno, almeno così ci auguriamo. In alternativa, avremo un’altra frattura tra la volontà popolare e le oligarchie. In attesa di riforme che possano tutelare la prima dalle seconde.
*Mario Ciampi, segretario generale Farefuturo