A fronte delle immagini di morte e desolazione che quotidianamente ci giungono dall’Ucraina ( “la dove fanno il deserto la chiamano pace ”, scriveva Tacito circa duemila anni fa……) numerosi commentatori continuano a sforzarsi di accreditare la tesi secondo la quale la brutale invasione russa della limitrofa Repubblica altro non sarebbe che una dopo tutto comprensibile risposta da parte del Cremlino alla minaccia esistenziale che avrebbe potuto costituire per la Federazione Russa un ingresso di Kiev nella NATO, nonché l’installazione a poche centinaia di km dalle proprie frontiere di missili con testata nucleare ( sviluppi ambedue dati naturalmente per prossimi e scontati … dalla propaganda di Mosca ). Si cerca in sostanza di far passare la narrativa ( una sorta di nuovo e pervasivo “senso comune” nell’accezione gramsciana del termine) in base alla quale non vi sarebbe un Paese aggressore ( la Russia di Putin) e uno aggredito ( l’Ucraina ) quanto , piuttosto, una Russia per così dire obbligata a difendersi da un’ Ucraina in mano a “nazisti” ( costante è il richiamo di Putin alla necessità di “denazificare “ il vicino Paese ) e , di fatto, base avanzata delle mire statunitensi e della Alleanza Atlantica su quello che la Russia ( grande, si badi, circa 28 volte l’Ucraina) rappresenta in termini di territorio, risorse e patrimonio spirituale.
Senza addentrarsi in riflessioni di più ampia natura – che pur meriterebbero di essere svolte, ma non è questa la sede- sul retroterra storico e culturale della narrativa putiniana ( nonché sui suoi evidenti obiettivi propagandistici e di ricerca di consenso interno, ma le coraggiose manifestazioni di protesta contro l’”operazione speciale” in Ucraina che continuano a registrarsi in varie città della Russia mi portano a credere e sperare… che tale scommessa del regime potrebbe rivelarsi sbagliata) vorrei qui limitarmi a illustrare perché le asserzioni del nuovo Zar nel senso che ho sopra descritto sono ben lontane dalla realtà e , in quanto tali, fuorvianti. La prima considerazione che mi sento di svolgere – a smentita della affermazione secondo la quale, a partire dalla fine dell’URSS, le aspettative di Mosca di essere coinvolta in un dialogo serio con l’Occidente sull’architettura di sicurezza europea sarebbero state sistematicamente disattese da parte nostra – è quella che ha tratto a quel documento fondamentale nella storia delle relazioni tra l’Alleanza e la Russia post- sovietica ( frutto di lunghi e dettagliati negoziati tra la Federazione Russa e la NATO e, non casualmente, quasi mai menzionato da quanti desiderano alimentare invece la percezione di una Russia scientemente marginalizzata dai vincitori della “guerra fredda”) che è il “NATO- Russia Founding Act”. Si tratta di documento di ampio respiro e di forte valenza politica firmato, in occasione del Vertice alleato di Parigi del maggio 1997, da Eltsin e dall’allora Segretario Generale dell’Alleanza, Javier Solana . La prima sezione del testo precisa, non a caso, i principii stessi che dovranno, da quel momento in poi, improntare il divenire delle relazioni tra la NATO e la Russia.
Tali principii ( al lettore valutare se la parte russa li stia o meno rispettando….. ) includono tra l’altro “ l’ impegno a conformare la propria condotta alle norme del diritto internazionale come riflesse nella Carta delle Nazioni Unite e nei Documenti dell’OSCE “ così come altri ,più espliciti, quali quelli del “ rispetto della sovranità degli Stati e della loro indipendenza, oltre che del diritto di questi ultimi a scegliere le modalità più idonee a garantire la propria sicurezza”. A ciò si aggiunge l’impegno delle Parti “ a rafforzare l’OSCE al fine di creare uno spazio comune di sicurezza e stabilità in Europa”.
La mia seconda riflessione – a smentita della tesi sostenuta da Putin secondo la quale non esisterebbe e non sarebbero mai esistiti un’identità e, tanto meno, un popolo ucraino distinto da quello russo – riguarda ( ma è solo uno tra i tanti Documenti internazionali di analoga valenza che si potrebbero citare) il “Memorandum di Budapest “ del 5 dicembre 1994. L’accordo cioè con il quale Mosca – in cambio della cessione alla Federazione Russa da parte di Kiev, ai fini del successivo smantellamento, dell’imponente arsenale nucleare ereditato dall’Unione Sovietica, e dell’adesione ucraina al Trattato di non-proliferazione (TNP) come poi puntualmente avvenuto – si impegna insieme con Stati Uniti e Regno Unito ( Stati ai quali si sono poi aggiunti , sempre come “potenze garanti”, Francia e Cina) : a) a “ rispettare l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina ; b) “ astenersi da qualsiasi minaccia o uso della forza contro l’Ucraina”, c) “ astenersi dall’esercitare pressione economica sull’ Ucraina per influenzarne la politica”. Inoltre – e vengo, come terzo punto, alla “minaccia esistenziale” che rappresenterebbe per la Russia, sempre secondo Putin e quelle alte sfere militari , un ingresso dell’Ucraina nella NATO ( questione peraltro che , a parte le generiche aperture di cui alle Conclusioni del Vertice di Bucarest dell’ormai lontano 2008, non è mai stata veramente sul tavolo del Consiglio Atlantico ) – mi sembra doveroso ricordare che la NATO è sorta come alleanza squisitamente difensiva e , come tale, si è comportata in ogni occasione nel corso della sua ormai più che settantennale storia. Negli ultimi 30 anni poi l’Alleanza ha sempre cercato un dialogo costruttivo con Mosca.
Nel 2002, con lo storico vertice di Pratica di Mare , è stato ad esempio avviato un nuovo organismo di dialogo a tutto campo con Mosca : il Consiglio NATO- Russia che conferiva al rappresentante russo, seduto allo stesso Tavolo degli Ambasciatori dei Paesi NATO , un livello paritetico con quello dei membri dell’Alleanza nella discussione dei più rilevanti temi securitari e geo-politici di interesse comune . Aggiungo che la collaborazione NATO- Russia è proseguita anche durante i più recenti periodi di allargamento verso est dell’Alleanza , senza particolari recriminazioni da parte russa. L’Alleanza ha correttamente ritenuto di dover sospendere tale interazione pratica con la Federazione Russa solo nel 2014, in risposta all’illegale annessione da parte di quel Paese della Crimea. Ma le riunioni, sempre su iniziativa della NATO, sono riprese a Bruxelles nel 2016, proseguendo nei tre anni successivi e sino a poche settimane fa. L’ultima ha avuto luogo il 12 gennaio del corrente anno. E’ stato del resto solo in risposta alle azioni militari russe in Crimea e nel Donbass che, dal 2016, la NATO ha dispiegato in Polonia e nei tre Paesi baltici – su richiesta, dunque, di Alleati che comprensibilmente si sentivano minacciati- 4 Batllegroup multi- nazionali ( su base peraltro non permanente ma- come convenuto nel “ Founding Act” – di periodiche rotazioni ), mentre sino ad allora non vi erano unità della NATO schierate sul confine orientale dell’Alleanza. Inoltre , anche dopo la crisi del 2014, la NATO ha sempre tenuto ad affiancare alle misure di difesa e deterrenza un’apertura al dialogo con Mosca , anche al di fuori del Consiglio NATO- Russia, come rilevabile del resto dalle Conclusioni dei più recenti vertici dell’Alleanza : dal 2016 ( Vertice di Varsavia ) a oggi. Il Segretario Generale Stoltenberg ha invitato anche recentemente le controparti russe – ovviamente prima del brutale attacco all’Ucraina – a una seria di incontri sulla sicurezza europea anche per discutere , in buona fede, delle preoccupazioni di Mosca in materia. Mi sembra dunque evidente che mentre l’Alleanza si confrontava in buona fede con Mosca , quella dirigenza già stava pianificando un’ingiustificata e ingiustificabile invasione dell’Ucraina. E’ dunque la Russia , e non la NATO, a essersi rivelata non interessata a un dialogo serio con l’Alleanza.
Da ultimo, a conferma della linearità del comportamento dell’Alleanza nei confronti di Mosca, va rilevato che il rispetto degli impegni dalla stessa assunti ha riguardato anche la questione del dispiegamento di armi nucleari sul territorio dei nuovi membri. In sostanza – a smentita questa volta delle ricorrenti affermazioni di Putin circa i gravi pericoli che un ulteriore allargamento della NATO farebbe gravare sul suo Paese sotto tale profilo – nessuno può contestare che gli Alleati hanno dato, e stanno continuando a dare piena attuazione , al relativo passaggio del “Founding Act” : “ Gli Alleati ribadiscono il loro statement del 10 dicembre 1996 in base al quale essi non hanno intenzione né vedono ragione di di dispiegare armi nucleari sul territorio dei nuovi Stati membri , né di modificare la postura o la politica nucleare dell’ Alleanza”. Tutto questo – merita sottolineare – a fronte della presenza, invece, di missili “dual use….” a medio e corto raggio nella exclave russa di Kaliningrad : nel cuore cioè del dispositivo NATO in Europa , a ridosso della Polonia e degli stati baltici . Paesi piccoli per dimensione, ma grandi per il coraggio mostrato nel corso della loro travagliata storia e per il loro senso di identità, nei confronti dei quali Putin sta inviando segnali decisamente inquietanti : a cominciare dall’esplicito sostegno da lui fornito lo scorso 4 marzo all’aspirazione “ dell’amica Bielorussia” di disporre di un accesso al Mar Baltico.
In conclusione – e per riprendere la felice formulazione di un recente editoriale sul Corriere della Sera del Professor Galli della Loggia – “ La storia della NATO ( NdR: quale fattore alla base dell’aggressione russa all’Ucraina ) è un puro pretesto . L’Ucraina attuale va spenta perché da il cattivo esempio, perché Putin deve dimostrare alla sua opinione pubblica che l’unico destino possibile per la Russia è quello che lui incarna . Che dopo il comunismo la storia della Russia non prevede che possa esserci la libertà”. Sono parole nelle quali pienamente mi riconosco pur senza rinunziare a sperare che possa trattarsi di previsione destinata a essere smentita dai fatti. Perché ciò avvenga è però indispensabile che la solidità del “vincolo transatlantico” emerso con tanta evidenza sin dai primi giorni della drammatica crisi in atto ai confini orientali del perimetro dell’Alleanza si mantenga e , se possibile, ancor più si rafforzi a fronte della sfida lanciata da parte russa non solo alla coraggiosa e libera Ucraina ma anche all’insieme dei valori intorno ai quali si è costruita, nei secoli, l’identità del nostro continente cosi come quella dei nostri imprescindibili alleati d’oltre-oceano: Canada e Stati Uniti.
*Gabriele Checchia, ambasciatore, responsabile per le Relazioni internazionali della Fondazione Farefuturo