Come indicato da più parti, le possibilità di ripresa dell’economia italiana, dopo la forte recessione causata dalla pandemia, poggiano largamente sulle esportazioni. Una sempre migliore integrazione dell’Italia nel commercio mondiale, dal quale dipende il futuro della nostra economia, dovrà costituire una priorità per i futuri governi italiani. Pertanto, dovranno essere intraprese tutte quelle azioni necessarie per favorire la libera circolazione delle merci, rilanciando il multilateralismo ed il ruolo del Wto e favorendo l’azione europea nella sottoscrizione di nuovi accordi commerciali. Un commercio mondiale caratterizzato da una minore rischiosità e da un sistema di regole internazionali condiviso, costituirebbe per le imprese italiane uno scenario ideale per intercettare la domanda potenziale di «Made in Italy» proveniente da tutte le aree del nostro pianeta.
Per la sua posizione geografica e per il ruolo internazionale che riveste, l’Italia non può circoscrivere la propria area d’interesse al “giardino di casa”, ponendo un confine limitato tra Gorizia ed il Mediterraneo centrale oltre il quale non sarebbe conveniente spingersi. Era così che si pensava negli anni ’60 e ’70 in piena guerra fredda, ragionando, quindi, in un’ottica di “compartimenti stagni” e con aree d’interesse ben delineate. Oggi la fluidità degli scenari internazionali e la competizione sempre più accesa impongono a Roma di gettare uno sguardo nuovo anche ai mari lontani come l’Oceano Indiano.
Oltre l’80% del traffico mercantile mondiale passa per mare ed il 75% attraversa gli stretti ed i canali internazionali; il mare è dunque una via di comunicazione privilegiata ma anche causa e luogo di conflitti. Basti pensare all’instabilità politica della gran parte delle nazioni che sono attraversate dai canali o che controllano gli stretti. Ben 7 dei 9 accessi più importanti alle rotte commerciali mondiali si trovano nell’Oceano Indiano e sono rispettivamente il Canale di Suez, lo Stretto di Hormuz, lo Stretto di Bab el Mandeb, il Capo di Buona Speranza, lo Stretto di Malacca, lo Stretto della Sonda e lo Stretto di Lombok. Per Roma Suez, Bab el Mandeb, Hormuz ed il Capo di Buona Speranza sono di vitale importanza ed è fondamentale garantirne la libertà di navigazione con una presenza costante che sia essa militare o politico-diplomatica. La sicurezza di queste rotte è la principale garanzia per l’Italia di restare un hub strategico del commercio internazionale, di più è una carta fondamentale nelle mani della diplomazia economica italiana per far valere il suo punto di vista in molti tavoli importanti.
Dunque, nell’ottica di stabilire la nostra necessità strategica e quali siano le linee di forza della presenza italiana nel mondo -per poi adeguare i mezzi a questa necessità strategica- vorrei evidenziare come l’interesse per il mare e l’interesse nazionale coincidano e vorrei porre l’attenzione anzitutto su due necessità strategiche fondamentali:
- Il ruolo della Marina e il presidio delle Sea Lines of Communication (SLOC)
Viviamo una fase storica di forte accentuazione della dimensione strategica del mare. Attori globali come Stati Uniti, Cina e Russia, e attori regionali come i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, l’Iran, l’Egitto, la Turchia sono oggi impegnati in una corsa per acquisire il controllo delle Sea Lines of Communication (SLOC), indispensabile per la proiezione delle forze militari e degli interessi economici, nonchè per la deterrenza nei confronti di fenomeni di instabilità, quali pirateria, traffici illeciti, movimenti jihadisti e terrorismo in generale. Credo che l’Italia debba farsi portavoce a livello europeo e internazionale della creazione di una governance del mare e promuovere una regia istituzionale italiana ed europea per gli affari marittimi. Infatti, analizzando gli scenari militari marittimi nel Mediterraneo e nell’area del Golfo Persico, così come nel Pacifico, stiamo assistendo a un diffuso rafforzamento dello strumento nautico e ad importanti investimenti nell’industria navale e subacquea della difesa. Ecco allora il ruolo centrale della Marina Militare che per essere all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte non può prescindere da alcune premesse che riguardano il suo funzionamento e il numero del personale specializzato.
- Lo sviluppo di una coscienza mediterranea, come sfida per il sistema educativo italiano
Nelle scuole e nelle Università italiane c’è un’evidente assenza nella programmazione didattica in riferimento al mare. Né i manuali scolastici, né i corsi universitari dedicano sufficiente attenzione a quell’incredibile deposito, di produttività e occasioni che è il Mare Nostrum. È ormai necessario innescare un processo formativo che generi consapevolezza delle opportunità legate al mare non solo in chiave turistica. Trasmettere una pedagogia del mare è un sentiero impervio, ma che va assolutamente perseguito. Significa coinvolgere scuole, università, mass media ed enti di ricerca, convogliare interessi e sussidi verso un unico obiettivo: veicolare la conoscenza della tradizione marittima italiana per educare a cogliere le opportunità di uno sviluppo economico e culturale. S’impone come interesse nazionale la riscoperta e lo sviluppo nei cittadini italiani di una coscienza mediterranea e del ruolo del nostro Paese come frontiera fra i tre continenti: Asia, Africa, Europa. Il Mediterraneo, infatti, non è soltanto il Mare Nostrum dei Romani, è soprattutto la porta del mondo per l’Europa, perché regola gran parte dei suoi rapporti con l’Africa e con l’Asia. Senza il Mediterraneo non ci sarebbe l’Europa. Senza il Mediterraneo l’Europa sarebbe solo una penisola dell’Asia.In conclusione, a mio parere il ruolo che l’Italia deve cercare di ricoprire per difendere il proprio interesse nazionale è quello di rafforzare la propria presenza nella geopolitica europea e internazionale attingendo alla propria esperienza storica mediterranea, non per vivere di rendita, ma per costruire e promuovere un’Europa a dimensione mediterranea. L’Italia deve dare la massima priorità a questa visione euro-mediterranea condivisa. Per tradizione e cultura abbiamo tutte le carte in regola.
*Giovanni Luchetti, strategic communication manager, Forbes Italia