Manifesto contro il proporzionale

Il governo giallo-rosso è nato con due precisi obiettivi. Il primo è controllare l’elezione del presidente della Repubblica nel 2022; il secondo è modificare la legge elettorale per “disinnescare” una futura vittoria della coalizione di centro-destra, maggioranza nel Paese. Partito Democratico e Movimento 5 Stelle stanno già lavorando al ritorno del proporzionale “puro”, senza alcun elemento maggioritario. Una decisa opposizione a questo piano scellerato può costituire, senza dubbio, il primo banco di prova per una rinnovata unità del centrodestra. Il “no” al proporzionale deve essere netto, senza se e senza ma, senza distinguo e postille da azzeccagarbugli: vediamo perché.

  1. Il proporzionale è stato già bocciato dagli Italiani mediante referendum abrogativo. Il 18 aprile 1993 si recò alle urne oltre il 77% degli aventi diritto e ben l’82,74% votò in favore dell’abrogazione di alcune disposizioni della legge elettorale in vigore per il Senato. Questo risultato – combinato con la precedente abrogazione, avvenuta sempre per via referendaria il 9 giugno 1991, di alcune norme relative alla legge elettorale per la Camera – portò il Parlamento ad approvare due leggi (una per ogni ramo parlamentare) che introducevano un sistema elettorale misto basato sull’elezione di tre quarti dei deputati e tre quarti dei senatori con sistema maggioritario a turno unico nell’ambito di collegi uninominali. Solo i restanti seggi venivano attribuiti con il sistema proporzionale.

 

  1. Il proporzionale è il simbolo del trasformismo ed esaspera tutte le già evidenti criticità di una repubblica parlamentare. Altro che “cambiamento”: ora si lavora per riportare l’Italia ai tempi della Prima Repubblica, nella quale si ricorreva alle scorciatoie costituzionali per legittimare giuridicamente giochi di palazzo e repentini cambi di casacca. Non deve sorprendere che a farsi promotori del ritorno al proporzionale siano, rispettivamente: un presidente del Consiglio che è riuscito con rapida disinvoltura a cambiare compagni di viaggio (una capacità di adattamento davvero d’altri tempi); un partito (quello Democratico) che per evitare di essere l’eterno secondo ha improvvisamente abbandonato la storica battaglia in favore del maggioritario; un altro partito (Movimento 5 Stelle) che già sogna di essere l’eterno ago della bilancia in Parlamento.

 

  1. Il proporzionale è sinonimo d’instabilità: 66 governi in 73 anni anni di repubblica a quanto pare non sono stati sufficienti per comprendere la dannosità di questo sistema elettorale. L’Italia ha bisogno di stabilità, e questa è possibile solo attraverso una sana alternanza democratica basata sulla volontà degli elettori. Questo è l’obiettivo di una democrazia matura: invece, si mira a mantenere l’Italia nell’eterno limbo di una repubblica transitoria e plasmabile sulla base degli interessi di una minoranza. Una minoranza che senza cambiare le regole del gioco sarebbe destinata a rimanere tale anche nelle aule parlamentari, e che quando si trova all’opposizione non smette mai di preoccuparsi per la credibilità internazionale dell’Italia. Ma quale livello di credibilità può avere un Paese che cambia governo ogni anno sulla base di occasionali convenienze partitiche?

 

  1. Il proporzionale rende più fragile il sistema-Paese: l’impossibilità nel riuscire a dare continuità all’azione dell’esecutivo ha inevitabili e negative ripercussioni sul tessuto socio-economico e sulla qualità delle politiche pubbliche. Il proporzionale impedisce ai governi di disegnare un orizzonte temporale di medio-lungo periodo e di mettere in cantiere riforme strutturali in grado di avere ripercussioni positive sul sistema produttivo. Imprese, lavoratori autonomi e dipendenti, famiglie si trovano così a fare i conti con continui cambiamenti legislativi che si traducono in ben noti labirinti burocratici. Il proporzionale costruisce governi di breve respiro, che spesso hanno come uniche priorità la soddisfazione dei propri piccoli bacini elettorali e la rincorsa di un occasionale consenso utile solo per potersi sedere al tavolo del prossimo inciucio.

 

  1. Il proporzionale crea disaffezione verso le istituzioni e verso la politica. Sarà pur vero che, come prevede la Costituzione, non si vota per eleggere il governo né il Presidente del Consiglio: ma se i cittadini vengono ridotti a meri esecutori di una democrazia di facciata, e la sovranità popolare – da esercitare, certo, nelle forme e nei limiti della Costituzione – è considerata nulla più che un intralcio facilmente superabile dall’ambizione di un manipolo di opportunisti, è naturale che a prevalere siano rabbia e risentimento verso un sistema che anziché auto-riformarsi si preoccupa di cementare le proprie rendite di posizione. Le soluzioni sono due: l’abbandono del parlamentarismo in favore di una repubblica presidenziale con elezioni diretta del capo dello Stato, e l’adozione di una legge elettorale di tipo maggioritario.

*Federico Cartelli, collaboratore Charta minuta