Ogni volta che mi sono ritrovato a pensare una Roma diversa, forse coinvolgendomi nelle lotte politiche e culturali di Roma, sognando una Roma pulita, rispettosa, più ordinata – senza parcheggio in doppia fila “ne ho solo per un minuto”…, con una popolazione più propensa a camminare o usare dei mezzi pubblici più efficaci, o meglio senza essere il triste record europeo per l’uso massiccio individuale dell’auto per tratti piccoli – mi sentivo dire “non si può cambiare il romano”!
Vivendo a Mosca, ma avendo trascorso decade a Roma, non capivo come una città come Mosca era riuscita a far cambiare drasticamente il moscovita quattro ruote, che ancora pochi anni fa non sapeva neanche cosa fosse un passaggio pedonale, e che oggi si ferma se vede una persona che si appresta ad attraversare sul marciapiede – tutte cilindrate comprese!, che non si ferma mai in doppia fila, ecc…
Perchè Roma non avrebbe allora potuto cambiare? Il Green Pass ci da una triste risposta. Abbiamo visto una più o meno legittima propaganda massiccia sull’obbligo del Green Pass, ma i risultati attuali sembrano dare ragione a questa politica.
Qui però va studiata la reattività della popolazione, tutta nella sua stragrande maggioranza a fare rispettare l’obbligo del Green Pass, anche a Roma.
E se purtroppo la risposta a questo rispetto dell’obbligo fosse l’egoismo, la paura, la paura di ammalarsi e non il rispetto dell’altro; sennò come si spiega che questo (dovuto) zelo non sia anche valido per il pedone, per la qualità della vita nella nostra città?
Il Green Pass può andare oltre la questione della salute pubblica, può aiutare a pensare Roma diversa, dove l’individuo diventa comunità. Il Green pass può creare un precedente positivo, cambiare il Romano e non rimanere solo l’espressione dell’egoismo individuale.
A ripensarci, Roma.
*Emmanuel Goût, componente il Comitato scientifico Fondazione Farefuturo e componente del COS in Geopragma