Su invito del Presidente della Repubblica si sta formando un Governo «al di fuori di una predefinita formula politica». Ciò comporta un interrogativo di fondo ad un movimento che ha la promozione dell’interesse nazionale come obiettivo di fondo: lo si promuove meglio entrando in un Governo composto in buona misura da «avversari storici» anche e soprattutto sotto il profilo della cultura politica oppure restando una voce vigile e critica all’opposizione?
Ambedue le posizioni sono, ovviamente, legittime. Il Governo nasce, su iniziativa del Capo dello Stato, con linee già indicate anche se non articolate nei dettagli: combattere la pandemia e mettere in atto un «programma di riassetto strutturale» di riforme e di investimenti, finanziato in larga misura con fondi dell’Unione europea, per rimuove ostacoli alla crescita in sei aree già definite (giustizia, pubblica amministrazione, dotazione di infrastrutture, istruzione, sanità, ambiente).
I «programmi di riassetto strutturale», nati con il «Rapporto Brandt» del 1980, affinati in Banca Mondiale ed al Fondo monetario negli ultimi vent’anni del secolo scorsi, sono giunti alla Banca centrale europea ed alla Commissione europea dopo la crisi del 2008-2009 e sono stati adottati da Grecia, Irlanda e Portogallo. Sono, di norma, finalizzati all’aumento della produttività, della produzione, del valore aggiunte, dell’occupazione ed anche ad una migliore distribuzione del reddito. Loro caratteristiche sono a) rigore nelle politiche di bilancio per contenere disavanzo pubblico; b) ri-orientamento delle priorità della spesa pubblica verso comparti tali da offrire, al tempo stesso, rendimenti economici elevati ed il potenziale di migliorare la distribuzione dei redditi (quali l’infrastruttura, l’istruzione e la sanità); c) riforma tributaria (per ridurre le aliquote marginali ed ampliare, in parallelo, la base imponibile); d) riforma della giustizia per rendere procedimenti più veloci e dare a tutti maggiori certezze ; e) modernizzazione dell’istruzione; f) maggiore attenzione alle politiche ambientali ed alle implicazioni ambientali di politiche in tutti i settori.
Il Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza (PNRR) di cui il Governo Conte 2 ha predisposto due bozze criticate severamente anche dal servizio studi di Camera e Senato deve essere in gran misura scritto di nuovo e presentato all’Unione europea entro il 30 aprile. Il «programma di riassetto strutturale» dura sei anni; quindi, le scelte prese adesso vincolano in gran misura anche la prossima legislatura.
Quindi, se la decisione è di sostenere il Governo, occorre essere rappresentati tramite o politici o tecnici di area in modo da incidere sulla definizione del PNRR e del relativo «programma di riassetto strutturale».
Se, invece, la decisione è quella di porsi all’opposizione, comunque un baluardo democratico in uno Stato di diritto, occorre chiedersi se si intende esercitare un’«opposizione reattiva» ad un’«opposizione proattiva e propositiva».
In ambedue i casi si tratta, in termini di «teoria dei giochi», di «giochi multipli» su almeno due tavoli. In uno la posta in gioco è «l’incisitività» sulle scelte pubbliche; nell’altro «la popolarità» nei confronti del proprio elettorato attuale e potenziale.
Un’«opposizione reattiva» può dare poco in termini di «incisività» ma molto in termini di «popolarità» da utilizzare nella prossima legislatura, pur se nei vincoli di manovra concessi da impegni pluriennali presi non solo con la Commissione europea ma soprattutto con gli altri 26 Stati dell’Unione europea.
Un’«opposizione proattiva» necessità di una strumentazione e di un supporto tecnico di alto profilo per «incidere» in questa legislatura e prepararsi alla prossima. Si tenga presente che sul sito di web di Forza Italia si può leggere da oltre un mese una bozza di PNRR alternativa a quanto presentato dal Governo Conte 2- le cui idee confluiranno in parte nel «programma di riassetto strutturale del Governo Draghi. Altro esempio, nella legislatura 2013-2014 ho presieduto il Board scientifico del Centro Studi Impresa/Lavoro sponsorizzato da un imprenditore del Nord. Il Board era costituito oltre che da me dal Presidente della Hayek Society, dall’ex Segretario Generale dell’OCSE e da un Professore Emerito della LUISS. Ovviamente non percepivamo compenso (ma ci veniva offerta una cassetta di vino l’anno a Natale ed un incontro conviviale ogni due mesi), ma disponevano di un ufficio a Via dei Prefetti, di due collaboratori fissi e di fondi per consulenti. Oltre ad un web magazine, abbiamo prodotto quattro libri (di cui uno è stato a lungo nella bacheca del Ministero dell’Economia e delle Finanze per mesi come «libro dell’anno») ed alcuni opuscoli distribuiti con il quotidiano «Il Giornale Nuovo»- In breve, per fare «opposizione proattiva» occorrono risorse. Quante ne può mettere in campo Fratelli d’Italia?
*Giuseppe Pennisi, economista