Colto, ironico, il principe degli aforismi, l’intellettuale elegante, lo scrittore che assieme a Montanelli raccontò la storia: lo descrivono così oggi i giornali Roberto Gervaso, che ieri pomeriggio è andato via. E ricordano una di quelle sue frasi brevi e taglienti: “L’uomo è un condannato a morte che ha la fortuna di non conoscere la data della propria esecuzione”.
Io ricordo Gervaso come un uomo coraggioso. Mi ritorna nella memoria un giorno dei primi anni Ottanta. Per Il Tempo quella mattina stavo seguendo un convegno del Movimento Sociale. Era la stagione lunga di “lockdown” di quel partito. Guai ad avvicinarsi. C’era il pericolo di scottarsi e di ritrovarsi scaraventati fuori dall’arco costituzionale. Non ricordo quale fosse l’oggetto del convegno, certamente di lotta e di opposizione, magari con qualche riferimento ai tempi che furono e a quelli che saranno. Un discorso nel chiuso di un mondo motivato e orgoglioso: la relazione sempre splendida di Giorgio Almirante, poi l’inizio del dibattito cameratesco. Tutto in famiglia. Verso le undici sulla porta della sala del convegno compare lui, Roberto Gervaso accompagnato dalla moglie Victoria, bellissima. Non era missino Gervaso, ma si era presentato a rompere un tabù, quello dell’isolamento voluto e studiato di un partito e del suo popolo. ( cosa che fece anche Marco Pannella). Aveva coraggio Gervaso. Perché ci voleva coraggio a varcare i confini di quello che era stato descritto a torto come un inferno di nostalgici e che invece aveva in nuce il seme da cui sarebbe nata la seconda repubblica. Ci voleva coraggio perché una volta varcato il confine dell’arco costituzionale c’era per un intellettuale il rischio di essere escluso a vita dal circolo dei politicamente corretti di allora così simili a quelli di oggi, di trovarsi fuori dalle conventicole che decretano il successo di un pensiero, di un libro, di un premio, di un uomo. Ma Roberto Gervaso era più forte di qualsiasi minaccia di lockdown, troppo bravo, geniale, per essere confinato nei coni d’ombra.
Lo ricordo così come quel giorno, col papillon che gli conferiva un tono di eleganza sottile e stravagante, in mano il Borsalino che si era tolto al chiuso della sala. E accanto a lui Victoria, la modella di Valentino che lui aveva conosciuto a una sfilata di moda e che era diventata la compagna inseparabile di tutta una vita.
“Racconterai i tuoi splendidi aforismi anche lassù” scrive oggi la figlia, Veronica Gervaso, bella come la mamma, intelligente come il padre, una collega bravissima con cui tante volte anni fa ho lavorato insieme in sala stampa alla Camera.
Addio Roberto, uno di noi.