Investimenti, credito e innovazione. Il futuro della Basilicata si costruisce intorno a questi tre pilastri.
Piaccia o no, gli investimenti pubblici sono i drivers della crescita economica e del benessere sociale.
Ecco, la Basilicata ha la necessità di colmare un deficit che assai rilevante con riferimento ai più importanti servizi pubblici.
Ferrovie, strade, scuole, asili, reti idriche e fognarie, posti letto in ospedale, assistenza domiciliare integrata, in nessuno di questi ambiti la Basilicata sta meglio rispetto ad altri contesti territoriali.
Trattasi di deficit determinati dalla mancanza di investimenti pubblici come testimonia, nell’ambito delle spese in conto capitale, il rapporto tra stanziamenti e impegni che in Basilicata si attesta tra il 20 e il 23 per cento.
Ciò significa che solo il venti per cento degli stanziamenti, essenzialmente le risorse europee, si traducono in investimenti, utilizzandosi le stesse per fare fronte alla spesa corrente, ripianare i buchi derivanti dalla gestione ordinaria del servizio sanitario, per i trasporti, per l’istruzione e la formazione.
Mai per ridurre i divari esistenti con le Regioni più virtuose.
Una circostanza non sfuggita al Governo centrale che, nella legge di stabilità dello scorso anno, sottolineò l’esigenza di un riequilibrio territoriale della spesa pubblica, con il rispetto, da parte delle pubbliche amministrazioni, di un vincolo annuale di destinazione degli investimenti pubblici al Sud, proporzionale alla popolazione di riferimento.
Quella felice intuizione, la famosa regola del 34%, rimasta tra l’altra inattuata, opportunamente rivista sulla scorta della proposta avanzata da Fratelli d’Italia che propone di incrementare detta percentuale al 50% in favore del Mezzogiorno, favorirebbe stanziamenti in conto capitale da parte dei Ministeri di gran lunga superiori a quelli a tutt’oggi ricevuti dall’area più debole del Paese.
L’effetto sarebbe salvifico perché eviterebbe quello che è stato il male assoluto per la Basilicata e per il Mezzogiorno negli ultimi 15 anni: l’utilizzo delle risorse strutturali europee non come aggiuntive rispetto ai finanziamenti statali ma come sostitutive degli stessi.
Partendo da tale assunto, occorrerà poi riqualificare la spesa pubblica al fine di porre rimedio alle diseconomie regionali.
La Basilicata, ad esempio, è tra le regioni d’Europa con maggiori risorse idriche.
Garantisce l’approvvigionamento idrico a 4,2 milioni di cittadini abitanti nelle regioni limitrofe, eppure fa registrare una percentuale di dispersione idrica pari al 52%, con il Capoluogo di regione, Potenza, in vetta alla classifica nazionale relativa alla dispersione (68,8).
E’ la testimonianza dell’incapacità di valorizzare questa risorsa attraverso un piano di ristrutturazione delle rete idrica che, coinvolgendo anche le altre regioni del Sud, favorirebbe nuova occupazione, secondo un modello ottimale di utilizzo delle risorse messe a disposizione delle regioni del Mezzogiorno dal Fondo Sviluppo e Coesione.
Se l’acqua è unanimemente considerata la risorsa del futuro, è per davvero inconcepibile che oltre il 50% una volta immessa nei tubi non arrivi al rubinetto a causa di condutture obsolete che mai nessuno ha pensato di sostituire nonostante, ad esempio, il Fondo Sviluppo e Coesione 2007-2013 mettesse a disposizione della Basilicata risorse pari a 911 mln di euro, di cui appena il 17,81% ovvero 162 mln di euro sono stati spesi.
Ma quali i settori nei quali promuovere gli investimenti? Penso alla rete infrastrutturale, all’edilizia scolastica e sanitaria, alle infrastrutture immateriali come la fibra ottica e le autostrade elettriche finalizzate a rendere effettivi i progetti di mobilità sostenibile.
E poi come dimenticare le difficoltà connesse al credito. I tassi di interesse che le imprese lucane sono costrette a pagare sulle operazioni a breve termine sono più severi di quelli medi nazionali di quasi due punti percentuali (5,20% contro un dato medio nazionale di 3,56% e un dato del Sud del 4,83%).
E’ una circostanza che rende oggettivamente più difficile l’esercizio del diritto d’impresa in Basilicata rispetto a quanto avviene in altri territori.
Creare una società regionale di intermediazione (Sviluppo Basilicata) che abbia il compito di sostenere i settori più vitali dell’economia regionale, erogando credito a condizioni di vantaggio, utilizzando come capitale sociale originario una quota delle royalties petrolifere, che costituiscono risorse autonome della Regione, in quanto non derivanti dalla fiscalità generale, può senz’altro essere una soluzione concreta e fattibile.
La crescita economica della Basilicata, e del resto di tutto il Mezzogiorno, passa inevitabilmente dalla capacità di mettere le imprese al centro della scena.
Nonostante la Basilicata sia da quindici anni regione convergenza, e in quanto tale destinataria più di qualsiasi altra regione d’Italia delle risorse europee rinvenienti dai cosiddetti fondi strutturali, non è riuscita ad implementare la progettualità europea che sta alla base di queste risorse e che individua nell’intreccio tra centri di ricerca e apparato produttivo l’elemento di svolta verso una maggiore produttività e competitività del sistema economico regionale.
La Basilicata spende oggi solo lo 0,62% del PIL in ricerca e sviluppo, meno della metà di quanto spende l’Italia (1,53%) e molto meno dell’obiettivo Europa 2020 (più del 2%).
Noi vogliamo che le imprese dialoghino costantemente e strutturalmente con i centri di ricerca pubblici e privati, in forza di regole certe volte a stimolare gli investimenti in ricerca e sviluppo così promuovendo i concetti di trasferimento tecnologico, ricerca applicata e innovazione incrementale.
Non solo quindi una legge che destini risorse all’asset “Ricerca, Sviluppo e Innovazione” ma anche incentivi, con l’eliminazione o la riduzione dell’imposta IRAP in favore delle aziende che programmano investimenti in progetti di ricerca industriale applicata.
E però la Basilicata non può prescindere da una politica dei fattori: moderni sistemi logistici e di mobilità, validi sistemi scolastici e di formazione, fonti di innovazione e sviluppo tecnologico.
Certo la nuova dimensione globale dell’economia spinge l’acceleratore della competitività in ambiti prima sconosciuti e questo crea incertezza, paura, perché prevalgono i più forti e gli ultimi sono sempre più lontani dai primi.
La soluzione, però, non può consistere in istanze di protezione o in tentativi di arroccarsi su se stessi attraverso la valorizzazione di identità culturali, o puntando sui settori maturi quali il turismo e l’agricoltura.
A parte il fatto che oggi l’agricoltura non può fare a meno della chimica, come il turismo delle strategie di internazionalizzazione di un territorio, alcuni processi, primo tra tutti quello della globalizzazione, sono di fatto irreversibili e la Basilicata non po’ chiamarsi fuori, non può rinunciare alla sfida che punta su produzioni ad alto investimento, alta innovazione, alta capacità competitiva, alto valore aggiunto.
Senza investimenti in capitale umano e ricerca scientifica qualsiasi territorio è destinato al declino, anche se a taluni tale declino può apparire felice se fatto di spiagge assolate, sagre popolari o luoghi dell’anima.
Nessun declino o decrescita potrà mai essere felice, perché è un obiettivo scarno per un territorio che ha assistito allo sviluppo di civiltà del livello della Magna Grecia.
*Michele Napoli, consigliere regionale Basilicata, candidato Fratelli d’Italia