Questo saggio di Guido Crosetto, è stato pubblicato nel Rapporto Nazionale “Italia 20.20” della Fondazione Farefuturo
Il termine «interesse nazionale» trova decine di declinazioni diverse, tutte nobili e rilevanti, quindi difficilmente classificabili in una scala prioritaria universale. Tuttavia diventa difficile contestare il fatto che esistono dei presupposti necessari alla difesa dell’interesse di una nazione: ci si difende se si è temuti, se si ha un ruolo nel mondo, se si hanno assets necessari al resto del mondo, se si sa farsi rispettare nel contesto mondiale.
La debolezza, politica, economica, finanziaria, militare, tecnologica, culturale, non consente difesa. Il Qatar o gli Emirati, inesistenti come popolazione, come potenze militari o tecnologiche, hanno un ruolo nel mondo per le risorse che detengono. La Germania ha un ruolo nel mondo per il peso delle proprie tecnologie, per il peso della propria economia, per la dimensione demografica e per il peso politico in Ue. L’Italia, su cosa basa la propria forza nei contesti internazionali? Su cosa può far leva per difendere i propri interessi? Negli ultimi anni i principali elementi di credibilità internazionale e di cooperazione con altri nazioni in modo istituzionalmente coordinato, sono derivati dalla difesa e dall’industria della difesa e cioè dalla nostra possibilità e volontà di partecipare a missioni internazionali Nato, Onu, Ue e dalla nostra possibilità e volontà di fornire tecnologie militari di alto livello tecnologico ad altre nazioni.
Per una nazione come la nostra, priva di risorse naturali strategiche, quasi totalmente dipendente da altri per le risorse energetiche, con un’economia forte, tecnologicamente avanzata, ma non rilevante su scala mondiale nei settori più innovativi (elettronica, telefonia, informatica, chimica, etc.), forze armate preparate ed efficienti, supportate da un’industria credibile ed all’avanguardia, diventano presupposti di sopravvivenza, di credibilità e di competitività e quindi strumenti fondamentali per mantenere un ruolo rilevante nei consessi che contano. La necessità di disporre di tecnologie e know how propri, nel settore industriale della difesa è un punto rilevante ed imprescindibile, pertanto, nella difesa degli interessi di una nazione. Non soltanto perché la difesa fisica di una nazione passa attraverso la capacità di difenderla in acqua e sott’acqua, sulla terra e nel cielo, nello spazio e nell’etere, ma anche perché, sempre più spesso, le innovazioni tecnologiche rilevanti anche per il mondo civile (internet o Gps ad esempio) sono di derivazione militare. Se non altro perché molto spesso i finanziamenti alla difesa sono un modo facile e ampiamente utilizzato, per far avere aiuti di Stato alle industrie nazionali senza incorrere in sanzioni e per poter affidare appalti di entità rilevante senza passare attraverso gare.
Gli stessi Usa, fautori del liberismo più spinto, investono centinaia di miliardi per mantenere una superiorità tecnologica, attraverso la difesa. È quindi evidente quanto sia forte l’interesse nazionale collegato a questo settore: è lo strumento con cui difendo le mie ricchezze produttive industriali ed i miei patrimoni di conoscenza, ma anche quello con cui riesco ad aumentarlo ed incrementarlo, scavalcando magari la mancanza di possibilità di investimento in ricerca del sistema privato, alimentandolo, surrettiziamente, con soldi pubblici. Basterebbe solo questo a spiegarne l’importanza, ma c’è molto di più. Prodotti innovativi ed efficienti significano forze armate più temute, considerate e autorevoli. Prodotti più innovativi significano un maggiore export, ma soprattutto un export che poi lega i clienti per decenni. Prodotti più innovativi, in questo campo, consentono di sedersi al tavolo con nazioni che altrimenti non avrebbero alcun bisogno di rapporti con l’Italia. Prodotti più innovativi nel campo della difesa, significano applicazioni duali in altri settori tecnologici. L’industria della difesa in connubio indissolubile con le forze armate, è quindi il presupposto di qualunque difesa di interesse nazionale e non capirlo significa condannare un paese come il nostro ad un lento declino economico e ad un’irrilevanza politica internazionale repentina.
Capirlo, per contro, significa investire chiedendo esplicitamente risultati su tecnologie che si considerano rilevanti per il futuro ed imprescindibili nel confronto internazionale. Perché un’industria forte ed una difesa forte, non servono a nulla senza qualcuno che indichi la strada da percorrere. Per tutti questi motivi occorre la consapevolezza che esiste un interesse altrettanto forte nel volerci escludere da questo settore: se in Italia scomparisse l’industria della difesa, si potrebbe tranquillamente attuare il piano di una sola industria europea del settore, quella francese, alimentato dai bilanci di 26 nazioni. Questa non è una competizione commerciale e non è combattuta, dai nostri concorrenti, con le armi della diplomazia e del fair play: esiste una parte dei servizi francesi che si occupa specificamente di perseguire questo obiettivo e lo fa con mezzi, risorse, progetti e molti alleati o «dipendenti» in Italia. Anche sotto questo versante occorre quindi attrezzarsi.
*Guido Crosetto, presidente AIAD – Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza