“L’arrivo della bella stagione incoraggia gli scafisti a riprendere il loro ignobile e lucroso traffico di esseri umani. Occorre attivare l’organizzazione nazionale per la crisi in Libia prima che si verifichi qualche altra tragedia in mare”. Non è la dichiarazione da talk show di un esponente politico in cerca di consenso, ma la tesi dell’ammiraglio di Divisione Nicola De Felice che fino a tre mesi, era, dalla base di Augusta, il comandante di Marisicilia.
L’alto ufficiale, romano di nascita, vanta un curriculum di tutto rispetto. Studi approfonditi sul diritto marittimo e sulla strategia navale, ha partecipato a numerose missioni all’estero, dal Libano al Kossovo. E’ stato a Parigi, inviato come consulente operativo del programma missilistico Italo-Francese”Fsaf”. Già comandante di importanti unità della Marina Militare come le fregate “Orsa” e “Scirocco” e del cacciatorpediniere “Francesco Mimbelli”, De Felice conosce da vicino il problema dei flussi migratori che incalzano da Sud per essere stato addetto per la Difesa dell’ambasciata italiana a Tunisi e dal 2015 al 2018 il numero uno della Marina in Sicilia.
Ammiraglio, con la fine dell’inverno è prevedibile che riprenda con maggiore intensità il traffico di migranti tra il Nordafrica e le coste siciliane?
“Certamente. E un dato che abbiamo sempre registrato. Il verificarsi di un rinnovato flusso di migrazione illegale via mare dalla Libia e dalla Tunisia nei prossimi mesi è alquanto probabile. Il tempo buono ed il mare calmo – nonché la peggiorata instabilità della situazione in Libia – invoglieranno i trafficanti di esseri umani a rinnovare le loro intenzioni riavviando – di conseguenza – l’ignobile mercato degli schiavi, in versione XXI secolo”.
Con quali strumenti si può contrastare un fenomeno che sembra senza soluzione?
“Gli strumenti già ci sono, occorre la volontà politica di utilizzarli. L’Italia può organizzare una ‘strategia diretta’ di doppio blocco navale, responsabilizzando l’Onu per una più efficace gestione della crisi umanitaria in Africa e gli Stati di bandiera delle navi che solcano il Mediterraneo per il rispetto di chi deve assicurare asilo politico secondo i dettami della Legge del Mare delle Nazioni Unite e del Trattato Ue di Dublino, art. 13. Questo consente di raggiungere l’obiettivo di stroncare sul nascere un fenomeno che tanti morti ha provocato in mare”.
E’ un problema politico e umanitario allo stesso tempo…
“Le condizioni politiche, sociali, economiche ed umanitarie in quell’area geografica risultano oramai inaccettabili. Non si può più fare finta di nulla. Siamo di fronte ad una minaccia per gli interessi italiani ed anche internazionali. La Libia, in particolare, non è in grado di garantire in proprio le funzioni istituzionali di un’organizzazione statuale, prima fra tutte quella della sicurezza. Nel mese di maggio le condizioni politiche in Europa potrebbero essere più favorevoli e molti sono gli avvicendamenti che si attendono entro l’anno, a partire dall’Alto Rappresentante degli Affari Esteri e della Sicurezza dell’Ue, del Presidente della Commissione Europea, del semestre di Presidenza del Consiglio Europeo ed anche alla Bce. Inoltre, c’è un generale italiano chairman del Comitato Militare europeo”.
Finora l’Europa non sembra aver mostrato grande attenzione per un fenomeno che interessa, in particolare l’Italia e la Sicilia…
“E’ vero. Anche che la crisi in Libia non è avvertita in Europa nello stesso modo che in Italia, ma il protrarsi per un così lungo periodo potrebbe espandersi in altri domini. Non interpretata correttamente, la crisi libica può causare delle prese di posizione imprevedibili da parte dei numerosi attori coinvolti. Consideriamo il caos che caratterizza la Libia e i numerosi clan che si sono formati e si muovono dopo il vuoto di potere scaturito dall’intervento voluto dalla Francia nel 2011”.
Quali organismi dovrebbero attivarsi per affrontare in primavera l’emergenza immigrazione e gestire la crisi in Nord Africa?
“In ambito nazionale, la responsabilità della gestione della crisi risale all’Organizzazione nazionale per la gestione delle crisi, che definisce la composizione e le attribuzioni degli organi decisionali e del consesso interministeriale di supporto, per l’adozione delle misure di prevenzione, risposta e gestione delle situazione di crisi, ai sensi del DPCM del 5 maggio 2010. L’organizzazione posta in essere determina le misure necessarie da attuare, sia come Nazione che come Stato facente parte di organizzazioni quali l’Onu, la Nato, l’Ue, l’Osce o coalizioni che maturino analoga volontà di cooperare, da creare ad hoc ovvero permanenti. Il Comitato Politico Strategico (CoPS) di tale organizzazione valuta gli elementi di situazione e gli eventuali provvedimenti da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei Ministri dando l’indirizzo strategico all’approccio della crisi. Il CoPS interagisce con gli attori esterni, in particolare con il Consiglio Europeo e con il Consiglio Atlantico, con le ambasciate dei Paesi dell’aerea. Se si fosse perseguita l’applicazione di tale organizzazione nel caso della nave “DICIOTTI”, non saremmo giunti al paradosso di vedere indagato un Ministro del governo”. Terenzio, nell’Adelphoe, diceva: “Saggezza non è vedere solo quello che ci sta tra i piedi, ma anche intuire le cose che ci stanno lontane nello spazio e nel tempo”.
*Intervista con Nicola De Felice, di Giampiero Cannella, giornalista