Le nuove regole BCE portano al default

Nuove regole per la gestione degli sconfinamenti entreranno in vigore da Gennaio 2021 per i clienti retail e business delle aziende di credito.

In questi giorni i clienti stanno ricevendo l’informativa che preannuncia l’entrata in vigore della nuova normativa sulla gestione dei rischi. Basta uno sconfinamento superiore ai 100 euro per essere classificato in default bancario e compromettere il futuro accesso al mercato del credito.

Il motivo di questo cambiamento è legato alle nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in default e, in particolare, al Regolamento delegato n. 171 del 19 ottobre 2017, che ha fissato nuovi parametri della soglia di rilevanza per il sistema bancario, rendendoli ancora più stringenti rispetto a quelli adottati fino ad oggi.

Dal 2021 si può essere classificati automaticamente in una situazione di default bancario con un arretrato di oltre 90 giorni e che risulti essere contemporaneamente superiore ai 100 euro per le persone fisiche e 500 euro per le imprese. Il debito / sconfinamento non deve superare l’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca. Le rid saranno cancellati, e il nominativo entrerà nella centrale rischi finanziaria. Impossibili anche piccoli sconfinamenti e quindi quella flessibilità che in questa fase è fondamentale.

Le nuove regole non ammettono più la compensazione tra diverse posizioni del debitore, quindi, superate queste soglie di rilevanza, la banca dovrà girare il credito in default anche se il cliente dispone presso lo stesso istituto di altre linee di credito per poter sanare il tuo debito.

La norma sembra non lasciare spazio ad interpretazioni: sei segnalato a default anche se, per assurdo, hai le rate del finanziamento impagate ma hai disponibilità nel fido di conto corrente, per pagare la rata.

Il rischio della classificazione in default è l’effetto domino alle cointestazioni e alle obbligazioni solidali collegate.

Se l’impresa dovesse essere classificata in default su una singola esposizione in automatico lo sarebbero tutte le tue altre esposizioni nei confronti dello stesso intermediario finanziario.

Diverso è invece il caso delle piccole e medie imprese, per le quali la banca può applicare il default solo sulla linea di credito in cui si verifica il past due.

In entrambi i casi però, la situazione di default rischia di portare conseguenze negative anche ai soggetti connessi alla tua impresa, soprattutto nel caso di cointestatari di mutui o di società partecipate. Sarà la stessa banca a effettuare delle verifiche per identificare i casi in cui il default possa inficiare la capacità di rimborso di un altro nominativo collegato.

In ogni caso bisogna considerare che una segnalazione di default si propaga anche agli altri soggetti collegati.

Un altro cambiamento importante apportato dalle nuove regole riguarderà la fase di rientro dal default bancario, per la quale si allungano le tempistiche.

Mentre ora basta semplicemente sanare i propri arretrati per far decadere lo stato di default, dal 2021 sarà necessario attendere almeno 90 giorni dal momento in cui si è regolarizzato lo sconfinamento per poter finalmente uscire da questa situazione.

Passati i tre mesi, se la banca reputerà la tua situazione di nuovo stabile con un miglioramento permanente della qualità creditizia, potrà riclassificare la tua impresa fuori dallo stato di default.

Nel caso di imprese classificate in default dopo aver ricevuto misure di tolleranza – come modifiche dei termini e delle condizioni contrattuali o rifinanziamento parziale o totale del debito – il periodo di monitoraggio prima di uscire dallo stato di default durerà almeno un anno.

Queste nuove regole dovranno essere applicate entro il termine del 1 gennaio 2021 da banche e da intermediari finanziari non bancari, società di leasing e fatctoring.

Per quanto riguarda invece le banche vigilate direttamente da Banca d’Italia (che non hanno quindi una rilevanza Europea), potrebbero essere applicati parametri diversi.

In particolare, con riferimento alla componente relativa della soglia di rilevanza, pari all’1% dell’importo complessivo di tutte le esposizioni del debitore verso la banca, la Banca d’Italia potrebbe individuare una percentuale diversa, compresa nell’intervallo da 0 a 2,5%, qualora sulla base di robuste evidenze statistiche si possa sostenere che l’1% non corrisponda a un livello ragionevole di rischio in Italia.

Le conseguenze nell’adozione di queste nuove misure costringerà le banche ad aumenti di capitale oppure tagliare i finanziamenti mettendo a rischio la ripresa post-Covid. Il problema ripropone anche la disparità delle regole. Non cambierà molto per i derivati e le altre operazioni ad alto rischio su cui sono particolarmente coinvolte le banche tedesche. Viceversa sui finanziamenti o gli scoperti di conto corrente, molto più frequenti in Italia, si applicheranno le nuove regole della bce. Una nota Banca d’Italia ha cercato di limitare l’ampiezza del problema dicendo che non cambierà molto. Le associazioni imprenditoriali da Confindustria a Confcommercio a Confesercenti, la pensano diversamente ma a nulla sono valsi gli appelli a postergare l’applicazione del nuovo modello. Il rischio è che la misura comporti una «fortissima stretta al credito, conseguenza inevitabile delle segnalazioni alla centrale rischi”

Ancora più travi le conseguenze legate al cosiddetto “calendar privisionig” che impone alla banche di azzerare entro due o tre anni il valore dei crediti non rimborsati. Già adesso le sofferenze ammontano in Europa a circa 1.400 miliardi di cui 140 miliardi in carico alle banche italiane. Con le nuove regole dovranno essere coperti con robusti aumenti di capitale. «Una bomba atomica sotto i bilanci delle banche» l’ha definita Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca e dal Vicepresidente del Copasir,  Sen. Adolfo Urso di Fratelli d’Italia, che dal tempo sta monitorando gli effetti dell’introduzione del modello con precisi interventi parlamentari. Era stato proposto un emendamento alla manovra. La modifica allungava i tempi di rimborso a favore del debitore e nel frattempo la banca doveva tenere il dossier congelato bloccando le speculazioni legate alla compravendita di questi crediti andati a male. Il ministero dell’Economia però si è opposto. Ha aperto così la strada al rischio elevato di fallimenti per pmi con conseguenti difficoltà di accesso al credito in un periodo post covid dove le imprese avrebbero necessità di attingere al capitale di terzi per una nuova ripresa economica. Con questo nuovo meccanismo avranno non solo difficoltà di reperire risorse ma vedranno compromessi sacrifici di consolidamento sul mercato o di avviare nuovi processi di sviluppo e diversificazione commerciale.

*Giuseppe Della Gatta, analista finanziario