DANTE ALIGHIERI: AMBASCIATORE D’ITALIA

Questo saggio di Emanuele Merlino,  saggista, scrittore, è stato pubblicato nel Rapporto Nazionale “Italia 20.20” della Fondazione Farefuturo

 

In principio era il verbo». Così comincia il Vangelo di Giovanni. Una frase che conoscono tutti e che, senza entrare nelle interpretazioni teologiche, sa dirci moltissimo dell’importanza della comunicazione e del fine per cui si comunica. Perché «Verbo» è la traduzione di logos, termine usato da Giovanni, che significa, appunto, «parola», «verbo» ma anche «progetto». Semplificando vuol dire che qualsiasi relazione comincia attraverso l’uso di un linguaggio condiviso senza il quale non c’è la possibilità di comunicare quello che si è e quello che si può costruire insieme. Ma oltre al linguaggio ci vuole un progetto preliminare: cioè sapere cosa si vuole dire e cosa si vuole comunicare. Semplificando ancora: se due persone, ma vale anche a livello di Nazioni, condividono un modo di parlare, e quindi di pensare, sarà più facile costruire qualcosa insieme. Brutalmente: ottenere quel che si vuole. D’altra parte per il filosofo Martin Heidegger «Il linguaggio è la casa dell‘essere. Nella sua dimora abita l‘uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora». Filosofia e religione, intuizione e poesia. E cioè Dante Alighieri. Il sommo poeta fiorentino è l’incarnazione fautrice di tutto questo.

Senza Dante non ci sarebbe la lingua italiana, o non sarebbe quella che conosciamo. «Quando Dante comincia a scrivere la Commedia il vocabolario fondamentale [dell’italiano] è già costituito al 60%. La Commedia lo fa proprio, lo integra e col suo sigillo lo trasmette nei secoli fino a noi. Alla fine del Trecento il vocabolario fondamentale italiano è configurato e completo al 90%. Ben poco è stato aggiunto nei secoli seguenti. Tutte le volte che ci è dato di parlare con le sue parole, e accade quando riusciamo a essere assai chiari, non è enfasi retorica dire che parliamo la lingua di Dante. È un fatto» (Tullio De Mauro). Senza le sue opere l’italiano non sarebbe «la lingua dei poeti». Secondo la professoressa, docente di Letteratura Italiana all‘Università IULM di Milano, Annalisa Andreoni «l’italiano è legato alla bellezza della nostra poesia, della nostra opera lirica, dell’arte, del paesaggio e in generale alla bellezza dell’Italia tutta». Non è solo un fatto, ma è un punto di forza.

La nostra giovane Nazione è riconosciuta, è rispettata, ha il suo ruolo nel mondo grazie a questo: «Italia, impero del sole; Italia, signora del mondo; Italia culla delle lettere, io ti saluto. Quante volte il genere umano ti fu sottomesso, tributario delle tue armi, delle tue arti e del tuo cielo! Un dio abbandonò l’Olimpo per rifugiarsi in Ausonia; lo spettacolo di questo Paese fece sognare le virtù dell’età dell’oro…». Madame De Stael, fra le principali intellettuali della fine del ‘700. 71 Senza Dante sarebbe stato possibile? E oggi Dante continua il suo lavoro d’ambasciatore d’Italia. É a lui che sono intitolate le nostre scuole di lingua e seppure la nostra Nazione sembra, ed è, in crisi la nostra lingua è sempre amata e studiata. Alla fine del 2017 erano circa 2.145.093 gli studenti d’italiano nel mondo, circa 400 i comitati della Società Dante Alighieri e 83 gli Istituti di Cultura Italiani all’estero. Ambasciate culturali d’Italia. Fra italiani, italofoni, discendenti degli emigrati e studenti ci sono circa 250 milioni di persone che sono legati alla nostra storia, alla nostra cultura e, quindi, alla nostra lingua.

Un valore economico incredibile se pensiamo che quando si parla d’Italia, ad esempio, si parla di buon cibo, stile ed eleganza e quindi di diffusione del Made in Italy. è un’ottima cosa, quindi, l’istituzione del Dantedì, cioè del giorno dedicato a Dante di cui, nel 2021, si celebreranno i 700 anni dalla morte. La data scelta, molto più felice del nome adottato, è il 25 marzo cioè il giorno in cui, secondo gli studiosi, il Sommo Poeta cominciò il suo viaggio nell’aldilà. Riscoprire Dante non è soltanto un modo per ritrovare noi stessi ma anche per promuovere la nostra cultura nel mondo. E la diffusione della nostra identità è un’operazione politica che non possiamo sottovalutare.

Il Made in Italy è il terzo marchio più riconosciuto al mondo e i marchi commerciali italiani valgono circa 97 miliardi di dollari. Qualità e bellezza vanno di pari passo e se il linguaggio è la base di partenza allora Dante deve essere più di prima, l’ambasciatore d’Italia nel mondo. I 700 anni di Dante sono un’occasione da non perdere perché già 100 anni fa Benedetto XIV ce ne spiegò l’importanza: «Mai, forse, come oggi fu posta in tanta luce la singolare grandezza di questo uomo, mentre non solo l’Italia, giustamente orgogliosa di avergli dato i natali, ma tutte le nazioni civili, per mezzo di appositi comitati di dotti, si accingono a solennizzarne la memoria, affinché questo eccelso genio, che è vanto e decoro dell’umanità, venga onorato dal mondo intero». E se l’Italia ci sembra ferma e sfiduciata basta rileggere «l’amor che move il sole e l’altre stelle» per sapere cosa fare per salvarla: ricominciare da Dante.

*Emanuele Merlino, saggista, scrittore