Siderurgia, la politica abbia visione!

La politica abbia visione!

La sentiamo pronunciare da tempo e da più parti ma cosa significa e come la si declina questa miracolosa parola che non è più un obiettivo ma è diventata una necessità? È giunto il momento di traslare il significato che da adito a molteplici interpretazioni su un piano operativo e concreto di idee e progetti atti a creare condizioni favorevoli per un nuovo e solido sistema Paese.La visione per essere realizzata ha bisogno di modelli e, più precisamente nel contesto sociale ed economico in cui viviamo, di Modelli Strategici Integrati. Applicare una visione al settore siderurgico, nello specifico ad un esempio dei nostri giorni come la crisi ILVA, significa cercare di dare un contributo di idee concrete alla soluzione di un problema che impatta su più piani e più livelli.

L’Italia ha bisogno del settore siderurgico ed ha bisogno di ILVA, l’industria da troppi anni per motivi ideologici ancora oggi radicati paga un ostracismo che ci ha reso deboli sui mercati globali. La responsabilità di questo retaggio culturale è anche della stessa industria che non ha voluto e saputo comunicare nel modo giusto, non ha fatto innovazione e ristrutturazioni volontarie se non quando il mercato le ha imposte. ILVA ha un impatto nazionale ed europeo sul comparto dell’acciaio ma anche sul tessuto economico e sociale della Puglia e dell’intero Sud. Voler dare soluzione al problema guardando solo all’azienda e alla riqualificazione green delle linee produttive è illusorio e riduttivo, dieci anni di tentativi su questa linea di pensiero dovrebbero essere sufficienti per capire che è necessario cambiare strategia.

Un Modello Strategico Integrato è quella cornice operativa che vede attuare strumenti e strategie dove l’azienda è un attore e non l’attore, dove il regista è lo Stato che guida e coinvolge con le opportune politiche le forze economiche, sociali, culturali del territorio per un grande progetto di interesse comune. L’Italia ha bisogno di acciaio, di innovazione, di eccellenze che esprimano le capacità, le conoscenze e competenze delle esperienze tra settori differenti per sviluppare nuovi business, nuove aziende, nuovi posti di lavoro, nuove opportunità di crescita del Paese per affermarsi nei mercati globali.

Nell’immediato futuro, solo per citare alcuni focus d’interesse:

– l’Italia e le aziende italiane avranno bisogno di acciaio e soprattutto di acciaio di qualità.

– l’acciaio sarà il materiale da costruzione del futuro soprattutto in Italia perché più Eco e Riciclabile.

– nei prossimi 20/30 anni il patrimonio immobiliare e infrastrutturale del Paese sarà giunto a fine vita, Acciaio, legno e plastica, prenderanno sempre più campo sul cemento.

– il know-how italiano sulla produzione di acciaio che sull’impiantistica innovativa e green   è da leader mondiali.

– in Italia la capacità di studiare, realizzare e produrre acciai di alta qualità, tipologie e composizioni innovative per utilizzi tradizionali e in applicazioni speciali è straordinaria. Dal mondo delle costruzioni e ricostruzioni (in ambito sismico sarà strategico) alla meccanica e robotica avremo sempre maggior bisogno di studiare e realizzare nuovi prodotti.

In questo contesto, applicare un Modello Strategico Integrato ad ILVA significa:

– riconversione della città di Taranto (salute, lavoro, economia, cultura, turismo).

– delocalizzazione della struttura produttiva ILVA in altra area fuori Taranto con polo integrato di produzione di acciaio e semilavorati speciali (meno quantità più qualità)

– bonifica ex area ILVA.

– realizzazione di un Campus Universitario dell’Acciaio (tecniche, tecnologie, studio, ricerca e sviluppo, architettura, ingegneria sismica, costruzioni, meccanica, robotica,, ecc..), giovani e studiosi da attrarre da tutto il mondo, una eccellenza per il mondo dell’acciaio. Le università del futuro oltre alla formazione iniziale dovranno ri-qualificare, ri-formare, ri-convertire le 3C (competenza, conoscenza, capacità) di ogni profilo professionale. La formazione continua sarà una necessità per tutta la vita lavorativa, dall’operaio al manager e la sinergia tra università e imprese sarà decisiva.

– realizzazione di un’area di eccellenza industriale con attività connesse e complementari alla Nuova ILVA (sismica, meccanica, robotica, aerospaziale, impiantistica, ecc..)

– realizzazione di un museo dell’acciaio e dell’industria.

– ri-qualificazione e ri-valorizzazione del quartiere Tamburi e dei quartieri limitrofi, costruzione di un quartiere attrattivo con grattacieli in acciaio simbolo di sviluppo della Nuova Taranto.

– realizzazione dell’aeroporto internazionale di Taranto a servizio di tutta la Puglia ed il Sud in genere con sistema integrato su rotaia per un forte Progetto Turismo con attrazione delle primarie catene alberghiere e strutture di servizio in ambito turistico.

Il perché lo abbiamo detto, il cosa pure, manca il come! Come finanziare tutto questo? La risposta più semplice sarebbe, abbiamo il Recovery! Sbagliato! Dobbiamo dimostrare che siamo in grado di farcela con la forza delle nostre idee e quindi saper coinvolgere ed attrarre finanziatori ed investitori con risorse superiori a quelli che saranno i fondi UE. Attrarre aziende e filiere italiane ma anche fondi e partners esteri per un progetto di grande risonanza a livello globale per dimostrare che il sistema Italia sa trasformare una crisi cronica in opportunità di sviluppo e innovazione. Facciamo di Taranto un esempio nel mondo di “buona industria” integrata nel territorio ad un benessere più ampio che è quello della comunità. L’obiettivo di questo progetto è attivare tutte le risorse economiche e sociali per dare una prospettiva di crescita non solo sostenibile ma lavorativa, demografica e di opportunità.

Le dinamiche della globalizzazione combinate con l’innovazione, la tecnologia, l’intelligenza artificiale, inevitabilmente porteranno nelle aziende di qualsiasi settore ma soprattutto nell’industria grandi riduzioni di personale operativo non qualificato. Inutile ed illusorio pensare di mantenere i livelli occupazionali, vale per ILVA come per Alitalia e tante altre aziende che nel post-covid si aggiungeranno. Da queste situazioni se ne esce solo con la convinzione che una crisi può e deve essere opportunità di aprire la strada a nuovi e innovativi business che creino da due a tre volte la necessità di nuove risorse umane, questo è il Modello Strategico Integrato, questa è la visione.

ILVA sia un Modello, sia un esempio replicabile nelle tante aree di crisi italiane che sono ormai croniche e strutturali a causa anche di un Modello di Impresa tutto italiano che ha difficoltà ad evolversi e rinnovarsi. La riflessione si allarga ovviamente a quello che è il tessuto economico imprenditoriale dove “nanismo” e “ricambio generazionale” sono due dei principali limiti e in prospettiva vitali problemi . Lo sentiamo dire spesso: le aziende italiane soffrono di “nanismo”. Nonostante sia una giusta affermazione, si devono considerare i vantaggi di tale frammentarietà. L’altissimo livello di specializzazione dovuto alle peculiarità locali che rendono ogni prodotto e servizio un’eccellenza agli occhi del mondo, l’espressione di una brand equity positiva sul piano internazionale, in quanto immagine di eleganza, creatività, ingegno e soprattutto di stile di vita, tutto questo è racchiuso nel marchio Made in Italy.

È necessario applicare anche in questo contesto un MSI mantenendo la nostra identità ma attuando strumenti di sistema e sinergia che ci permettono di creare condizioni di crescita e consolidamento nei mercati globali anche per le nostre piccole aziende. Parafrasando una nota pubblicità non abbiamo bisogno di “aziende grandi” ma di “grandi aziende”!  Agevolare, supportare, guidare il ricambio generazionale, che è il vero problema delle piccole aziende, nel contesto di uno strumento e forme di aggregazione che lascia piena autonomia all’azienda ma integrata ed inserita in filiere del valore con alta visibilità nei mercati internazionali, questo è il futuro, questo è il Modello Strategico Integrato per rendere forte e solido il mondo delle PMI.  Abbandonare le piccole aziende industriali al loro destino porterebbe a tante piccole ILVA, vorrebbe dire rischiare di far morire le imprese con il proprio fondatore, con conseguente impatto economico, sociale e ambientale su tutta la comunità, nelle generazioni a seguire.  Tali riflessioni sono da tenere in considerazione nel momento presente, con progetto di lungimiranza, per evitare l’inevitabile in futuro.

La pandemia anche quando sarà finita o tenuta sotto controllo avrà un impatto che noi oggi ancora non immaginiamo sia nelle persone che nelle attività economiche. I Modelli di Business cambieranno per piccole e grandi aziende, non tutti potranno o sapranno adeguarsi. Pertanto, al fine di evitare un darwinian shakeout tra le imprese, spetta allo Stato mettere in campo politiche, strumenti e strategie per gestire una fase dove tutti, in special modo coloro che saranno caduti, potranno rialzarsi per essere parte integrante di una nuova era. Un’era dove l’assistenzialismo sia l’ultima ratio, mentre il profluvio ordinato e organizzato di idee e progetti possano divenire un processo fondamentale di un nuovo tessuto economico, in modo da ristabilire un equilibrio nell’interesse della comunità!

In sintesi un Modello Strategico Integrato!
La politica abbia visione!

*Alessandro Maglioni, manager industriale

La crisi del credito affossa il Sud

Ultimamente si torna a parlare di fusioni e acquisizioni bancarie, di alleanze e accordi. Dopo un periodo assai difficile legato ai crediti insoluti, il sistema italiano fa parlar di se con l’iniziativa partita dal gruppo Intesa San Paolo con l’offerta pubblica di scambio alla lombarda Ubi Banca, un istituto di medie dimensioni ubicato in una delle zone più ricche e dinamiche d’Italia.

La riduzione dei margini di intermediazione, la digitalizzazione, l’intervento massiccio della tecnologia nel mercato del credito, il costo zero dell’approvvigionamento presso la bce, che ultimamente ha iniettato enormi quantitativi di liquidità nel sistema del credito, ha ridotto fortemente il margine operativo degli istituti favorendo, contestualmente, fusioni e chiusura di sportelli di rete desertificando i territori, in particolar modo quelli del sud.

Questa tendenza sta procurando forti ricadute occupazionali ponendo in pre-pensionamento forza lavoro più anziana, meno motivata, meno propensa al cambiamento, più legata al vecchio modo di far banca per assumere giovani più incentivati al raggiungimenti di risultati commerciali.
In questo scenario si inserisce il rapporto idiosincratico tra banca e impresa, rapporto divenuto più conflittuale sia dal lato della domanda che dell’offerta.

Le difficoltà delle imprese incidono negativamente sulle banche, a causa delle perdite generate dal mancato rimborso dei prestiti, che pesano sul conto economico e lo stato patrimoniale. Il credit crunch attuale è l’effetto sia di fattori inerenti alla domanda sia di un irrigidimento dei criteri di offerta dovuto al nuovo scenario regolamentare. In tale situazione le imprese divengono più esposte agli shock dal lato dell’offerta di credito, poiché risentono di una liquidità fortemente deteriorata, trovando al contempo sempre più complicato ottenere prestiti. L’unica via praticabile per uscire dall’impasse sembra essere quella di restituire centralità all’aspetto relazionale, soprattutto nelle regioni meridionali, dove esso è stato in parte compromesso dal processo di consolidamento e dal conseguente aumento delle distanze funzionali.
Nel rapporto banca-impresa, e nel sistema del credito in generale, la geografia e le distanze svolgono infatti un ruolo di primissimo piano. La maggiore lontananza tra i centri strategici delle banche e il territorio rischia di accentuare i suoi effetti negativi in termini di minore coinvolgimento nelle vicende del tessuto economico, sociale e culturale locale, a danno soprattutto delle PMI, il cui merito di credito si basa essenzialmente su relazioni personali con il management locale e su informazioni difficilmente comunicabili.
Divengono dunque fondamentali le scelte organizzative e gestionali e il grado di autonomia concesso alle banche locali, il cui radicamento nel territorio risulta prezioso per la conservazione del patrimonio informativo locale. La crisi può essere, in tal senso, uno stimolo per rifondare su rinnovate basi il complicato rapporto tra sistema creditizio e tessuto produttivo, che deve evolvere in una visione di lungo periodo, in cui si persegua l’obiettivo di rafforzare la capacità competitiva delle banche, accompagnando al contempo le imprese nel percorso verso una struttura finanziaria più robusta ed equilibrata.

*Giuseppe Della Gatta, analista finanziario

Verso la crisi di governo ad alta velocità?

La previsione di una rottura tra le forze di governo sulla Tav sembrerebbe ovvia, ma è improbabile che Cinquestelle corra il rischio di sbattere contro il ricorso anticipato alle urne che vedrebbe, stando ai sondaggi, enormemente ridotta la propria rappresentanza parlamentare. Alla Lega viceversa le elezioni anticipate andrebbero a fagiolo sull’onda lunga del consenso che porterebbe certamente Salvini sulla poltrona di Palazzo Chigi. Ma Il leader della Lega sa bene che il Capo dello Stato non scioglierebbe le Camere tanto più se la prospettiva fosse una schiacciante vittoria del carroccio. Se si rompe altro che elezioni, dal cilindro del Quirinale verrebbe probabilmente fuori un’alchimia fatta di tecnici, Pd, centristi di varia origine, pentastellati responsabili e chi più ne ha più ne metta. Una rottura oltretutto farebbe schizzare lo spread alle stelle con conseguente ricaduta negativa su coloro che ne fossero stati gli artefici. E allora? Sembra impossibile, ma anche sulla Tav si troverà infine una parvenza di compromesso per tirare a campare in ossequio all’andreottiano insegnamento “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Tutto in linea con un governo del cambiamento dove tutto rimane tale quale e con una politica che ricalca palcoscenici d’illusionismo dove l’impossibile si veste da miraggio che riflette il mancato possibile.

Tav non solo, mettici pure la questione Venezuela dove i gialli e i verdi sbiadiscono i loro colori in un’astensione che sarebbe ridicola se non fosse prima di tutto vergognosa. Tant’è, nessun governo è mai andato in crisi sulla politica estera tanto meno questo abituato a barcamenarsi tra il diavolo e l’acquasanta ora anche a livello cosmico.

È già, ma sull’autorizzazione al processo a carico di Salvini come la mettiamo? Il leader della Lega indossando la felpa del “mo’ vi frego io” ha inchiodato i grillini alle loro responsabilità. O votano a favore del procedimento giudiziario e sarebbe l’agonia del patto di governo, o votano contro e sarebbe l’annuncio di morte dell’avventura giustizialista grillina. Alla fine, chissà, né la prima ipotesi e neppure la seconda, un “ni” al processo, o un “processateci tutti” cioè nessuno. E si tira a campare.

Cinquestelle e Lega appaiono come partiti contemporaneamente di governo e di opposizione, un nuovo bipolarismo unito da una monocultura di potere finché dura. E cercano di farlo durare il più a lungo possibile. Almeno fino alle elezioni europee dove un quadro aggiornato delle forze in campo dovrebbe da solo indicare la strada del vero cambiamento e svuotare anche il cilindro quirinalizio di eventuali alchimie.

La politica è anche compromesso, arte del possibile e talvolta dell’impossibile (come il sodalizio Lega-Cinquestelle). Ma è soprattutto passione, anima e sangue, un progetto per oggi e per i decenni avvenire. È governare la società di oggi, è guardare al mondo che verrà, ai figli, ai posteri, con un’idea che non è mai stata sconfitta e che non muore. La destra di Salvini ha bisogno dell’anima di quella destra antica che viene da lontano e che guarda lontano, di quella fiamma che nonostante tutto non si è spenta. Dalle urne per le europee nascerà nei fatti il presupposto e la condizione per una nuova alleanza di destra e oltre, che non si si ferma e non si limita alla questione immigrati, che chiude i porti non solo, che che apre la speranza soprattutto ai giovani, a chi oggi non ha lavoro, a chi vive in povertà.

Difficilmente nel futuro ci sarà spazio per Forza Italia. Ha avuto pecche ma anche grandi meriti il movimento creato dal nulla da Silvio Berlusconi. Soprattutto nel ’94 quando riuscì a fermare il colpo di mano de cosiddetti progressisti che stavano per impossessarsi del paese uscito dal disastro di tangentopoli.

Un lungo percorso quello berlusconiano fatto di molte luci ma anche di ombre, un cammino a cavallo tra il Novecento al tramonto e l’alba di un nuovo millennio con nuovi problemi e difficoltà sia del Paese che del mondo. Berlusconi appartiene nel bene e nel male alla storia di questo Paese. Ma anche le storie più belle hanno un inizio e una fine, un’ultima ora di cui i protagonisti non sempre si rendono conto.

Sullo sfondo della sala dei passi perduti, come le damigelle un po’ andate che nessuno invita più al ballo, vedi solitario il Pd. Forse la storia della sinistra è più gloriosa è più grande di questo partito che oggi dovrebbe rappresentarla. Tanti, troppi errori ha lasciato sul suo cammino, ma anche troppe divisioni interne lo hanno minato. È un partito sconfitto prima d tutto da se stesso. Ma anche la sinistra viene da lontano e prima o poi tornerà a guardare lontano. La politica ha bisogno di passione e sangue nelle vene a destra come a sinistra. La plastica e gli algoritmi appartengono o sono appartenuti solo a un’Italia provvisoria.

*Angelo Belmonte, giornalista parlamentare

Il giorno infausto dei mercati e della politica Italiana

Proviamo a dire, e in parte ad immaginare e ricostruire, cosa sia davvero successo ieri 29 maggio 2018, nella più folle giornata politica del nostro paese da molti anni, argomentando a metà tra mercati, stampa e partiti:
Tra le 10:10 e le 10:13 di ieri mattina un gruppo di mani forti tra loro coordinate (investitori importanti, possibilmente spinti anche da qualche potere politico) ha venduto tanti miliardi di Euro in BTP italiani da provocare un aumento dello spread di 40 punti in tre minuti, prima e dopo i quali il resto del mercato – che non era affatto in condizioni di panico – ha continuato per un certo tempo a comprare e vendere a ritmi normali.
Un aumento dello spread tanto concentrato, come mostra il grafico in alto, ci fu solo all’inizio della crisi del 2011 (prima della quale non si vide niente del genere dal 1992) e potrebbe anche segnare l’inizio di una crisi finanziaria mondiale se dovesse destabilizzare le nostre banche, che sono troppo grandi per essere salvate (da qualsiasi istituzione mondiale).
I notiziari TV e giornali economici del mondo, anche sui social, hanno dato la notizia del rialzo (senza spiegare più di tanto come fosse successo) e il mondo si è volto a guardare cosa succedeva in Italia. E si è spaventato più di quanto non avesse fatto per il ridicolo scandalo su Conte (che già era andato su tutti i giornali internazionali). Le borse di tutti i paesi hanno iniziato a perdere, e le scommesse sul mercato dei derivati contro stati ed aziende Europee (ed Italiane in particolare) ad aumentare, e così via per tutta la giornata.
Carlo Cottarelli, incaricato ieri di formare un Governo da Mattarella, dopo il noto colpo di mano, ha ricevuto in mattinata una prima aggressione da Lega e 5S, i quali hanno fatto circolare nei palazzi l’informazione che il Parlamento avrebbe votato in fretta una risoluzione vincolante sul DEF impedendo così a Cottarelli stesso di recarsi ai prossimi vertici europei per dire qualsiasi cosa fosse diversa dalla linea delle due forze euroscettiche. In pratica trasformandolo in un “pappagallo”.
Ma nel frattempo la Presidenza della Repubblica e il Partito Democratico con dichiarazioni tipo quella del capogruppo renziano Andrea Marcucci delle 12:30, di cui in foto, avevano diffuso in Italia e nel mondo l’idea assurda che Savona, Salvini e Di Maio volessero uscire dall’Euro in un fine settimana e di nascosto. Una totale, e pericolosa, fake news, costruita con un riferimento decontestualizzato a proposte puramente accademiche di Savona fatte tempo addietro sulla modalità migliore di uscita da una moneta (pubblica vs. segreta). Questo è importante perché le sedi degli investitori in tutto il mondo – che ormai fin dalle 10:30 di mattina ora italiana seguivano il nostro paese – hanno iniziato a pensare che in Italia fosse in atto il momento “decisivo” per l’euro o contro l’euro, e che il popolo, avendo premiato Salvini e Di Maio, fosse contro l’euro.
Marcucci Uscita Euro
Sulle agenzie di stampa italiane, e quindi mondiali, si sono ulteriormente diffuse le analisi che già ieri rilevavano che, a causa dei tempi tecnici, un’eventuale sfiducia immediata del Governo Cottarelli non avrebbe portato al voto in dicembre ma al voto in estate, avvertendo anche che fosse necessario un qualche tipo di risoluzione per rinviare il voto a settembre/ottobre, esponendo l’Italia a una “vittoria delle forze no-euro” in piena sessione di bilancio invernale, cioè quando si sarebbe dovuta decidere la finanziaria triennale 2019-2021.
Alle 16:30, con geniale tempismo, il PD in Senato ha attaccato pesantemente Cottarelli, unica figura apprezzata dai mercati poiché esponente del Fondo Monetario Internazionale, annunciando per puro tatticismo politico che non lo avrebbe sostenuto, poiché non voleva collegarsi politicamente come solo partito in sostegno della sua figura di “uomo di tasse e tagli” temendo di perdere voti nelle elezioni vicinissime, nonostante fosse espressione di Mattarella, cioè di un Presidente della Repubblica PD, voluto ed eletto da Renzi. In altre parole: il mondo ha visto che tutti i sostenitori dell’uomo del rigore FMI nuovo candidato premier si stavano dileguando in meno di 24 ore, e che chiedevano elezioni a Luglio, destinate a essere vinte dai “no euro”.
A questo punto, e siamo nel pomeriggio inoltrato, gli investitori di ogni tipo che osservavano la situazione hanno capito che presto su tutti i giornali del mondo sarebbe stato ulteriormente ridicolizzato il Governo dell’Italia, che non solo non avrebbe ottenuto la fiducia, ma avrebbe avuto addirittura zero voti a favore dal parlamento, per andare a fare in europa il “pappagallo” di una maggioranza con idee economiche opposte al premier nei vertici di giugno, e venire sostituito entro agosto da un gruppo agguerrito di personaggi intenzionati a uscire dalla moneta unica, magari titolari del 68% dei voti nelle Camere (come da recente analisi dell’Istituto Cattaneo).
Dalle 16:30, pertanto, il mercato normale del BTP ha iniziato a mostrare una curva frastagliata al rialzo, indice di piccole vendite diffuse in tutto il mondo (e non più opera di mani forti coordinate) andando direttamente nella fase in cui la crisi rialzista è diffusa e non più arrestabile dalle manovre di gruppi organizzati di investitori, non senza l’intervento di banche centrali.
I consiglieri di tutti i protagonisti hanno spiegato ai protagonisti  che se avessero continuato altre due ore con l’idea del Governo Cottarelli senza un voto e con il compitino dettato dal Parlamento, che nel frattempo celebrava un processo al capo dello Stato, non solo l’Italia non sarebbe arrivata finanziariamente integra fino a settembre, ma potenzialmente nemmeno a luglio perché nessun investitore avrebbe mai comprato un altro BTP se non a tassi di interesse insostenibili, in assenza di un capo politico del paese identificato, in presenza di una contestazione della massima carica, e senza alcuna garanzia che la linea politica immediata-ventura non fosse uscire dall’euro (fra l’altro con mezzo paese occupato ad accusare l’altra metà di mentire, ed il mondo finanziario a leggere Twitter in tempo reale) trasformando così l’aumento dello spread in un aumento del costo reale del servizio del debito.
Nel frattempo la BCE e Moody’s hanno fatto sapere che un eventuale declassamento del rating di pochissimo, molto probabile in questo scenario, avrebbe potuto (a causa delle regole interne della BCE) provocare il blocco del Quantitative Easing sull’Italia, lasciando aperta solo la cannula dell’ossigeno di eventuali operazioni OMT, il cosiddetto scudo anti-spread, molto più costose politicamente ed anche economicamente.
Moody's BCE Italia
Moody's BCE QE
In serata, poiché per fortuna sembra esistere ancora un barlume di razionalità anche nella politica italiana, tutti hanno capito di dover fermare la pièce teatrale per un momento, e magari occuparsi della “bomba che è qui fuori in corridoio” (Bersani, semicit.). In questo senso, quindi, Salvini per primo ha smentito definitivamente l’impeachment, segnalando che al paese serve un governo per la crisi finanziaria e che non manifesterà contro Matttarella.
Salvini Impeachment Mattarella
Di Maio, vista la decisione di Salvini di svelenire il clima, ha rinunciato anche lui all’impeachment di Mattarella (pur dando a Salvini del “pavido”, con una brutta caduta di stile) ed ha rilanciato la disponibilità a formare un governo con la Lega. Cottarelli, capendo di non essere in alcun modo utile a rassicurare i mercati da premier privo di poteri, ha fermato le macchine alle 17:30, lasciando il quirinale e facendo filtrare la possibilità di rimettere il mandato, ridando spazio o al voto subito o a un possibile governo, ufficialmente parlando di problemi sulla scelta dei ministri. Giorgia Meloni di fronte alla crisi dei mercati ha parlato di unità del paese e, dopo aver chiesto correttamente l’incarico a un premier del cdx, che è l’unica strada ancora non tentata da Mattarella, si è offerta comunque di sostenere M5S e Lega purché questi scongiurino le elezioni in luglio, rispetto alle quali l’Italia potrebbe arrivare sotto attacco della speculazione finanziaria.
Meloni Crisi MattarellaTra le 22:00 e le 23:00, Adnkronos e ANSA incredibilmente hanno battuto la notizia della concreta possibilità domani della formazione di un Governo Conte senza Savona o di un Governo Giorgetti con Cottarelli all’economia. L’ex dirigente dello FMI, anche perché indicato da Mattarella, è l’unico che può rassicurare i mercati che il governo, pur se politico e dotato di maggioranza per intervenire e fare leggi, non potrebbe comunque fare mosse avventate contro l’Euro. Se Cottarelli avesse l’economia, il Premier dovrebbe andare alla lega perché essa non avrebbe più il MEF (che aveva chiesto per dare la premiership ai 5 Stelle). Oppure, il MEF dovrebbe essere diviso (ma questo toglierebbe potere a Cottarelli spaventando i mercati). Un governo Conte, invece, anche senza Savona (che non è mai stato un problema, tranne che per Mattarella), resterebbe considerato “euroscettico” dai mercati e privo di un “capo” autorevole, e, se pure avesse potuto andar bene rispetto a una situazione normale, non sarebbe adeguato oggi con lo spread in tensione. Non è stato ancora ipotizzato un governo Cottarelli con ministri Lega e M5S, ma si è segnalata la volontà di Mattarella di insistere su di lui. Questa terza potrebbe essere la soluzione per tenere in equilibrio Salvini e Di Maio qualche mese, fino a elezioni in autunno.
Conte senza Savona
Giorgetti Premier
Da questi sviluppi in poi, sui giornali, in TV, e sui social network di tutto il paese, chiunque ha già iniziato a esercitarsi in insulti di incoerenza e scarsa serietà rivolti ai partiti responsabili dei cambi di linea, sul modello della sconvolgente dichiarazione di Matteo Renzi, che parlava di “telenovela italiana”. Tutti costoro, non sembrano capire che una tra queste possibilità, e le altre emerse nella giornata odierna, potrebbe essere la via per salvare il paese da un possibile disastro imminente, che il Governo “pappagallo” senza voti non garantirebbe. Bene hanno fatto quindi i partiti diversi dal PD a fermarsi a riflettere sul fatto nuovo, che non esisteva prima, dell’attacco speculativo più forte da molto tempo.  Lo ha dimostrato l’andamento dello spread nella giornata di oggi, che ha inoltre visto il rimbalzo delle borse mondiali e dei titoli bancari, anche grazie alla riapertura di margini di trattativa per una soluzione politica all’instabilità italiana.

*Giovanni Basini, collaboratore Charta minuta