In previsione della convocazione del G20 a Roma il 30-31 Ottobre di quest’anno, la Fondazione Edison ha pubblicato un fascicolo intitolato G20 and the Italian economy, key indicators to be kept in mind, tanto prezioso per i contenuti raccolti quanto chiaro nell’esporli.
L’incredibile combinazione fra alta efficienza nell’uso dell’energia (l’Italia è il secondo paese meno energy-intensive del G20 dopo Regno Unito) e ridotte emissioni di anidride carbonica (terzo dopo Argentina e Francia con 302.8 MTons di CO2 emesse), rendono il Bel Paese un caso più unico che raro nel panorama delle potenze occidentali, specie se si considera che la Francia, che produce più del 40% della propria energia con centrali nucleari ad emissione praticamente zero, emette annualmente circa 293.2 MTons di CO2. Storicamente povera di materie prime, di minerali sia energetici che non, l’Italia è sempre stata in grado di “fare molto con poco” e ne è un chiaro esempio il proprio mix energetico, specchio di un paese geograficamente ed economicamente molto disomogeneo ma al contempo paradigmatico della transizione verso un’economia ad emissione carbonica zero, per la quale non solo partiamo avvantaggiati, ma in grado di dettare la linea.
Il mix energetico italiano si basa su tre assi portanti: derivati liquidi del petrolio (circa 37%), gas naturale (circa 35%) e rinnovabili (circa 20%). Le recenti scoperte di giacimenti nel mar Mediterraneo, l’inizio dello sfruttamento dei pozzi a largo di Ravenna e nell’Adriatico e i nuovi gasdotti col vicino oriente (TAP e EastMed) aumentarenno rapidamente il contributo del gas naturale, destinato ad avere un ruolo cruciale nella transizione energetica per le basse emissioni e la grande disponibilità in natura, a scapito del petrolio liquido soppiantandolo già dal 2030.
La riduzione ulteriore delle emissioni di anidride carbonica deve rientrare infatti nella strategia economica e commerciale del sistema paese dei prossimi anni, ispirandone l’approccio verso le nuove tecnologie, aprendo la strada, in intesa coi nostri partner, al meccanismo tariffario carbonico che l’Unione Europea sta preparando e facendoci guadagnare vantaggio sui memorandum degli accordi di Parigi.
La decarbonizzazione dell’economia deve essere un’opportunità per l’Italia per azzerare la dipendenza energetica dai paesi del nord Europa e riportare il baricentro dell’economia comunitaria nel bacino del mediterraneo. In questa direzione va la nuova geopolitica del gas naturale ma anche le fonti rinnovabili, che sfruttano soprattutto l’energia solare e quella eolica verso le quali la transizione completa è prevista entro il 2050.
La maggior limitazione all’uso su larga scala di queste fonti, che sono lo step successivo all’uso del gas naturale, è dato dal basso rendimento (circa il 20% per i pannelli fotovoltaici e 40% per le pale eoliche), l’intermittenza della produzione di energia e la difficoltà nel trasporto. Sfruttare un vettore energetico puo’ essere la soluzione. La SNAM, controllata cdp ed eccellenza italiana nella distribuzione di gas naturale, sta scommettendo nella produzione e distribuzione, ormai dal 2019, di una miscela di idrogeno e gas naturale per consumo industriale, partendo dal 5%, fino ad arrivare pochi giorni fa (19/05/2021) all’uso di una miscela al 30% H2 e gas naturale in un forno per la forgiatura di acciaio.
L’uso di tale vettore energetico pone molte criticità a causa delle elevate pressioni di stoccaggio e dalla tendenza del gas ad interagire con i metalli normalmente usati nelle condotte di distribuzione del gas provocandone un severo infragilimento che porta spesso a rottura improvvisa compromettendo la vita di tutto l’impianto.
Lo sviluppo di una filiera tecnologica per la produzione, la distribuzione e lo sfruttamento di questo elemento rientra nel perimetro dell’interesse nazionale per varie ragioni:
1 – l’Italia è uno dei primi paesi al mondo per la produzione di valvole, turbine a gas ed elementi di condotte per l’oil and gas (il solo export dei primi due elementi vale 8.21 e 4.9 miliardi di euro all’anno). Lo sviluppo di acciai speciali adatti al trasporto di idrogeno sarebbe un volano per i nostri settori industriali, ridando vitalità a tutto l’indotto, dalla ricerca e sviluppo, alla produzione e fino ai trattamenti superficiali del manufatto.
2 – Si potrebbe creare una filiera tutta italiana di sviluppo della tecnologia su cui già siamo leader, con potenzialità dell’ordine di grandezza del commercio mondiale.
3 – Sfruttando la produzione per idrolisi dell’idrogeno è possibile raggiungere l’indipendenza energetica abbinando le celle idrolitiche a centrali fotovoltaiche o eoliche offshore che servirebbero da veri e propri giacimenti di gas a largo delle coste italiane o nei deserti nord africani ricchissimi di luce solare, laddove le condizioni lo permettessero.
La transizione energetica richiederà una formula mista di produzione dell’energia per la quale siamo già preparati ma serviranno sforzi significativi di riconversione, data l’insostenibilità economica di ricreare un sistema di distribuzione e produzione dell’energia ex novo. Riuscire a governare il cambiamento in atto nel settore dell’energia sarà la vera sfida del sistema paese e questo sarà possibile solo in sinergia col nostro tessuto industriale, sfruttando le nostre eccellenze nazionali ed europee e mettendole a sistema. Solo su queste basi possiamo costruire l’Italia e l’Europa di domani, più forte e più verde.
*Vittorio Casali De Rosa, ingegnere chimico