"Prima gli italiani"? Un dovere dello Stato. Parola di immigrato

L’Italia finalmente si fa sentire, in Europa e nel Mondo. La vicenda dell’Aquarius ha mostrato, dopo tanti anni di stallo e “zerbinismo”, come si fa politica estera, come si difendono gli interessi nazionali. Per la prima volta si assiste, da parte dei paesi europei, a passi indietro, giustificazioni confuse e ritrattazioni e, addirittura, autocritiche per non essere stati al fianco dell’Italia.nQuesta fermezza politica è il primo passo, L’Aquarius il fatto scatenante, ma la vera forza del nuovo governo e del parlamento si vedrà a breve, quando si andranno ad affrontare i problemi migratori sotto il profilo giuridico, organizzativo, interno.
Sono stato un immigrato anch’io, forse privilegiato ma pur sempre classificabile come tale. Immigrare significa lasciare la propria terra, le origini, gli affetti, per trasferirsi in un altro Paese. I motivi sono quasi sempre economici e raramente politici. Anche perché in quest’ultimo caso il desiderio non è quello di stabilirsi bensì di fuggire da un pericolo, dalla violazione di diritti, da repressioni, per poi un giorno ritornare a casa. Ed è il mio passato da immigrato, e non la mia cittadinanza italiana, che mi consentono di affrontare l’argomento sentendomi immune da contestazioni e polemiche.
Anni fa avevo raccontato in un romanzo il fenomeno dell’immigrazione clandestina in Italia e, per via delle posizioni prese in una successiva intervista, fui definito “leghista bulgaro” dalle pagine di un noto quotidiano nazionale. Oggi, stante i risultati delle elezioni e le prime azioni messe in atto sull’immigrazione, tale definizione non sembra più un’offesa (forse non lo era anche allora), bensì un complimento verso tutti gli italiani che hanno votato il centrodestra. Perché il vero pericolo per l’Italia è il falso buonismo che ha caratterizzato la politica del passato.
Quando, quasi trent’anni fa, la caduta del Muro di Berlino originava il primo flusso migratorio verso l’Occidente, quello dei cittadini dell’Est Europa, si partiva senza attendere alcuna accoglienza, alcuna solidarietà né tolleranza dal paese ospitante. Si sapeva che, andando in Germania, Austria, Francia, Inghilterra, Italia, Belgio e Spagna, con visti turistici per poi restare lì si violavano le leggi. C’era la piena consapevolezza di essere considerati intrusi, di non essere visti con buon occhio, e si accettava il rischio, senza alcuna pretesa di comprensione e aiuto.
Non esistevano le Onlus e le Ong che aiutavano, nessuno offriva alloggi e diarie, schede telefoniche e quant’altro. A nessun immigrato passava per la mente di avanzare pretese o rivendicare diritti che non aveva.
Ed eravamo europei, cugini, con la stessa cultura, stessa religione e tradizioni, divisi solo da 45 anni di storia sbagliata. Oggi, quindi, da ex immigrato inorridisco nel vedere quello che succede nell’Occidente tollerante e politically correct ad ogni costo, a partire dalle strumentalizzazioni del problema dei clandestini fino alla sua presentazione mediatica quasi come fenomeno irrisolvibile e persino utile (con le cosiddette “risorse”).
Tante firme illustri, da decenni, hanno messo in guardia l’opinione pubblica sui problemi e sui pericoli di questa “invasione”, perché di questo si tratta, da Magdi Allam ad Oriana Fallaci, ma i governi sono rimasti sempre sordi ai loro appelli. Oggi, finalmente, qualcosa potrebbe cambiare. La soluzione esiste e a mio parere è tanto semplice quanto efficace. Quale? Nazionalizzare la gestione dell’accoglienza e dell’intero fenomeno migratorio, estromettendo così gli attuali soggetti coinvolti a favore dello Stato.
Si è capito, ormai, e i fatti lo dimostrano, che alcuni settori sensibili non possono essere delegati. Come non possiamo cedere in outsourcing la polizia di stato o la giustizia, così non si possono affidare a soggetti non statali i servizi relativi all’accoglienza, alla gestione e al controllo di persone che di fatto hanno violato le leggi introducendosi clandestinamente in un paese, eludendo le regole doganali, privi di documenti e perciò con identità difficilmente accertabile e che di fatto non possono circolare liberamente nel Paese.
Presentando in tempi brevi in parlamento una nuova legge correttiva della precedente e più adeguata alle mutate esigenze, si potranno estromettere le Cooperative e le Ong – facendo cessare il lucrare di queste a spese dello Stato e dei cittadini – dalla gestione di un problema così epocale che richiede un intervento diretto e una responsabilità nell’allocazione delle risorse pubbliche ad esso destinate che può competere solo allo Stato. Anche perché parliamo di 5 miliardi di soldi pubblici.
Ecco perché quando si dice Prima gli italiani o Prima l’Italia, questa non è un offesa o razzismo, perché non si escludono gli altri, ma si sancisce semplicemente una giustizia sociale, di rispetto e riconoscenza di uno Stato verso i propri cittadini, verso il lavoro e il sacrificio del proprio popolo che ha combattuto per costruire un paese che il mondo intero invidia. Ed è per questo che ogni cittadino italiano deve avere la prelazione sui diritti e sull’attenzione dello Stato rispetto a chi non ha partecipato a questo lungo percorso storico.
Parola di immigrato.

*Kiril Maritchkov, avvocato internazionalista

 

 

L’Italia nel vuoto, il vuoto d’Italia. L’azione internazionale nella stagione del ritorno degli interessi nazionali: geopolitica, economia, sicurezza

L’evento è stato organizzato in collaborazione con il Center for Near Abroad Strategic Studies

Sono intervenuti: Paolo Quercia (direttore del Center for Near Abroad Strategic Studies), Adolfo Urso (presidente della Fondazione Farefuturo), Alberto Negri (giornalista de Il Sole 24 Ore), Giulio Maria Terzi di Sant’Agata (presidente del Comitato Mondiale per lo Stato di Diritto – Marco Pannella), Guido Crosetto (presidente dell’AIAD), Carlo Jean (professore), Gabriele Checchia (ambasciatore), Raffaele De Lutio (ministro plenipotenziario).