La Televisione nella “nuova” comunicazione di massa

La televisione in questi ultimi venti anni ha pagato a caro prezzo la concorrenza mediale sempre più agguerrita tra canali televisivi tematici e non ultima con la cosiddetta “radiovisione”, un prezzo ancora più salato se mettiamo in conto la accanita concorrenza del web all’interno del quale i social e i blog hanno fatto la vera parte del leone. La comunicazione si è profondamente modificata negli strumenti e nello stesso tempo in questa battaglia mediale gli strumenti più tradizionali utilizzati dalle Aziende Radiotelevisive si sono proiettate sempre più verso una comunicazione emozionale. Il campo delle emozioni è oggi il terreno più propizio ma, nella rincorsa alle emozioni per carpire i pubblici, la televisione ha abbassato notevolmente la qualità dei palinsesti compromettendo giocoforza la stessa qualità dei messaggi. Per arrivare a comprendere meglio il fenomeno occorre fare una parentesi sul web ed in particolare sui social network.

I social di maggiore impatto ed uso si sono trasformati in vere e proprie piazze virtuali nelle quali le persone dapprima si sono rapportate con egocentrismo e con buona socialità di scambio, nell’ultimo periodo invece, coincidente nei due anni pandemici, il web si è trasformato in un grande ring dove le persone, talvolta anche quelle colte, sono arrivate ad insultarsi, ad offendersi, a minacciare e spesso hanno dato lavoro alle aule giudiziarie dei tribunali, o quanto meno, nella migliore delle ipotesi, (se così si può dire) a forti penalizzazioni associative causate da espressioni a dir poco irriguardose verso terzi, compromettendo spesso la propria integrità morale o nella migliore delle ipotesi di immagine reputazionale. È qui che la televisione cerca di riprendersi il pubblico e gli ascolti, nel momento in cui i social corrono ai ripari cercando di controllare gli scontri tra le persone che cominciavano ad avere comportamenti connotati – solo per gli addetti ai lavori – di pericolo sociale.

I social network hanno preso in mano la situazione ed hanno gestito l’informazione portando giorno dopo giorno i dissidenti a depotenziare la presenza nella rete perché oggetto di azioni di blocco, di sospensione o addirittura di cancellazione dell’account. Da qui in poi le Televisioni hanno compreso che i social stavano spianando loro la strada al punto che la presenza di analisti in rete si è fatta più consistente al fine di intuire per primi quali fossero le argomentazioni più coinvolgenti ed attrattive nei social network per poi riportarle nell’etere. Pochi anni fa pensavamo che la televisione avesse toccato il suo punto più basso, si parlava di televisione e dei primi programmi trash ma, se in quel momento pensavamo di aver toccato il fondo, oggi cosa dovremmo dire? Infatti, se i programmi degeneravano nella loro qualità altrettanto si poteva dire che il pubblico ne subiva passivamente gli effetti devastanti sotto il profilo culturale. Negli ultimi tempi siamo stati subissati da una serie di programmi televisivi dove il confronto, la disputa, la lite hanno preso il sopravvento diventando un format vincente verso il quale l’utente a cui era rivolto il programma televisivo prestava e presta ancora molta attenzione. Con l’attrazione emotiva, il forte coinvolgimento psicologico sono nati i primi programmi di basso contenuto, alcuni dei quali veramente assurdi, basta pensare agli storici programmi di analisi e contestazione calcistica che nulla avevano a che vedere con lo sport, precursori di programmi attuali assimilabili alla spazzatura della comunicazione televisiva.

Oggi per effetto della pandemia le televisioni di ogni tipo e struttura sono riuscite a reinventarsi programmi nei quali gli invitati pro e contro si danno battaglia sovrastandosi sonoramente uno sull’altro mentre parlano fino a raggiungere con urla e gesti l’apoteosi della maleducazione, e questo la maggioranza delle persone inconsciamente lo apprezza – come dimostrano i dati dell’ascolto televisivo – e la minoranza lo disprezza apertamente, quindi ne parla ugualmente, conferendo involontariamente notorietà. Per chi analizza il fenomeno, tutto ciò fa comprendere che la richiesta da parte della massa è quella di farsi propinare programmi ad alto contenuto litigioso. Chi non ricorda il famoso detto, (mai come in questo caso calzante a pennello): “Parlare bene o parlare male, l’importante è parlarne”. Se poi analizziamo il programma nel dettaglio, le interruzioni, il parlare contemporaneamente sviliscono l’informazione la quale diventa spesso incomprensibile e lo spettatore non ne trae nulla di proficuo. L’ultimo periodo ne è l’esempio tangibile, infatti nel momento in cui parliamo di pandemia da virus, di vaccini si e vaccini no, Greenpass si o Greenpass no, subito emerge dai talkshow che il piano editoriale è a dir poco raccapricciante, eh sì, perché il popolo televisivo vuole questo e allora le televisioni si sono inventate i dualismi come fosse un ring e i confronti diretti tra no-vax e si-vax oppure tra si Greenpass e no Greenpass, virologi contro virologi e chi più ne ha più ne metta e così la battaglia crea disinformazione perché nel momento in cui si alza l’asticella della lite il popolo aumenta l’attenzione e guarda caso, proprio in quel momento cosa succede?

Il conduttore televisivo stoppa chi parla – specialmente se non è in linea con la redazione – mandando in onda la pubblicità. Tutto architettato in un piano editoriale di business che prevede disturbatori, sobillatori e vittime. Con questo modo di operare, notiamo quanto la manipolazione e il controllo dei messaggi da lanciare raggiungano livelli inaccettabili. Mai come in quest’ultimo anno si è potuto constatare che la televisione ha preso a pieno titolo il comando della comunicazione mediale sovrastando anche gli stessi social perché dobbiamo ricordare che i social hanno di fatto smorzato qualsiasi tentativo di esternazione dell’essere pro o contro qualsiasi tematica afferente la pandemia, il virus, il vaccino o argomenti simili. Quindi i social forti del controllo dei contenuti ad opera delle stesse piattaforme che hanno disincentivato molti utenti portandoli ad abbandonare l’agone di internet, hanno lasciato terreno libero all’informazione televisiva nonché il libero arbitrio alla disinformazione televisiva. Questo è un dato che emerge in modo eloquente e spietato, tutti noi siamo colpevoli di questa evoluzione del sistema di comunicazione che oggi trova linfa vitale nelle emozioni, quelle emozioni forti determinate dall’odio, dalla lite, dalla frustrazione, dal sentirsi liberi di offendere, cosa che ti si ritorce contro nella comunicazione bidirezionale dei social e non in quella unidirezionale televisiva che i dati confermano come fortemente apprezzata. L’informazione dovrebbe essere equilibrata dovrebbe essere come direbbero molti politologi “in stile di par condicio”, invece non lo è, si preferisce creare zizzania, creare attrito, creare beghe, creare lite, questo è il leitmotiv della televisione oggi, televisione che mette totale confusione e mette paura, tutto l’opposto del fornire una serena, corretta informazione.

È sotto gli occhi di tutti il profondo decadimento della comunicazione mediale televisiva che mette in luce la triste realtà di una società piena di contrasti autoalimentandosi come un avvoltoio solo di emozioni negative, sfruttando, come nel caso della pandemia dei nostri tempi, la paura o peggio il terrore delle persone.

*Stefano Lecca, consulente in comunicazione social e web marketing