Geopolitica, Farefuturo e Republican Institute: il perchè di una scelta

Si terrà il prossimo 10 settembre,  nella Sala Capitolare del Senato, il seminario su  temi geo-politici di attualità promosso da Farefuturo in partenariato con l’” International Republican Institute “ ( Fondazione statunitense impegnata per la promozione della democrazia e  dei valori di libertà, nata nel 1983  sulla scia del discorso l’anno prima del Presidente Reagan a Westminster e presieduta dal 1983  al 2018 dal Senatore McCain) e con il Comitato Atlantico Italiano .  Il filo conduttore delle discussioni è ben sintetizzato nel titolo stesso della imminente giornata di lavori : “ L’ Europa e la relazione transatlantica dopo l’Afghanistan. Che cosa è cambiato e cosa no” . Venti anni dopo l’11  settembre

Si tratterà per la nostra Fondazione di un momento di incontro  per molti versi innovativo dettato in primo luogo  dalla volontà di contribuire – anche attraverso iniziative specifiche  – alla riflessione in atto  in ambito occidentale, e per ciò stesso nel nostro Paese,  sulle dinamiche che  caratterizzano l’attuale complessa fase della vita internazionale nonché  alla individuazione  di possibili vie di uscita, nei tempi che si riveleranno necessari, ad almeno talune delle crisi in atto.

L’evento di natura formativa – uno dei principali tra quelli portati avanti in Europa dall’”International Republican Institute- IRI”- è parte di un più ampio programma avviato da tempo dal prestigioso Istituto statunitense a beneficio di giovani parlamentari provenienti da una pluralità di Paesi europei appartenenti ai gruppi popolari, conservatori e liberali , che ricoprono per la prima volta incarichi a livello nazionale e sono destinati, secondo le valutazioni dell’IRI, a futuri ruoli apicali.

Esso  vuole pertanto  rappresentare al tempo stesso, da un lato,  un omaggio  di Farefuturo e delle Fondazioni Comitati/ “partner” nel progetto, al ruolo primario dei Parlamenti nella messa a fuoco ed elaborazione delle grandi scelte di politica estera; dall’altro,  un segnale di interesse e apprezzamento nei confronti delle potenzialità di cui sono portatrici, nei più diversi Paesi d’Europa, le giovani leve della politica con particolare riguardo a quelle che si riconoscono  nei valori del popolarismo, conservatorismo e liberalismo europeo.

Il programma –  articolato in una fase iniziale e conclusiva aperta alla stampa e in due sessioni “a porte chiuse”- consentirà ai partecipanti  di confrontarsi con i relatori su tematiche di particolare attualità : dalle relazioni Europa- USA- Cina nella fase post-Afghanistan e post-pandemia alla situazione e prospettive nell’Europa meridionale . A cominciare dal per noi cruciale scacchiere mediterraneo alla luce, tra l’altro, dei recenti drammatici sviluppi  in Afghanistan. Si tratterà, in altre parole, di una riflessione ad ampio raggio sui nuovi assetti internazionali , il futuro dell’Alleanza Atlantica e il ruolo dell’Unione Europea e dell’Italia nelle aree di prioritario interesse nazionale.

I lavori saranno aperti dal Sen. Adolfo Urso, presidente di Farefuturo, e dal “Senior Director for Transatlantic Relations” dell’IRI, Jan Surotchak. Seguirà, sempre nella parte aperta al pubblico, l’intervento del Ministro della Difesa, On. Lorenzo Guerini. Nelle sessioni di lavoro sono previste relazioni di figure di spicco: Guido Crosetto, presidente AIAD, l’On. Carlo Fidanza , presidente della delegazione italiana FdI- ECR, il Generale Carlo Jean , presidente del Centro Studi di geopolitica economica , Fabrizio Luciolli , presidente del Comitato Atlantico italiano, il Sen. Lucio Malan, presidente dell’ Associazione parlamentare di amicizia Italia- Israele , il prof. Andrea Margelletti , presidente del CeSI, il prof. Carlo Pelanda , politologo ed esperto di studi strategici. Le conclusioni sono previste alle 16 con l’intervento del Sen. Urso.

Non è certo questa la sede per elaborare sui singoli punti che saranno oggetto del seminario. Mi sembra però doveroso rilevare come esso si collochi in una fase caratterizzata sul piano internazionale da eventi e dinamiche che , se non comprese e correttamente gestite, peseranno a lungo e in maniera non positiva sui destini dell’Occidente: dalle conseguenze di breve e medio periodo del ritiro delle forze statunitensi e NATO dal teatro afghano all’impatto che il ritorno al potere dei talebani potrà esercitare  sugli equilibri regionali con potenze emergenti o già come tali riconosciute  ( Cina, Pakistan , India, Turchia, Iran per non citarne che alcune…) che  stanno muovendosi per ulteriormente allargare i propri spazi di manovra,  all’accelerazione che sta conoscendo sul versante europeo la riflessione sulla “autonomia strategica “ – anche alla luce delle recenti impegnative dichiarazioni  in materia dell’Alto Rappresentante e vice- Presidente della Commissione Europea Josep Borrell – e sul futuro delle relazioni transatlantiche, alle modalità più efficaci per assicurare la migliore interazione possibile tra un’eventuale futura difesa europea e quella già assicurata dal quadro “atlantico”  all’impatto ,infine, che la tragedia in atto in Afghanistan produrrà , e sta già producendo, sul volume e natura dei flussi migratori verso l’Europa a cominciare da quella meridionale di nostro più diretto interesse.

In questo  esercizio di riflessione /anticipazione Farefuturo intende svolgere – nel caso specifico di concerto con due istituti  particolarmente qualificati sui temi in parola e in uno spirito di dialogo aperto e costante  coi nostri fondamentali alleati d’oltre-oceano: Canada e Stati Uniti  – un ruolo di primo piano pro-attivo,  e altre iniziative di analoga natura sono allo studio per i mesi a venire.

Ruolo proattivo  e all’altezza delle sfide cui l’Italia  – Paese fondatore dell’Unione Europea e rispettato membro dell’Alleanza Atlantica- e il continente europeo nell’accezione più ampia del termine ( comprensivo dunque sia del Regno Unito che  dei nostri partner di area mediterranea e balcanica) si trovano confrontati.

Tutto questo, mi sia consentito aggiungere, nella consapevolezza  delle responsabilità aggiuntive che derivano al nostro Paese dall’ esercitare attualmente la presidenza di un fòro , quale il G20, le cui potenzialità anche sul terreno del contributo all’avvio a soluzione delle grandi crisi internazionali ( e lo ha ben compreso il Presidente Draghi ) restano ancora in larga misura inesplorate e da  valorizzare .

Si tratterà certo, né potrebbe essere diversamente , di un apporto squisitamente intellettuale  che non potrà , per evidenti motivi, affrontare che alcuni dei temi sopra evocati . Ma la platea dei partecipanti ( giovani parlamentari , come sopra anticipato, dei più diversi Paesi  europei, molti dei quali di area centro-orientale e balcanica) è tale da legittimare la speranza che gli spunti di riflessione che dall’incontro del 10 settembre scaturiranno, qualunque essi siano,  possano trovare ascolto e suscitare interesse anche oltre i nostri confini e in ambienti altamente  qualificati .

Ma il seminario del 10 settembre rivestirà, per la nostra Fondazione , anche una forte valenza simbolica: quella cioè di una ribadita vicinanza alle Istituzioni e al popolo americano nel segno di condivisi valori . Ne sarà testimonianza la deposizione, il giorno prima, di una corona all’altare della Patria da parte del Presidente Urso ,affiancato dai citati rappresentanti dell’IRI e del Comitato Atlantico,   in memoria delle vittime dell’”11 settembre” e dei militari e civili  caduti in Afghanistan nell’adempimento del loro dovere al servizio delle missioni USA e NATO in quel Paese.

I partecipanti al seminario saranno quindi ricevuti nei suoi uffici al Senato, sempre il 9 settembre, dalla Presidente Casellati nel quadro di una visita di cortesia istituzionale.

 

* Gabriele Checchia, responsabile per le relazioni internazionali di Farefuturo

 

 

 

 

 

L’interesse nazionale e la concorrenza europea

Nell’ambito delle linee guida politiche adottate dalla Commissione europea per il mandato della Presidente Ursula von der Leyen per gli anni 2019-2024, Margrethe Vestager, ancora una volta titolare della delega alla concorrenza economica, ha reso nota la sua intenzione di introdurre novità normative in materia di regolamentazione della politica industriale europea in rapporto all’economia digitale.

Per gli addetti ai lavori, il programma del Commissario Vestager non è un fulmine a ciel sereno, bensì la concretizzazione di un lavoro politico e tecnico accumulato in cinque anni, dal 2014 al 2019. Nonostante la natura fortemente composita dell’Unione europea, data dalla struttura articolata nel Trattato di Lisbona, il tema della concorrenza è sempre stato uno dei fiori all’occhiello della Commissione, snocciolata in precise ed accurate normative a copertura di concentrazioni ed acquisizioni industriali, aiuti di Stato e meccanismi di filtraggio degli investimenti diretti esteri.

La decisione presa nel 2019 dalla Commissione di fermare il merger tra la francese Alstom e la tedesca Siemens per la creazione di un colosso europeo delle infrastrutture su rotaia è considerato tipicamente lo spartiacque che ha portato la riforma del diritto europeo della concorrenza tra le priorità delle agende europee dei grandi Paesi-industria d’Europa: Francia e Germania.

D’altro canto, il tenore stesso dell’atteggiamento tenuto dal Commissario Vestager fornisce una cifra stilistica e politica di due grandi visioni d’Europa: allorché Francia e Germania ponevano come condizione necessaria e sufficiente per l’approvazione dell’operazione la necessità di creare un campione europeo (il primo tra tanto) nel campo del trasporto ferroviario per far fronte alle crescenti sfide poste dai grandi apparati industriali cinese ed americano, la DG Comp del Commissario Vestager si è opposta indicando come non sussista il rischio, allo stato attuale, di una invasiva ed anticoncorrenziale presenza di attori stranieri (in primis la Cina) nel mercato europeo tale da dover giustificare la creazione di campioni industriali europei.

Il dibattito, tra le Cancellerie con sede a Bruxelles, ha disposto immediatamente la creazione di due grandi paradigmi: favorire una politica industriale orientata alla creazione di campioni industriali europei, anche con deroghe alla normativa attuale per “ragion di Stato”, o mantenimento del rigoroso status quo? Sebbene Francia e Germania fossero capifila della prima corrente di pensiero, il tema del “come” rappresentava e rappresenta tuttora una questione interamente differente. Ammessa e non concessa la possibilità di un regime di deroga ai meccanismi di controllo del Regolamento n. 139/2004 (cd. EUMR), con che meccanismo dovrebbe vedersi attuata? Il diavolo è nei dettagli, e nei dettagli di queste grandi proposte di riforma si scorgono le vere differenze tra i giocatori in gara. Le Autorità francesi, infatti, hanno più volte caldeggiato un meccanismo di deroga di natura politica, da identificarsi idealmente nel Consiglio dei Ministri dell’Unione europea, o, comunque, mediante logiche intergovernative; i tedeschi, di converso, hanno sempre apprezzato l’idea di istituire una vera e propria antitrust europea, o comunque di delegare le valutazioni di questo tipo ad un organo completamente indipendente.

La Commissione europea, infatti, segue un modello ibrido, basato prevalentemente su un rigoroso rispetto di tutta una serie di crismi e di procedure di filtro e di controllo sulle acquisizioni industriali, lasciando in ogni caso l’ultima decisione in capo al Commissario responsabile che, in ogni caso, è un attore finemente e squisitamente politico.

Questo vivace dibattito ha inaugurato tutta una serie di iniziative volte ad influenzare e comprendere la direzione di un eventuale processo di riforma. Tale occasione pare finalmente essere arrivata con le proposte di regolamento sui servizi (DSA) e sui mercati (DMA) digitali avanzati dalla Commissione nel 2021, in attesa di un più ampio processo di riforma dell’EUMR. L’opportunità e le eventuali modalità di adattamento della normativa sulla concorrenza per l’era digitale è ancora oggi oggetto di un forte dibattito quando si toccano tematiche di policy ed applicazione normativa. Il nodo gordiano è in questo caso rappresentato dal fenomeno delle “killer acquisitions”, o acquisizioni ostili (estremamente ricorrenti in ambito digitale), operazioni di concentrazione di mercato dove gli acquirenti (genericamente aziende over the top) decidono di acquistare potenziali rivali, siano esse aziende o prodotti, per poterne neutralizzare l’influenza sul mercato.

Da un punto di vista meramente tecnico, l’EUMR prevede che un’operazione di concentrazione industriale finisca sotto la giurisdizione della Commissione europea solo quando il fatturato totale mondiale delle attività oggetto di merger superi i 5 miliardi di euro e il fatturato realizzato a livello europeo da almeno due delle imprese coinvolte superi i 250 milioni di euro. Le operazioni sono sottoposte al controllo della Commissione anche qualora si superino altre soglie di fatturato delle imprese interessate. Data la dimensione economica palesemente sotto soglia delle startup oggetto di acquisizioni ostili, le operazioni non finiscono quasi in nessun caso sotto la lente della DG COMP.

L’unica deroga è fornita dalla cd. “Dutch clause”, l’articolo 22 dell’EUMR, che stabilisce che uno o più Paesi membri possa richiedere alla Commissione di esaminare una determinata operazione di M&A che, pur non avendo una dimensione strettamente comunitaria, abbia tangibili ripercussioni sulla propria economia interna. Dal 1989 ad oggi, a fronte di oltre 8.000 casi esaminati dalla Commissione europea, questa disposizione è stata utilizzata solo 42 volte.

Nel marzo 2021, la Commissione europea, sotto impulso del Commissario Vestager, ha esteso l’applicazione della Dutch clause anche alle operazioni non regolarmente segnalabili alla Commissione. Il nuovo regime applicativo dell’articolo 22 ha portato a porre due nuove operazioni di concentrazione sotto l’occhio della DG COMP: Illumina/Grail e Facebook/Kustomer.

La modifica della Dutch clause costituisce solo un piccolo tassello di un più grande processo di riforma in ambito europeo, dove si discute l’eliminazione del meccanismo di competenza giurisdizionale della DG COMP basato sulle soglie di fatturato e dimensione economica. L’Italia deve buona parte del suo output economico alla produzione manifatturiera che, a parte qualche eccezione, si basa su una enorme rete frastagliata di cluster di piccole e medie imprese, e non di giganti industriali per settore.  Se Francia e Germania su questo tema hanno posto a più riprese le proprie posizioni, a tutela dei loro interessi economici e dei loro campioni industriali, il silenzio da parte italiana desta non poche preoccupazioni. Ora più che mai, dato l’inevitabile impulso riformatore delle normative europee in seguito alla crisi da COVID-19, le Cancellerie europee si pongono tutte il medesimo quesito: che cosa vuole l’Italia?

*Alessandro Guidi Batori, analista di politiche pubbliche