Rinegoziare l’Unione Bancaria

La mia disamina muove sostanzialmente dal titolo. Quando abbiamo deciso di parlare di Banche, di Europa, ho fatto un ragionamento molto semplice, ho guardato a quando sostanzialmente questo tema è diventato un problema. Peraltro ne parleremo anche oggi pomeriggio con gli amici dell’Ucid a proposito del libro sull’educazione finanziaria che l’amico e collega Pedrizzi ha fatto e presentato in questi giorni.

Oggi la tematica bancaria è diventata la tematica oserei dire quotidiana e familiare. Oggi si parla di spread, rating, di rimborsi, di truffati, non è più un tema come lo era quando eravamo giovani noi, riservato ad una parte della comunità sociale, oggi direi che quasi tutti discutono di questi argomenti, ma perché? Perché negli ultimi 19 anni, dal duemila in poi, l’Europa è entrata con forza nella nostra vita. Ricordiamoci che il 2000 è l’anno di ingresso dell’euro, e dal duemila in avanti il nostro sistema sociale, economico, finanziario sconta i più gravi problemi. Questo è un dato di fatto. In questi 18 anni 44 miliardi se ne sono andati in fumo, in questi 18 anni un milione e duecentomila italiani sono rimasti coinvolti nei problemi della finanza. Ecco perché noi oggi ragioniamo di questi argomenti e guarda caso per la tematica bancaria e la tematica europea il periodo è lo stesso, dal 2000 in avanti, passando attraverso crisi, problemi di banche internazionali, e ora purtroppo negli ultimi anni anche nazionali. La prima cosa che potrebbe essere suggerita è quella di fare una critica al sistema bancario, alle banche.

Se c’è un problema ed il risparmiatore viene coinvolto, ovviamente per opinione pubblica e mediatica la banca è responsabile. Io qui invito però a fare una analisi più attenta, e quindi guardo soprattutto a quello che non ha fatto la politica italiana ed a quello che ha fatto purtroppo la politica europea sul sistema bancario europeo e nazionale. Ricordiamo che negli ultimi anni abbiamo familiarizzato con alcuni concetti, bail-in piuttosto di bail-out, dal 2016 l’Italia si è trovata a dover scaricare sui cittadini e sui risparmiatori le inefficienze del sistema, questo è il  bail-in per certi aspetti, e guarda caso entra in funzione nel 2016 in Europa, quando però i tedeschi avevano già capitalizzato a grandi mani tutte le loro banche con denari pubblici. Quindi qualcuno è entrato nelle nuove regole dopo essersi rafforzato, qualcun altro, non solo per ragioni di miopia politica, ma anche per ragioni di funzionamento del sistema non lo aveva fatto, e si è trovato dopo il 2016 coinvolto in regole ferree e stringenti che non permettevano al pubblico di intervenire efficacemente nella soluzione dei problemi.

Cito un altro argomento: i principi contabili. L’Italia si è trovata e si trova ad avere un sistema bancario quasi al 90% sottoposto ai principi contabili nazionali, mentre la forte Germania si trova con oltre il 40% del credito sottoposto ai principi contabili nazionali. Apparentemente si potrebbe dire che è una locuzione tecnica contabile di un ragioniere, ma non è così; parlare di principi contabili internazionali, piuttosto che di principi contabili nazionali, vuol dire ad esempio che quando un titolo a scadenza oscilla chi applica i principi contabili internazionali deve immediatamente svalutarlo se è momentaneamente svalutato, chi invece applica quelli nazionali, può, ritenendo di portarlo a scadenza, lasciarlo in bilancio a valore nominale.

Questo vuol dire che le nostre banche, che ripeto per il 90% rientrano nell’obbligo dei principi contabili internazionali (IASC), a differenza di una Cassa di Risparmio o Cassa Rurale tedesca devono svalutare il proprio attivo con  tutti i problemi che ne conseguono. Quindi un altro elemento per cui il nostro Paese si è fatto, permettetemi il termine, letteralmente -fregare- da queste regole. Quindi bail-in, principi contabili, ieri sul Sole 24 ore -Basilea tre-, delle cui conseguenze di fatto e se ne sarebbero ora accorti anche i francesi e gli austriaci, e quindi le nostre banche trovano difficoltà a finanziare ed erogare credito, anche se i soldi ci sono, a finanziare le piccole e medie imprese, guarda caso quello che è il tessuto economico del nostro Paese. Perché?

Perché quando una banca finanza una PMI quella banca deve fare degli accantonamenti maggiori rispetto a quando finanza la grande impresa. Dopo constatiamo però che i crediti deteriorati provengono perlopiù dalla grande invece che dalla piccola impresa. Questa è l’Europa con la quale ci confrontiamo, e che noi di Fratelli d’Italia vogliamo cambiare, proprio per impedirne la consunzione. Parliamo quindi della Sentenza europea sul caso Tercas che ha di fatto creato problemi ad una banca popolare solida quale era quella di Bari. Perché, perché la politica italiana, quella del Pd che ci ha al tempo governato, ha accettato passivamente le imposizioni della Commissione europea che impedivano di utilizzare il fondo interbancario per risolvere il problema di una banca, quando poi guarda caso a distanza di qualche anno, cioè poche settimane fa, interviene la sentenza europea e dice no, non è così vi siete sbagliati. Però intanto abbiamo trascinato nei problemi una banca popolare, abbiamo trascinato nei problemi le banche che si sono succedute nelle crisi, Etruria, Monte dei Paschi e questo grazie a chi ha accettato passivamente le istruzioni della Commissione europea quando invece avrebbe dovuto dire “me ne frego “e oggi il “me ne frego “ lo ha sancito il tribunale europeo. Ecco cosa significa essere sovranisti, cosa significa avere una dignità di Paese, cosa significa saper rispondere a delle imposizioni di una Europa che , come ho detto direttamente in audizione al Senato alla Commissaria UE Vestager, ha fatto figli e figliastri, perché quella Germania che ha potuto fare tutto, continua tutt’oggi ad usare denaro pubblico per salvare le banche, il caso di pochi giorni fa in Sassonia della Zeta Bank  che è stata alimentata con soldi pubblici, mentre noi in Italia veniamo impallinati o venivamo impallinati allorchè si creavano questi problemi, e si paventava l’intervento di soldi pubblici o addirittura di fondi privati quale erano quelli del  Fondo interbancario.

Ma vogliamo infine dimenticare in questi diciotto anni quello che, tra virgolette, è stato un esproprio delle nostre banche nazionali; ma sappiamo che Banca Intesa, BNL, Unicredit, Casse di Risparmio sono controllate da capitali stranieri per lo più francesi. Quello di cui mi meraviglio è che non c’è reciprocità, che quando noi andiamo al di là dei confini per fare altrettanto ci bloccano. Quando loro vengono in Italia per conquistare le nostre aziende lo fanno liberamente con una politica assente.

Qual è il vero problema? I circa 5 miliardi di risparmi italiano che esistono, sono di fatto controllati da banche italiane ma con capitale straniero. Allora cosa pensate, che colui che dirige una banca possa indirizzare il risparmio verso il mercato nazionale, o piuttosto verso il proprio, quello francese? Quindi in sostanza, semplificando, i nostri soldi, il nostro risparmio, che rende l’Italia unica o comunque tra i primi Stati del mondo viene spesso utilizzato in altre realtà, perché i capitali delle nostre banche, cioè coloro che guidano e governano le nostre banche non sono italiani. Allora se ci fosse reciprocità e i nostri capitali governassero le banche francesi e tedesche non ci sarebbe problema, ma siccome così non è, sarebbe ora che la politica si svegliasse. Questo è essere sovranisti, non è venir meno alla cultura liberale, è saper difendere su un piano paritario i nostri principi economici, le nostre aziende, le nostre imprese, la nostra cultura. Un ultimo aspetto. Cosa è accaduto in questi ultimi anni che ci aiuta a capire perché parliamo di Europa e banche. Sono state smantellate dal precedente Governo, senza fare polemica a tutti i costi ma il dato è questo, le banche di prossimità, le banche di territorio. Abbiamo distrutto le banche popolari e le Casse rurali, in modo diverso anche perché le Banche popolari si sono assottigliate allo zero, le Casse rurali almeno formalmente, provengo dal Trentino la patria del Credito cooperativo, ci sono, ma in realtà sono holding, spa. I direttori delle casse rurali territoriali, sotto voce perché non possono gridarlo, mi ringraziano per la battaglia fatta in Senato, senza risultato, perché anche il Governo giallo-verde ha sposato la causa obtorto collo del governo Renzi, che ha permesso che le Casse rurali diventassero di fatto delle holding, di fatto delle banche di credito nazionale.

Questo vuol dire che abbiamo perso la specificità, la territoriali della presenza del credito, questo erano le banche di territorio, quelle banche che conoscevano il nonno, il bisnonno, che valutavano non solo il rating, Basilea3, ma che valutavano le caratteristiche umane, sociali dell’impresa. Oggi quelle banche per lo più non ci sono. Questo è accaduto in questi anni, e quando mi ricollego alla mia introduzione, dico non prendiamocela tanto con le banche, prendiamocela soprattutto con quella politica europea e nazionale che ha portato le banche in queste condizioni.

Per concludere ed allacciarmi al titolo del meeting: quali sono le risposte che dobbiamo dare per avere delle prospettive? Vado per sintesi: 1) venga rinegoziata l’Unione bancaria europea. La vigilanza europea sul sistema bancario, che nasce nel 2014 quando doveva parallelamente vedere la crescita e la nascita delle assicurazioni europee sul credito, questo sistema di vigilanza europeo va rinegoziato, questa è la prima risposta cosicché non accadano più le problematiche avvenute in questi anni. 2) Cosa dobbiamo proporre? Una normativa speciale per le piccole banche, per quelle banche di territorio di cui parlavo prima, perché rinascano anche in Italia le banche di territorio e guarda caso nella mia regione abbiamo in Alto Adige la componente tedesca che ha fatto blocco contro quello che è successo al credito cooperativo nel resto del Paese, optando per un sistema di mutua garanzia invece che sulla strutturazione ad holding. Quindi una nuova normativa per le banche di territorio. 3) La divisione tra le banche di investimento e le banche commerciali; non è possibile infatti che quella banca che riceve il risparmio del pensionato o che dà il credito all’artigiano vada poi ad investire in derivati o in altre speculazioni.

Torniamo così a dare fiducia al nostro sistema bancario, a credere nelle nostre banche e darle la forza di tornare protagoniste, e in questo valutazione mi appello a BankItalia affinchè riscopra l’orgoglio delle proprie tradizioni, ritorni a fare quello che non ha fatto bene, in parte per colpa sua e in parte per i vincoli europei, torni ad essere la banca di riferimento del sistema bancario, e, visto che siamo in periodo di nomine, invito la politica ad una presa di coscienza, invito bankItalia a rivendicare la propria indipendenza, anche se indipendenza è un concetto ben diverso dall’autorefenzialità, quindi le nomine di Banca Italia vengano concordate con la politica, non siano i governatori ad imporli alla politica, perché l’amministrazione di Banca Italia è indipendente il giorno dopo l’elezione, ma il giorno prima va concordato con la politica e i Governi che reggono i Paesi. Quindi un invito al nostro sistema a riscattarsi, a Banca d’Italia a  tornare  ciò che era, al Governatore della Banca d’Italia a ricordarsi che l’indipendenza e l’autorefenzialità sono concetti ben diversi.

*Sen. Andrea de Bertoldi (Segretario Commissione Finanze e Tesoro, Capogruppo FdI Commissione Bicamerale Anagrafe Tributaria, Dottore Commercialista e Revisore Contabile)

Intervento svolto a braccio al meeting “L’Europa e le Banche. Quali prospettive per il credito alle imprese e alle famiglie. I casi NPL e immobili all’asta”