«Il destino avverso». «Dopo l’eliminazione dai mondiali la sfortuna continua a perseguitare l’Italia». «Puniti dal caso». Le residue speranze di avere analisi di qualità sono state sepolte dalla valanga di qualunquismo con il quale i media di casa nostra hanno commentato l’assegnazione ad Amsterdam, mediante sorteggio, dell’Agenzia Europea del Farmaco. Un concentrato di piagnistei e vittimismo, con la sfortuna come ultimo rifugio giustificazionista di una classe dirigente che ha portato l’Italia alla periferia dell’Europa. E pensare che secondo autorevoli commentatori, per ridare credibilità internazionale all’Italia sarebbe bastato mandare all’opposizione il centrodestra: a quanto pare, qualcosa dev’essere andato storto. Il punto focale dell’accaduto non sono la sfortuna né il malocchio, bensì che una sede istituzionale così importante, in grado di generare un indotto da più di un miliardo di euro, sia stata decisa alla buste, come in un telequiz a premi. L’Unione che vorrebbe ancora più poteri è la stessa che mette in piedi questi teatrini imbarazzanti, e che poi strilla contro i “populisti” che ne mettono in evidenza tutte le contraddizioni. L’Italia, pugnalata alle spalle dalla Spagna, si lecca ancora una volta le ferite, incapace di porsi come leader dei Paesi mediterranei. Ma quale futuro può avere l’Unione Europea dinanzi all’ennesima brutta figura?
Sono cinque gli scenari prefigurati dalla Commissione Europea nel Libro bianco sul futuro dell’Europa. Riflessioni e scenari per l’UE a 27 verso il 2025 diffuso il 1° marzo, prima delle celebrazioni per il sessantenario dei Trattati di Roma. L’obiettivo, spiega Jean-Claude Juncker nella sua prefazione, è di decidere una linea di intervento da attuare in tempo per elezioni del Parlamento europeo del giugno 2019. Gli scenari, illustrati nel documento in modo sommario, sono cinque.
1) Avanti così. Questo, di fatto, non rappresenta un nuovo scenario, bensì lo stato attuale dell’Unione, semplicemente narrato con parole diverse. “Avanti così” significa, invero, “fermi così”: ovvero, preferire l’ignavia della retorica alla volontà di affrontare in maniera concreta i nodi irrisolti. Significa, in sostanza, certificare a livello europeo quel “tirare a campare” tanto caro a taluni governi nazionali.
2) Solo il mercato unico. Il secondo scenario, almeno in parte, riprende parzialmente quello che paradossalmente era il principale punto programmatico dell’UKIP, il partito di Nigel Farage che, dopo il raggiungimento della Brexit – e dunque, del suo principale scopo politico – si è ritirato a vita privata. In virtù di questa seconda opzione, l’Unione Europa verrebbe riequilibrata assegnando la priorità allo sviluppo del mercato unico. Gli aspetti negativi, indicati nel testo della Commissione, in verità non sembrano particolarmente tali: «Il processo decisionale è forse più semplice da capire, ma la capacità di azione collettiva è limitata«.
3) Chi vuole di più fa di più. È l’Europa immaginata da Emmanuel Macron e Angela Merkel: un “club esclusivo” all’interno dell’Unione – o come viene definito nel Libro bianco, con parole più dolci, una coalizione dei volenterosi – che opera in comune in ambiti specifici, come ad esempio fiscalità e sicurezza interna. Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che, in verità, un club all’interno dell’Unione si è già costruito da tempo, ed è l’Eurogruppo, ovvero quei Paesi che hanno adottato la moneta unica. Ma qui emerge, in modo prepotente, un forte scostamento tra costruttivismo e realtà: all’interno dell’Eurogruppo non si può certo rilevare un clima di armonia e di concordia. Perché un ulteriore club all’interno di esso dovrebbe, in qualche modo, rappresentare una soluzione definitiva ed efficace alle attuali criticità dell’Unione?
4) Fare meno in modo più efficiente. Questo, forse, può essere lo scenario più auspicabile, che potrebbe integrare quanto già espresso nella seconda opzione. L’Unione Europea punterebbe ad un rafforzamento del proprio intervento solo in determinati settori, e in presenza di un consenso dei 27. In altri settori, invece, l’intervento dell’Unione cessa completamente o viene ridotto. Inoltre, «una suddivisione più chiara delle responsabilità aiuta i cittadini europei a comprendere meglio ciò che viene gestito a livello dell’UE a 27».
5) Fare molto di più insieme. È l’incosciente fuga in avanti che vorrebbero gli euro-entusiasti che sognano gli Stati Uniti d’Europa e il pensionamento degli Stati nazionali. Fortunatamente, nel libro bianco su tale punto si legge: «Esiste tuttavia il rischio di perdere la fiducia di quelle parti della società che ritengono che l’UE manchi di legittimità o che abbia storto troppo potere alle autorità nazionali». Sempre che tale fiducia non si già stata quasi del tutto bruciata.
Il documento specifica che ogni scenario presuppone un punto di partenza comune, ovvero che i 27 Stati membri procedano insieme nel loro cammino come Unione, e che l’esito finale potrebbe non coincidere con l’adesione piena ad uno scenario, ma anche ad una combinazione fra le caratteristiche di più scenari. L’impressione è che la creazione a tavolino di ulteriori livelli di integrazione serva solo a mascherare i problemi di quelli attuali. Come se in un condominio, in caso di incendio di uno o più appartamenti, gli occupanti si limitassero a costruirne uno nuovo, senza badare alle fiamme. Un incendio che non viene spento, però, continua a divampare. E i pompieri per spegnerlo verranno probabilmente estratti a sorte.
*Federico Cartelli, collaboratore Charta minuta