Negli articoli precedenti si è analizzato sia le elezioni europee e sia i risultati degli stessi e gli effetti sull’Unione Europea e sugli Stati membri.
Le difficoltà dell’asse franco tedesco sono sul tappeto e non facilmente risolvibili nel breve periodo.
Si è inoltre accennato ai due report degli ex presidenti del consiglio europeo per il rilancio dell’integrazione europea (il rapporto Letta sul mercato interno e il rapporto Draghi sulla competitività recentemente sia alla presidente della Commissione Europea Von der Leyen, sia alla plenaria dell’Europarlamento, sia nell’incontro a palazzo Chigi con la presidente del Consiglio Meloni). Dopo le elezione della presidente della Commssione, gli Stati membri hanno proceduto alla designazione dei propri Commissari nell’Istituzione esecutiva europea.
L’Italia ha designato il ministro per gli Affari Europei, il Sud, la Coesione e il Pnnr Raffaele Fitto, che ha avuto come delega la vicepresidenza esecutiva e la Coesione e le Riforme (risultato molto positivo, considerando che il suo gruppo ECR non ha votato per la conferma della Von der Leyen, una dimostrazione che in Europa ci potranno essere maggioranze variabili, a seconda dei provvedimenti da approvaree che L’Italia è centrale nello scacchiere europeo).
L’iter di approvazione della Commissione si concluderà con il voto della plenaria su tutto il Collegio e con esito favorevole entrerà in carica per i prossimi cinque anni.
Dopo le elezioni europee, e forse anche prima, due Stati fondatori Francia e Germania sono in una fase di forte instabilità politica e non sono più il motore d’Europa: la Francia sempre più verso uno scontro istituzionale, procedimento di destituzione del presidente Macron in itinere, ha un governo debolissimo con a capo Michel Barnier, capo negoziatore Ue per la Brexit e che tra molte difficoltà è riuscito a mettere insieme una squadra di governo ufficializzata Sabato 21 Settembre; la Germania del Cancelliere Olaf Scholz, che dopo due sconfitte nei Lander della Germania orientale (Turingia e Sassonia), è riuscito con il suo partito Spd a non farsi superare nel terzo land orientale il Brandeburgo dal partito di destra AFD e forse a mantenere la Cancelleria fino al 2025, sempre se la coalizione Semaforo non entri in crisi per i troppi litigi tra Fdp, die Grunen e Spd (punto principale di litigio è la riforma del freno al debito osteggiata dal ministro delle Finanze Lindner).
Ottimo risultato nel Land è stato quello di BSW (partito populista di sinistra) che ha superato la Cdu relegata al quarto posto, nel Landtag non saranno rappresentati i Die Grunen e Fdp. La Germania è zona recessione e l’industria dell’auto in forte difficoltà, come ha fatto intendere la Volkswagen che è pronta a chiudere fabbriche e a licenziare migliaia di dipendenti, se non si cambia approccio al Green Deal europeo.
L’Italia in questa Europa può incidere molto a cominciare dall’attuazione del nuovo Patto di Stabilità e Crescita, la Crescita è essenziale e non si può tornare all’austerità; le stime dell’Istat af fermano che il rapporto debito pil è in miglioramento, ritornato alla percentuale prima del Covid 19.
L’Europa se vuole mantenere un’ industria di livello e quindi non sprofondare nella deindustrializzazione deve modificare le politiche green e implementare gli investimenti (parte molto condivisibile del rapporto Draghi) e la maggioranza PPE, liberali e Pse hanno bisogno del gruppo Ecr che li riporti alla realtànell’adozione di provvedimenti non ideologici.
La nuova Europa delle grandi strategie, che lasci agli Stati ampi spazi di manovra, è necessaria e la burocrazia asfissiante di Bruxelles deve essere molto ridimensionata.
Agli Stati membri il compito di dipingere il quadro, alle istituzioni europee il compito di costruire la cornice e i grandi disegni.