La congiuntura di alcuni eventi internazionali, come sicuramente la guerra russo-ucraina, ha inciso riguardo l’incremento del prezzo di alcune materie prime. Inevitabile è stato l’incremento del prezzo del gas.
Ma non solo, anche la domanda di approvvigionamento energetico ad opera di alcuni stati appartenenti alle cosiddette economie emergenti, come India e Cina, ha, altresi, contribuito ad alimentare questo tipo di fenomeno inflattivo.
L’Italia, in questo contesto, ha dimostrato tutta la sua fragilità economica e la sua dipendenza energetica dall’estero, con la Russia in primis, per le forniture del gas, necessario ai propri fabbisogni industriali e a quelli delle famiglie.
La ricerca di una propria sovranità nazionale energetica è stata, e lo è tuttora, l’obiettivo del Governo Meloni, oltre a nuove forme di approvvigionamento con altri attori internazionali, al fine di ridurre la propria dipendenza dall’est Europa.
L‘Unione Europea ha avviato il processo di decarbonizzazione e si propone nei suoi obiettivi inerente le politiche ambientali la riduzione riguardo l’emissione di gas serra attraverso la progressiva eliminazione di CO2.
Le fonti energetiche rinnovabili (F.E.R.) attraverso l’utilizzo dell’energia solare ed eolica, forniscono un contributo ecosostenibile non del tutto sufficiente. L’Italia è uno stato manifatturiero altamente energivoro caratterizzato dalla costante domanda di energia.
Un parco eolico oppure un grosso impianto di pannelli solari, necessitano di ampi spazi per essere installati e la produzione di energia purtroppo non è continuativa.
Alla luce di quanto appena espresso, è bene che si torni a parlare di energia nucleare e che lo si faccia senza alcun pregiudizio ideologico ed emotivo, considerando il nucleare di terza generazione avanzata una fonte energetica sostenibile: sicura, pulita, con scarsissima emissione di CO2 e complementare alle fonti energetiche rinnovabili.
In tal senso, il governo Meloni, ha predisposto presso il Ministero dell’ Ambiente e della Sicurezza Energetica una Piattaforma per il nucleare sostenibile e sono stati stanziati oltre 100 milioni di euro. Sono coinvolti: docenti universitari, dirigenti aziendali, esponenti di alcuni enti pubblici operanti nell’ambito della sicurezza inerente rifiuti radioattivi e associazioni scientifiche, con lo scopo di realizzare una programmazione energetica in ambito nucleare.
E’ stato, altresì, costituito un gruppo di lavoro al fine di elaborare un impianto normativo necessario a regolamentare questo tipo di disciplina energetica, in termini di utilizzo e soprattutto sotto il profilo della sicurezza.
Ad inizio di luglio 2024, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, insieme al Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, ha inviato alla Commissione Europea il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Per la prima volta l’Italia ha illustrato nei contenuti, sotto l’aspetto tecnico scientifico, la possibilità di produrre energia nucleare di terza generazione avanzata insieme a energia da fonti rinnovabili a basse emissioni.
Lo scopo finale è quello di ridurre notevolmente la dipendenza energetica da combustibili fossili. Ad oggi l’Italia risulta essere uno stato che “acquista” energia dall’estero e questo comporta costi energetici elevati a carico delle imprese con ripercussioni inevitabili sotto il profilo di competitività ed efficienza. Allo stesso modo, anche sulle famiglie italiane si riperquote l’aumento dei costi di energetici attraverso la riduzione dei consumi con inevitabili ripercussioni sulla crescita economica della nazione.
Emblematico è stato l’intervento del Presidente di Confindustria Emanuele Orsini, durante la kermesse “La Piazza” di Affari Italiani a Ceglie Messapica, quando ha parlato dell‘elevato costo dell’energia che sostengono le imprese italiane rispetto a quelle degli altri paesi europei, manifestando parere favorevole ad un possibile ritorno del nucleare nel nostro paese.
Negli anni 80 l’Italia, con Gran Bretagna e USA, erano grandi produttori di energia nucleare ovviamente per scopi unicamente civili.
L’Italia, però, è stata l’unica nazione che dopo il disastro di Cherobyl, a seguito di un referendum sotto una totale spinta emotiva, ha deciso di chiudere le centrali nucleari, rinunciando ad un bagaglio di conoscenza in materia ben consolidato e che, di fatto, ha pregiudicato progressivamente negli anni, la nostra stessa nazione, in ambito industriale.
Ad ogni modo, non tutto è andato perduto.
Successivamente a quel referendum ha avuto inizio la fase di decommissioning e cioè di smantellamento delle centrali nucleari e gestione delle scorie prodotte.
Ancora ad oggi non è stato indicato in Italia, cosi come già richiesto da tempo dall’Unione Europea, un deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi.
In questo caso ha responsabilità la politica, nella sua totalità, e principalmente le rappresentanze politiche locali affette dalla cosidetta sindrome Nimby. Basti pensare che in Francia il deposito di scorie nucleari radioattive è presente nella regione dello Champagne, luogo per eccellenza di produzione vitivinicola. Questo vuol significare che nell’ambito della produzione di energia nucleare e, soprattutto, nello smaltimento di scorie nucleari vengono adottati protocolli di massima sicurezza che prevedono un rigoroso stoccaggio senza il rischio di alcun impatto ambientale.
In Italia, attualmente, le scorie radioattive sono presenti presso siti temporanei ed in alcuni casi vengono trasferiti in Francia o Gran Bretagna con un notevole costo a carico dello stato e quindi, di noi contribuenti.
L’attività di ricerca in Italia, nell’ambito del nucleare, non si è fermata del tutto: presso alcuni atenei sono presenti corsi di laurea in ingegneria e fisica nucleare dove la maggior parte dei neo ingegneri trovano impiego, inevitabilmente, fuori dai confini nazionali.
Ad ogni modo è opportuno fare chiarezza, precisando che l’attività nucleare è presente nel nostro territorio attraverso l’utilizzo di alcuni strumenti e macchinari in ambito sanitario, in alcuni ambiti industriali ed in alcune attività di ricerca tecnico scientifica. Il tutto eseguito nella massima sicurezza.
Aziende italiane, come ad esempio Eni, Enel, Ansaldo, Newcleo e Fincantieri, svolgono attività di progettazione e costruzione in ambito nucleare, fuori dai nostri confini nazionali.
Crediamo sia giunto il momento di agire con responsabilità riguardo l’impiego del nucleare in Italia.
Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, a Cernobbio, ha affermato che il Governo Italiano presenterà in tempi brevi un quadro normativo riguardo il nucleare e che si sta lavorando ad una Newco, tutta italiana, con una partnership tecnologica straniera che consenta di produrre energia nucleare di terza generazione avanzata. Si tratterebbe di produrre gli Small modular reactors (SMR) in Italia, dei piccoli reattori nucleari dalle dimensioni contenute, per poter essere installati in qualunque parte del mondo dove, degli stessi, vi è la richiesta; sicuramente anche in Italia. Gli SMR occupano spazi contenuti, sono sicuri, producono pochissime scorie e saranno pronti tra il 2030 ed il 2035.
Una città come Brindisi, ad esempio, con una tradizione industriale sin dai primi anni sessanta, potrebbe essere attrattiva come centro di produzione dei S.M.R.
In un ottica di riapertura al nucleare, da poco più di un anno si è costituito l’Intergruppo parlamentare sull’ energia nucleare, con lo scopo di dare inizio ad un dibattito sulla materia e più nel dettaglio, inerente ricerca ed eventuale impiego sul terrritorio nazionale. La promotrice è stata la Sen. Silvia Fregolent di Italia Viva.
Questo gruppo bipartisan, che vede la presenza di esponenti di ogni schieramento politico, ha lo scopo di stimolare in maniera trasversale un dibattito su questa fonte energetica, senza pregiudizi e con un contributo politico arricchito da informazioni scientifiche.
Concludendo, a nostro avviso, attraverso l’impiego sinergico di fonti energetiche rinnovabili, complementari all’utilizzo di energia nucleare tecnologicamente avanzata, l’Italia sarà in grado di soddisfare la domanda di energia delle nostre imprese nazionali, delle famiglie e, perchè no, di chi volesse investire nella nostra nazione. Le città industriali del futuro non saranno più luoghi grigi, pieni di ciminiere, secondo l’immaginario novecentesco, ma luoghi realmente green.
La consapevolezza delle proprie potenzialità, come comunità nazionale, deve renderci artefici di un prospero avvenire. E’ ora di agire.