Esteri

Verso L’Europa che sarà

A giudicare i primi passi del nuovo Parlamento e degli organismi europei europeo, si direbbe che i risultati del voto di giugno non abbiano determinato né condizionato le scelte operate finora. Le elezioni avevano determinato un forte avanzamento verso destra, in particolare in Francia dove il Rassemblement national si era imposto come prima forza politica ed aveva costretto il presidente della Repubblica Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale francese e ad indire i comizi elettorali per domenica 30 Giugno primo turno e per Domenica 7 Luglio per il secondo.

La composizione dell’Eurocamera è spostata più a destra (si è costituito un nuovo gruppo I Patrioti, ora terzo per numero di parlamentari, che ha come punto di raccordo  il  premier ungherese Orban fortemente criticato nei circoli europei per il viaggio a Mosca e a Pechino) l’accordo raggiunto in sede di Consiglio il 27 e 28 Giugno per i Top Jobs europei (le cariche apicali dell’Unione Europea) non ha tenuto conto dei numeri e dei voti che in politica si pesano, non si contano. Il Consiglio ha indicato come presidente della Commissione Europea l’uscente Ursula Von der Leyen, come presidente del Consiglio Europeo il socialista Antonio Costa e come Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Kaja Kallas.

Nel d-Day della politica europea,  il 18 Luglio scorso, i parlamentari europei hanno confermato Von der Leyen (401 voti) alla  guida della Commissione (con il determinante sostegno del gruppo dei Verdi),  sarà una presidente  più debole?

Molte sono state le scivolate politiche che hanno contraddistinto il suo mandato (un green deal ideologico e infatti i Verdi l’hanno votata proprio su quest’ultimo punto avendo avuto garanzie politiche in tal direzione, una troppa regolamentazione europea in ogni settore economico e sociale, una indecisione politica di fondo su chi avere come interlocutori politici i Verdi o i Conservatori e riformisti).

L’Europa del  reiterato asse franco-tedesco è fortemente preoccupata, ciò che succede in Francia dopo che l’esito delle elezioni ha prodotto un’Assemblea nazionale francese bloccata con tre gruppi politici più o meno della stessa consistenza numerica. Il Nouveau Front Populaire, il macroniano Ensemble e il Rassemblement National che non è però una coalizione di tanti partiti come i primi due e in Assemblea sarà il primo gruppo parlamentare, solo le ingegnerie parlamentari hanno permesso la rielezione alla presidenza dell’Assemblea dell’uscente Pivot e che alla presidenza delle commissioni andasse in maggioranza al gruppo macroniano.

La Francia è il malato d’Europa e la sua instabilità politica potrebbe essere ancora più forte della sua instabilità economica, gigantesco debito pubblico e privato, disavanzo commerciale e nella più ampia bilancia dei pagamenti. Per usare dei paragoni storici il presidente Macron è un po’ meno Re Sole (Luigi XIV) e il declino politico di questo enfant prodige potrebbe portare la Francia ad una crisi profondissima, un po’ come Luigi XIV portò la Francia ad esser l’Impero dei cinque continenti ad essere una grandeur decaduta (il progetto di egemonia francese in Europa non riuscì), effetti che si ebbero poi con la Rivoluzione Francese o per esser più precisi con la Rivoluzione parigina del 1789 che depose il Monarca Luigi XVI e la sua consorte Maria Antonietta D’Asburgo ghigliottinati poi in piazza dopo un processo sommario.

Continuando in questa similitudine storica riferimento doveroso agli Stati Generali (Clero, Nobilità e Terzo Stato). Oggi in Francia la forza che più di ogni altra rappresenta il Terzo Stato (nuova borghesia emergente, piccoli professionisti, piccoli imprenditori, operai, artigiani, commercianti e contadini) è il Rassemblement national, che non governa solo grazie all’accordo di desistenza al ballottaggio del Clero-PFN e Nobiltà-Ensemble.

La vera battaglia elettorale sarà per la carica della presidenza della repubblica ad oggi fissata per il 2027, ma che potrebbe esser anticipata se l’attuale presidente continuasse con la sua arroganza, inviso a larga parte del corpo elettorale e del popolo francese; tale arroganza ed autoreferenzialità potrebbe costringerlo alle dimissioni e a nuove elezioni presidenziali anticipate.

Non occorre qui menzionare la disastrosa gestione delle Olimpiadi che – nel disegno di Macron – dovevano essere occasione di un prestigioso rilancio ed invece si sono rivelate un fallimento totale, tra la cerimonia più discussa e discutibile della storia (forse solo Berlino 19436 era stata così impregata ideologicamente) e la Senna inquinata che ha fatto di Macron il re delle sarcastiche vignette sui social di tutto il mondo.

L’Europa, se volesse davvero superare la crisi profonda in cui è precipitata, dovrebbe contare maggiormente sull’Italia, sulla sua affidabilità, sulla continuiutà del governo e delle sue politiche, sul realismo delle sue proposte. I nodi politici europei vanno sciolti prima che si aggroviglino sempre di più portando poi all’uso della “spada” e quindi portando poi  alla disgregazione della stessa Unione Europea, che resta opzione remota ed impossibile nel breve periodo, ma non nel medio-lungo periodo (la rielezione della presidente uscente della Commissione è una semplice vittoria di Pirro)

La transizione ecologica, la transizione industriale, digitale, energetica e nell’automotive nella più ampia Transizione 5.0 vanno portati avanti a piccoli passi, mediando con i ceti produttivi e non come imposizione verticistica e burocratica-autoritaria.

Inoltre l’Unione europea dovrebbe dotarsi di un Commissario alla Sovranità informatico-tecnologica e alla sicurezza dei dati digitali e per una Intelligenza artificiale che assicuri protezione alla Economia degli Stati europei, dopo il disastro del down informatico di Venerdì 19 Luglio che ha causato forti disagi in ogni settore economico e sociale.

Il destino e la Storia  della Unione Europea sono  nelle mani dei popoli  e non in quelli dei burocrati europei…

 

 

 

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Umberto Amato e avvocato e si occupa di amministrazione e finanza degli enti locali.

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