In un’azione di politica economica che si prefigga di rafforzare il tessuto produttivo, in particolare quello manifatturiero che rappresenta un perno decisivo per il futuro dell’Italia è fondamentale tenere conto di almeno tre punti fissi in un mondo che si sta prefigurando sempre più incerto e mutevole.
E’ importante quindi mettere basi solide sulle quali costruire e/o rendere sistemiche alcune certezze basilari per il mantenimento e il sostentamento dell’economia italiana con il modello che rappresenta nel mondo.
Per quanto concerne l’occupazione, da oltre un anno si dimostra quella meglio assestata nel panorama economico italiano nonostante l’andamento altalenante di altri elementi, dalle esportazioni agli investimenti che più hanno risentito sia delle incertezze geopolitiche sia di quelle relative al quadro normativo europeo e nazionale.
Al trend positivo e, in linea di massima, stabile dell’occupazione hanno concorso diversi elementi, tra cui lo stimolo all’offerta e alla domanda di lavoro che è seguito ad alcuni indirizzi della politica economica (ad esempio, quelli relativi al reddito di cittadinanza, oppure la conferma del taglio del cuneo contributivo sui redditi da lavoro medio-bassi).
In una congiuntura nella quale i consumi hanno consentito di mantenere un segno comunque positivo nella dinamica del PIL, nonostante l’impatto notevole conseguente all’aumento dei prezzi dei beni energetici e all’inflazione, prima, e alla progressiva restrizione prima monetaria e anche fiscale, in seguito, l’incentivo alla crescita dell’occupazione a tempo indeterminato previsto dalla riforma dell’Irpef e che ora diviene operativo, può contribuire a rendere strutturale l’aumento dei contratti e quindi il sostegno ai consumi.
Il primo è quello della riduzione degli oneri fiscali e contributivi, il cuneo molto ampio che grava sul lavoro dipendente e che riduce crescita dei consumi delle famiglie e limita la competitività delle imprese industriali.
Il secondo è quello delle agevolazioni per gli investimenti 5.0 per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi.
Senza gli incentivi per il nuovo capitale materiale e immateriale per innestare le innovazioni digitali nei processi produttivi, e per proseguire nella transizione energetica, la crescita della produttività delle imprese italiane resta frenata e così la loro proiezione sui mercati globali.
Il terzo pilastro riguarda un riassetto profondo e urgente del sistema di formazione delle competenze del lavoro.
Un livello di competitività adeguato a concorrere con i player esteri, un quadro normativo che indirizzi verso gli investimenti necessari per la manifattura del domani, e un impegno forte per colmare la domanda insoddisfatta di lavoratori esperti nel digitale, nella cibernetica, nei processi di trasformazione energetica, sono ingredienti necessari per confermare in futuro i recenti buoni andamenti sotto il profilo dell’occupazione e del mercato del lavoro.
Una volta messi in sicurezza tali importanti fattori le aziende saranno maggiormente in grado di far fronte ad altri fattori di rischio, il cui numero purtroppo sale di mese in mese.
Secondo una recente indagine del Global Risk Landscape 2024 fatta su un campione di 500 C-Level (top manager che hanno raggiunto il massimo livello esecutivo) attualmente le maggiori preoccupazioni derivano dai rischi legati alle interruzioni della catena di approvvigionamento e alle tensioni geopolitiche.
Particolare importante: un terzo utilizza l’Intelligenza Artificiale come strumento di gestione del rischio
La trasformazione dei fattori di rischio è sempre più veloce e mette sotto pressione le aziende.
Il 60% dei manager ha affermato che la velocità di evoluzione dei rischi sta aumentando progressivamente. Le imprese fanno, quindi, fatica a tenere il passo di queste rapide trasformazioni.
I rischi legati ai cambiamenti normativi si trovano addirittura al primo posto.
Rispetto a un anno fa, i rischi legati all’adattamento ai nuovi requisiti normativi è salito di più di dieci posizioni, conquistando il primo posto: sono la preoccupazione principale per il 37% degli intervistati (nel 2023 la quota era solo del 7%).
Questa crescita è con ogni probabilità dovuta al fatto che gli sviluppi nell’uso dell’intelligenza artificiale, i processi di digitalizzazione e i requisiti da rispettare hanno tutti una componente regolatoria che prevede potenziali sanzioni finanziarie onerose in caso di non conformità.
Al secondo posto si trovano i rischi legati alle interruzioni della catena di approvvigionamento, indicati dal 31% del campione, anche in conseguenza dei frequenti attacchi alle navi mercantili da parte dei ribelli yemeniti nel Golfo di Aden.
Al terzo posto si trovano, invece, i rischi derivati dalle tensioni geopolitiche (la guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente), evidenziati dal 26% degli intervistati.
Completano il quadro di incertezza gli interventi legislativi introdotti in Europa, relativi alle norme sulla privacy dei dati e all’Intelligenza Artificiale, che sono destinati a impattare in modo importante sull’attività delle imprese.
Inoltre, anche l’incertezza in ambito politico, sia a livello europeo, con le recenti elezioni, sia legata alle prossime elezioni negli Stati Uniti, sta contribuendo ad aumentare i fattori di rischio.
I cambiamenti normativi portano con sé, purtroppo, anche un aumento dei costi per le aziende, che spesso devono gestire l’integrazione di molteplici nuove normative contemporaneamente.
L’adattamento alle nuove regolamentazioni, inoltre, pone significative sfide alle imprese europee anche dal punto di vista dei tempi di implementazione che comportano quindi un ripensamento molto rapido dell’organizzazione e dei processi aziendali. E’ bene quindi affrontare tali rischi imminenti con i fondamentali a posto per sopportare al meglio situazioni di stress da parte del tessuto economico.