Il 19 giugno, il lavoratore agricolo Sikh indiano Satnam Singh è morto dissanguato essendogli stato negato un tempestivo soccorso. La sua morte ha attirato l’attenzione sulle condizioni terribili degli operai agricoli che lavorano come schiavi moderni nei campi italiani.
L’Italia ospita la più grande diaspora Sikh in Europa. Ufficialmente si stima che vivano in Italia oltre 70.000 Sikh, ma se si includono i migranti illegali il numero potrebbe essere molto più alto. I Sikh sono originariamente venuti in Italia dall’India in cerca di migliori opportunità economiche. Con loro hanno portato anche i loro problemi politici che ora sono diventati parte dell’ecosistema Sikh italiano. Mentre in India il Sikhismo è considerato parte dell’Induismo, essendo stato fondato per proteggere gli Indù dagli invasori islamici nel Medioevo, i Sikh stanno cercando di ottenere il riconoscimento del Sikhismo come religione in Italia. Questo non solo fornirebbe loro un motivo per rivendicare lo status di rifugiati religiosi per i migranti illegali appena arrivati, ma permetterebbe anche l’accesso ai fondi dell’8×1000 e la possibilità formale di stabilire Gurudwar (luoghi di culto e di riunione Sikh).
La comunità Sikh in Italia è mista. Per gran parte si tratta di gran lavoratori i quali si integrano nella società italiana con l’obiettivo di far crescere qui i loro figli. Sono cittadini ideali, rispettosi delle leggi e di grande valore per la società italiana. Sono anche fedeli al loro paese d’origine, l’India, dove hanno famiglie d’origine, forti legami e partecipano orgogliosamente alle funzioni dell’ambasciata indiana e ai meeting della diaspora quando i leader indiani visitano l’Italia.
Dall’altra parte c’è la lobby Khalistan in larga parte costituta da migranti illegali stabiliti in italia i quali combattono contro i migranti Sikh rispettosi della legge per il controllo delle Gurudwar, le quali attualmente sono solo associazioni culturali. Molti sono coinvolti in attività criminali e introducono lavoro illegale dall’India essendo direttamente coinvolti nel gestire migranti Sikh illegali traendo profitto dalla vulnerabilità di costoro.
Il movimento Khalistan (terra dei Khalasa, cioè dei Sikh) è emerso alla fine del XX secolo in India, principalmente negli anni ’80, guidato dalle richieste di maggiore autonomia per lo stato del Punjab e – per alcune fazioni – completa indipendenza dall’India. Fu aggravato dall’attacco della Primo Ministro Indira Gandhi al Tempio d’Oro Sikh ad Amritsar, attacco deciso anche per liberare il tempio dagli insorti Sikh che avevano preso in ostaggio diverse centinaia di pellegrini nel 1984. Indira Gandhi fu assassinata poche settimane dopo da due sue guardie del corpo Sikh. La reazione del governo fu feroce.
Da allora il movimento Khalistan si è spento in India così come nelle comunità della diaspora Sikh in tutto il mondo. Tuttavia, esso successivamente visto una rinascita negli Stati Uniti e in Canada anche a seguito degli gli sforzi di Sikhs For Justice (SFJ), un’entità non profit ora attiva anche in Italia. L’India ritiene che SFJ sia finanziata dall’agenzia di intelligence del Pakistan, l’ISI, e abbia un forte sostegno dalla Cina. SFJ spesso recluta Sikh coinvolti in crimini transfrontalieri, i quali usano la loro attività politica come copertura per rivendicare una protezione speciale dai mandati di arresto dell’India.
Il 23 giugno ha segnato il 39° anniversario del tragico attacco aereo di Kanishka, un evento che ha lasciato segni indelebili sulla comunità Sikh globale e sull’India intera. Fu il primo attacco terroristico all’estero contro l’India e i suoi interessi con la distruzione a mezzo bomba di un aereo in volo della Air India nel 1985. La strage fu organizzata da terroristi Sikh canadesi.
Il 23 giugno di quest’anno ha altresì visto uno scontro in Canada tra i separatisti Khalistani e membri della comunità indiana canadese che celebravano il memoriale della perdita dei loro cari. Con il primo ministro canadese Justin Trudeau che sostiene apertamente il movimento separatista Khalistan, la comunità Sikh radicalizzata e pro-Khalistan ha iniziato apertamente a minacciare la comunità indiana in Canada.
Infatti, il movimento Khalistan è oggi più attivo in Canada, dove Jagmeet Singh, un politico Sikh canadese, controlla la maggioranza parlamentare del primo ministro Trudeau. Ciò permette a SFJ di operare con controlli molto limitat, ed ora le attività di SFJ si sono diffuse anche in Italia. SFJ è specializzata nel radicalizzare i migranti Sikh di seconda e terza generazione io quali spesso hanno pochissimi contatti con l’India.
Con la crescita della comunità Sikh in Italia, la seconda generazione è a grande rischio di radicalizzazione violenta. Già i gruppi Khalistan Sikh in Italia hanno preso l’abitudine di minacciare regolarmente l’ambasciatore indiano in Italia sui social media e di organizzare proteste davanti l’ambasciata indiana. Se l’Italia non sarà attenta, il “modello Canada” potrebbe crescere anche qui. C’è una forte presenza pakistana in Italia ed è nell’interesse di SFJ e altri gruppi separatisti prendere di mira altri migranti indiani e creare una incrinatura nei rapporti tra Italia e India. La violenza serve anche a silenziare i Sikh rispettosi della legge e pro-India e a prendere il controllo della narrazione del Sikhismo in Italia. Non è solo una strategia politica, ma in gran parte un modo per controllare attività illegali come il traffico di esseri umani, quale quello strettamente legate alla forte presenza Sikh nella nostra agricoltura.
In conclusione, la morte di Satnam Singh deve suonare un campanello d’allarme contro il lavoro illegale, ma deve anche essere un richiamo alla necessità di mettere sotto la lente il ruolo del movimento Khalistan in Italia nelle attività illegali e clandestine. Diversamente l’Italia si troverà ad unirsi al Canada come obiettivo dei Khalistani.