Esteri

COSA RESTA DEL “NOSTRO” G7

È un G7 destinato a restare e a lasciare un segno, quello organizzato e presieduto da Giorgia Meloni in Puglia. Il primo vertice seguito alle significative elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo è stato un importante test per incardinare una serie di rapporti e di equlibri che – lentamente, come accade nelle relazioni internazionali – si vanno modificando a seconda delle sceklte degli elettori e del grado di autorevolezza, credibilità e coerenza messo in campo dagli attori politico-istituzionali.

Tre mi sembrano, nella sostanza, i tratti qualificanti del vertice di Borgo Egnazia..

1) Il primo è la confermata credibilità e autorevolezza della presidenza italiana e del nostro premier, al netto delle increspature registratesi nei rapporti con la Francia (su aborto e cosiddette questioni di “genere“) che non hanno però intaccato l’esito complessivo e largamente positivo del vertice grazie anche alle concessioni reciproche che hanno consentito di giungere a un testo condiviso delle conclusioni.

2) Il secondo è un’ulteriore testimonianza del fatto che il G7 si sta sempre più strutturando come “cabina di regia“ dell’ occidente globale in una fase in cui i nostri paesi e i nostri valori sono confrontati alle sfide poste dal cosiddetto “asse delle autocrazie”: Russia, Repubblica Popolare cinese, Iran e non solo……..

Si tratta di una “cabina di regia “ peraltro non chiusa in sé stessa ma opportunamente aperta a scambi proficui di valutazioni  con una varietà di potenze emergenti ed extra- europee. Come dimostrato dalla partecipazione alla sessione di outreach del vertice, in rappresentanza dei rispettivi paesi, di  figure cosi diverse come i presidenti di Argentina,  Brasile, Turchia e dello stesso Zelenski ( prodigo di elogi nei confronti dell’Italia e di Giorgia Meloni) del “leader” degli Emirati Arabi Uniti, Sceicco Mohammed Bin Zayed al Nayhan, del re di Giordania Abdallah II e del recentemente riconfermato primo ministro indiano Narendra Modi.

È una cabina di regia che, da ultimo, che mi sentirei di definire in continuità con il patrimonio pluri-secolare dell’occidente anche in termini valoriali e di eredità “classica”. Ne è prova, elemento del forte valore simbolico, l’appello dei leader del  G7 nelle conclusioni a una “tregua olimpica” in vista degli imminenti giochi di Parigi: “ Richiamiamo tutti i paesi a osservarla individualmente e collettivamente – si legge –  così come indicato nella Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottata il  15 dicembre del 2023”.

3) Il terzo elemento saliente risiede nella partecipazione per la prima volta di un Papa a un G7 (“una giornata storica“ l’ha giustamente definita Giorgia Meloni e anche, mi sento di aggiungere, un suo personale importante successo) con un focus sull’Intelligenza Artificiale (IA).

Tale approfondimento era una delle priorità indicate da Palazzo Chigi, in sintonia con il noto impegno di papa Francesco e della Santa Sede  “per dare un’etica agli algoritmi” ( la cosiddetta algoretica) e per pervenire  a una IA “ al servizio dell’uomo”. Promuoveremo una IA “sicura protettiva affidabile attraverso un approccio inclusivo”, si legge infatti nelle conclusioni  del Vertice.

 

I grandi “dossier” geo-politici

Doveva essere, quello di  Borgo Egnazia, il G7 di conferma della coesione occidentale a sostegno dell’Ucraina aggredita, anche attraverso l’utilizzo a beneficio di Kiev degli extra-profitti sugli asset congelati russi in Europa  e l’accordo, non scontato alla vigilia (ma cui si conferiva particolare valore in primis da parte della Casa Bianca) è  stato alla fine raggiunto grazie anche a un sostanziale contributo di  idee della presidenza italiana .

Nessun intoppo a livello politico, ma un cumulo di norme e tecnicismi applicativi sui quali però alla fine è stata trovata un’intesa di massima.

I Capi di Stato e governo si sono mossi lungo linee in buona misura già percepibili alla vigilia. Riaffermando cioè, da un lato, un “incondizionato sostegno all’Ucraina sin quando sarà necessario” e intimando, dall’altro, alla Russia di pagare i danni causati quantificabili a oggi, secondo la Banca Mondiale, in 486 miliardi di dollari .

Lo strumento per la gestione degli extra-profitti si chiamerà “Extraordinary Revenue Acceleration Loan for Ukraine“ e gestirà, rendendoli disponibili entro l’anno in corso, 50 miliardi di dollari a titolo di prestito a Kiev da parte di Paesi G7 garantito appunto dai sopra evocati extra-profitti sugli asset russi.

Che la  questione ucraina resti al centro delle preoccupazioni dei leader  del G7 è confermato del resto dalla partecipazione di questi ultimi (per gli Stati Uniti erano presenti la vice- Presidente Kamala Harris e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan) al  “Summit per la pace in Ucraina “ svoltosi a Burgenstock – nei pressi di Lucerna – il 15 e 16 giugno.

Quello in Svizzera è stato un incontro dall’esito interlocutorio sia per l’assenza (peraltro scontata) di Russia  e Cina sia per la mancata firma del documento finale – centrato sul “rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità di tutti gli Stati”- da parte di 12 paesi (sui più di 90 partecipanti), tra i quali esponenti di spicco dei BRICS come India, Brasile  Sud-Africa ed Emirati  Arabi Uniti (EAU).  Ma dal quale è uscita, comunque, una conferma – anche in vista di un ulteriore possibile vertice entro l’anno aperto questa volta alla Russia se Mosca vorrà partecipare – del sostegno alla causa ucraina di una larghissima parte della comunità internazionale.

L’evento, tenutosi a seguire rispetto al G7, ha consentito al nostro presidente del Consiglio di ribadire in termini efficaci l’appoggio dell’Italia a Kiev e l’inaccettabilità, anche per l’Italia,  delle recenti  proposte  di Putin: “Pace non significa resa come sembra suggerire il presidente Putin con le sue ultime dichiarazioni. Confondere la pace con la sottomissione costituirebbe un pericoloso precedente per tutti”, ha sottolineato a Burgenstock Giorgia Meloni.

Cina e Medio Oriente

Per tornare al  G7 di Borgo Egnazia va detto che esso si è rivelato compatto anche su due altre questioni centrali: Cina e Medio Oriente.

A Pechino viene dai Sette mossa l’accusa, da un lato, di foraggiare tramite materiale dual use la campagna militare russa in Ucraina; dall’altro, di drogare il mercato globale delle tecnologie, delle batterie, dei pannelli solari, ad esempio attraverso sussidi e incentivi  distorsivi delle regole del mercato globale.

Si tratta in sostanza – a conferma di un G7 in presa diretta con la realtà a cominciare da  quella dei    mercati – di quella sovracapacità

(overcapacity) che Washington da tempo denunzia chiedendo agli europei, Germania in primis, di allinearsi alla linea dell’intransigenza. Anche se nella Dichiarazione finale del vertice, per tenere conto di tutte le sensibilità e su input anche del nostro paese, da un lato viene ribadito che il G7 non cerca lo scontro con la Cina e non mira a indebolirne la l’economia; dall’altro, si invita Pechino (tema ripreso dal presidente Meloni nella conferenza stampa conclusiva) a cessare le sue pratiche anticoncorrenziali.

Si è registrata sintonia anche sul complesso dossier medio-orientale . Il punto di partenza della pertinente sezione del Documento adottato dal G7 è opportunamente rappresentato dalla “più ferma condanna del brutale attacco condotto da Hamas e altri gruppi terroristici contro Israele  lo scorso 7 ottobre”.

Si schiera inoltre –  apportando così alla stessa   un rilevante valore aggiunto in termini di  peso politico –  con la proposta di “cessate il fuoco immediato, di rilascio degli ostaggi da parte di Hamas e di un incremento significativo dell’assistenza umanitaria a Gaza”. Nelle conclusioni si ribadisce poi “la preoccupazione per le conseguenze sui civili dell’operazione in corso a Rafah”.

Il  capitolo si chiude con il riferimento ai futuri assetti, con il supporto dell’Autorità Nazionale palestinese chiamata ad auto riformarsi e a contribuire alla gestione del potere nella West Bank  e  poi, “dopo la fine del conflitto”, a Gaza.  L’obiettivo cui tendere è naturalmente la soluzione dei due Stati. E qui il G7  – altro appello con evidenti implicazioni prospettiche – invita ad astenersi da soluzioni unilaterali (ovvero il riconoscimento sin d’ora, e senza condizioni,  dello Stato palestinese) ma allo stesso tempo – a conferma di una approccio  equilibrato- chiama Israele a “fermare l’espansione degli insediamenti e a non legalizzare gli avamposti”.

Piano Mattei per l’Africa

C’e poi il capitolo Africa e quello, correlato, dell’immigrazione illegale. Anche in questo caso la presidenza italiana può vantare risultati importanti. In primo luogo perché nelle conclusioni del Summit – in linea con l’agenda e le priorità di Palazzo Chigi – si impegna il G7 a concentrarsi “sulle cause profonde dell’immigrazione irregolare, sugli sforzi per migliorare la gestione delle frontiere, frenare la criminalità organizzata transnazionale   e promuovere percorsi sicuri e regolari per la migrazione”. Altrettanto significativo l’impegno dei Sette Grandi – comprensibilmente gradito dalla presidente  Meloni – a “intensificare il sostegno ai paesi africani nei  loro sforzi per raggiungere lo sviluppo sostenibile”.

In secondo luogo perché il linguaggio sul Piano Mattei è passaggio che rappresenta un indubbio successo per l’Italia, a smentita di quanti hanno per settimane tentato di screditare l credibilità internazionale dell’iniziativa in corso, come noto,  di progressivo affinamento.

“Il partenariato del G7 per le infrastrutture e gli investimenti globali (PGII) – si legge nelle dichiarazioni finali del vertice – offre una cornice che utilizzeremo per promuovere la nostra visione di infrastrutture sostenibili . In questo senso accogliamo con favore il Piano Mattei”.

Si tratta di un richiamo esplicito al Piano Mattei che avalla, indirettamente,  anche quella visione di partenariato tra eguali e di rifiuto di un atteggiamento predatorio da parte occidentale nei confronti dei paesi africani che Giorgia Meloni ha ripetutamente (e giustamente) tenuto a presentare come l’elemento concettualmente qualificante della nostra iniziativa.

E tanti e importanti gli eventi a margine ….

Non è questa ovviamente la sede per una disamina dei tanti eventi/incontri  politici svoltisi a margine del vertice ai quali  lo stesso ha però offerto  un moltiplicatore di visibilità, nella splendida e curata cornice del borgo pugliese, per molti versi unico al mondo. Mi limiterò a citarne due di più diretto interesse per il nostro paese in quanto rientranti nelle priorità del nostro governo.

1) Il primo è rappresentato dal bilaterale che Meloni ha potuto avere nell’occasione con il presidente Biden a conferma di un eccellente rapporto  anche sul piano personale, grazie a una fiducia che Giorgia Meloni si è per così dire conquista sul campo: dal mai venuto meno sostegno all’Ucraina aggredita, al convinto atlantismo, all’approccio non ideologico  del nostro governo sui temi migratori valutato con favore da Washington   sino alla linea sulla Cina circa la quale l’incontro a due di Borgo Egnazia ha fatto registrare significative convergenze.

2) Il secondo degli eventi in questione risiede nell’atteso e annunciato accordo di sicurezza  firmato da Biden e Zelensky a margine del G7. E’ accordo, salutato come “storico” dal Presidente ucraino,  che non impegna ovviamente gli USA a difendere l’Ucraina con l’invio di truppe in caso di rinnovata aggressione. Ma impegna più semplicemente gli Stati Uniti a tenere con Kiev consultazioni ad  alto livello con l’amministrazione Zelensky entro 24 ore se l’Ucraina verrà nuovamente attaccata e promette che il  presidente americano lavorerà con il Congresso per dare ad esso concreta attuazione.

Gli Stati Uniti continueranno inoltre ad addestrare l’esercito del paese invaso, ad approfondire la collaborazione sulla produzione dell’industria bellica e a condividere con Kiev informazioni ancor più di quanto fatto sinora. In altri termini un’intesa con una forte valenza politica e di segnale a Mosca che Washington non abbandonerà l’Ucraina.

In conclusione, è uscita dal vertice pugliese un’importante conferma della centralità e affidabilità del nostro Paese e del nostro governo nell’attuale delicato contesto geo-politico,  così come delle eccellenti relazioni dell’Italia con partner appartenenti alle più diverse aree del mondo a cominciare da quelli  espressione del Sud globale presenti ampiamente rappresentati a Borgo Egnazia .

E’ un capitale prezioso, basato su risultati concreti, che il nostro esecutivo – forte anche del l’eccellente risultato conseguito  dall’attuale maggioranza alle recenti elezioni europee –  dovrà ( e certamente saprà) impiegare al meglio. Al servizio – oltre che dell’interesse nazionale, a cominciare dagli aspetti legati alle prossime nomine europee – di una visione dei rapporti tra Stati centrata sul rispetto del diritto internazionale, sulla fedeltà  alle nostre alleanze e alla costruzione  europea in divenire  nonché, da ultimo, su una visione del mondo e della persona, ferma quando necessario ma “non predatoria” (è proprio questo non a caso, come detto,  lo spirito del Piano Mattei) e  coerente con la nostra Storia e i nostri valori.

Autore

  • Gabriele Checchia

    È Presidente del Comitato Strategico del Comitato Atlantico Italiano e Direttore per le relazioni Internazionali della Fondazione Farefuturo. Già Ambasciatore italiano n Libano, presso la Nato e presso l’OCSE/ESA/AIE a Parigi.

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È Presidente del Comitato Strategico del Comitato Atlantico Italiano e Direttore per le relazioni Internazionali della Fondazione Farefuturo. Già Ambasciatore italiano n Libano, presso la Nato e presso l’OCSE/ESA/AIE a Parigi.

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