L’intelligenza artificiale, ad oggi, è uno degli argomenti più discussi in ogni ambito della vita sociale. Nel mondo del lavoro, da circa qualche anno, l’intelligenza artificiale è oggetto di profonde riflessioni ed approfondimenti riguardo il suo impiego. Particolare attenzione merita un analisi riguardo gli effetti e le conseguenze sulle nuove generazioni di “potenziali” lavoratori del prossimo futuro.
Ridurre l’oggetto della discussione tra favorevoli e contrari vuol dire banalizzare l’intero argomento senza magari capirne realmente tutti i contenuti piuttosto complessi e alimentare incertezze e paure totalmente infondate oppure al contrario creare aspettative prive di costrutto.
La prima riflessione opportuna da fare consiste nel dare una definizione a ciò che intendiamo per intelligenza artificiale e cercare di coglierne le principali correlazioni con il mondo del lavoro.
Da sempre i progressi tecnologici e le scoperte scientifiche nel corso della storia hanno indotto l’uomo a immaginare inevitabilmente un futuro in cui le innovazioni potessero contribuire a migliorare le proprie condizioni e stili di vita.
L’accostamento tra uomini e macchine fin dai tempi della prima rivoluzione industriale ha rappresentato un processo di profonda trasformazione riguardo il modo di concepire il mondo del lavoro in riferimento alla nuova dimensione sociale dell’uomo riguardo la sua collocazione nell’ambito dei nuovi processi produttivi industriali. Se da un lato quel periodo storico ha dato origine nel corso degli anni ad un processo di emancipazione sociale dell’uomo, è grazie al movimento operario e le prime lotte sindacali, che nasce e si affermano i primi diritti e tutele in favore dell’uomo lavoratore.
Questo, soprattutto all’inizio, ha rappresentato un argine allo sfruttamento indiscriminato. Tutto ciò, però ha contribuito inevitabilmente e progressivamente alla nascita e diffusione del socialismo, come ideologia politica, che sebbene avesse nei suoi programmi l’affermazione di principi di giustizia sociale al contrario nei suoi obiettivi in realtà si prefiggeva di conseguire l’abolizione della proprietà privata e l’intera e progressiva collettivizzazione della società, ponendo quindi le basi per realizzare una società totalitaria comunista. L’alternativa a questo modello di società era l’affermazione del capitalismo, attraverso sistemi di ricchezza speculativi.
Una visione antitetica di società, rispetto a questi due modelli descritti è stata espressa dalla Chiesa Cattolica attraverso le encicliche sociali. Fondamentale è stato il contributo dottrinale della “Rerum novarum” riguardo la dimensione sociale dell’uomo nel mondo del lavoro mediante l’affermazione nel campo sociale dei principi del diritto naturale. In questa importantissima enciclica viene descritto l’alto valore dell’ istituto della proprietà privata e la libertà dell’uomo in relazione al ruolo dello Stato, fondamentale è l’importanza attribuita ai corpi intermedi e l’associazionismo . Tutto ciò pone le fondamenta al riconoscimento della società naturale in totale antitesi al mito della società socialista.
Nella metà degli anni trenta, l’uscita nelle sale cinematografiche di “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin (prima negli Stati Uniti e poi nel resto d’Europa) descrive, in chiave sociologica, l’alienazione della condizione umana nelle dinamiche del lavoro. Attraverso la comicità del protagonista viene descritta l’aberrazione dei processi automatizzati nell’interno delle fabbriche. Emblematica la scena del film, nella parte iniziale, in cui il personaggio Charlot svolge il proprio lavoro nella catena di montaggio di una fabbrica industriale a ritmi forsennati! Ed a un certo punto non si accorge di essere “risucchiato” dall’intero macchinario per uscirne poi totalmente stravolto! E quindi cambiato! Potremmo oggi definire quel film di circa novanta anni fa come profetico dell’uso esaperato della tecnologia nel mondo del lavoro.
Detto questo, in sintesi possiamo quindi definire oggi l’intelligenza artificiale, connessa al mondo del lavoro, come la capacità di fornire ausilio alla volontà dell’uomo (ed in alcuni casi perfino di sostituirlo totalmente!) nel dirigere, organizzare, svolgere (ed anche sanzionare! ) una prestazione lavorativa.
Fatte queste premesse potremmo iniziare a considerare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in settori aziendali quali ad esempio selezione e gestione del personale.
Ad’ oggi molte aziende impiegano sistemi d’intelligenza artificiale già nelle fasi di selezione del personale, utilizzando software informatici di ricerca di forza lavoro utile all’azienda con lo scopo di reperire figure professionali idonee al fabbisogno aziendale. Questo potrebbe essere considerato un aspetto positivo, nel momento in cui la ricerca attraverso l’uso di un metodo tecnologico garantisca il reperimento nel mercato del lavoro della figura professionale “più preparata e idonea” a svolgere una specifica mansione. Facendo prevalere la piena affermazione (quantomeno nelle fasi di selezione del personale) di un principio meritocratico. Non dimentichiamo però che la predisposizione di una potenziale forza lavoro a lavorare in team ed in piena sinergia con il resto del contesto aziendale necessita di una valutazione specifica ad opera dell’uomo che non possa essere relegata unicamente attraverso la scelta ad opera dell’ IA.
La gestione del personale e di conseguenza l’organizzazione del lavoro in alcuni contesti aziendali è stata già caratterizzata dal cosiddetto uso degli algoritmi informatici . Emblematico è stato il caso dei riders, addetti della logistica deputati alla consegna di merci a domicilio. Da sottolineare, in molti casi, a seguito di ciò, il verificarsi di numerosi problemi di natura aziendale che sono sfociati nel contenzioso giudiziario. L’auspicio è che una normativa europea possa essere il corollario alle legislazioni nazionali ed evitare velate situazioni di sfruttamento ad opera soprattutto di aziende multinazionali.
Alcuni studi e e ricerche hanno analizzato le possibili conseguenze derivanti dall’impiego dell’IA nei diversi contesti lavorativi. Pertanto, se da un lato l’impiego di IA è maggiore in quei contesti altamente tecnologici, ad esempio in ambito commerciale e finanziario in cui il lavoro riguarda l’utilizzo e la trasformazione di dati e informazioni nonchè il loro trasferimento al contrario l’utilizzo di IA è minore per quanto riguarda l’impiego manuale attraverso tecniche artigianali di lavoro ad opera dell’uomo. Fatta eccezione per quei lavori manuali presenti nelle catene di montaggio, in cui la robotica e l’automazione hanno già sostituito da anni il lavoro degli operai. Pertanto, fatte queste premesse la destra italiana, attraverso Fratelli d’Italia, oggi primo partito di governo, deve essere promotrice di una serie di politiche del lavoro in grado di garantire l’attuale transizione.
E’ inevitabile che per effetto dell’ l’IA molte figure professionali rischiano di sparire completamente determinando inevitabilmente ripercussioni di carattere sociale.
In conclusione, politiche mirate soprattutto alla formazione sono l’unico antidoto per garantire reinserimento lavorativo nell’ambito di questi nuovi processi tecnologici, in cui l’IA può essere considerata come una opportunità e non più come un pericolo.
Il tema del lavoro ha rappresentato e rappresenta per Giorgia Meloni un obiettivo prioritario della sua agenda di governo. I dati riguardo l’occupazione sono in continuo aumento ed hanno confermato in termini positivi quanto già realizzato attraverso le politiche relative il progressivo superamento del reddito di cittadinanza.
Di lavoro se ne discuterà anche al prossimo G7 in Puglia a metà giugno, una settimana dopo che si sarà votato per l’elezioni europee.
Il primo partito italiano per consenso popolare ha il dovere di fornire un contributo programmatico magari attraverso la stesura di un documento politico da presentare in quella sede riguardo l’utilizzo nelle dinamiche del lavoro dell’intelligenza artificiale. Facendo prevalere nei contenuti che i rapporti che sussistono tra tecnologia, innovazzione e dinamiche del lavoro non devono essere forniti attraverso logiche prettamente giuridiche o di natura economica ma devono rispondere a logiche di tipo valoriale, etico e morale creando il giusto presupposto alla formulazione di un messaggio autenticamente politico.