Sono numerosi e molto allarmanti i segnali circa la gravità del omento presente: le recenti esternazioni di fonte tedesca ( Ministro della difesa, servizi di “intelligence”…..) quanto alla possibilità di un attacco russo a un Paese europeo della NATO entro i prossimi 5-8 anni; le recenti dichiarazioni del presidente della Commissione intelligence della Camera (il repubblicano Mike Turner) in merito alla “minaccia alla sicurezza nazionale americana” derivante da recenti iniziative russe nello spazio; gli ultimi sviluppi sul terreno caratterizzati da significativi successi tattici di Mosca sul fronte ucraino (da ultimo con la riconquista di Adiivka al termine di feroci combattimenti).
Ne derivano, nell’immediato, la necessità e l’urgenza per l’Europa di dotarsi di proprie capacità di deterrenza e difesa nei confronti delle mire del Cremlino, ancor più alla luce delle recenti affermazioni di Donald Trump circa un possibile disimpegno statunitense dalla NATO nel caso di un suo ritorno alla Casa Bianca a seguito delle presidenziali del prossimo autunno.
Nel secondo anniversario dell’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina (con un Putin più che mai padrone del campo nel suo Paese ancor più dopo la eliminazione della coraggiosa figura di Alexei Navalny ) è in sostanza il nostro Continente a trovarsi, per tutti motivi cui sopra, per così dire in prima linea.
La Conferenza di Monaco
Non a caso, se appena un anno fa gli occhi di tutti erano puntati alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco sul cosiddetto piano di pace cinese per Kiev, nella speranza a oggi rivelatasi purtroppo illusoria, che la Cina potesse esercitare una qualche pressione su Putin, oggi è all’Europa che spetta muoversi per garantire la propria sicurezza (naturalmente di concerto con la NATO) e quella della regione nel suo complesso.
Sicurezza e difesa devono in altri termini tornare in testa all’agenda europea, ma sul serio. E’ questo il messaggio uscito con forza anche dalla più recente edizione della Conferenza di Monaco tenutasi quest’anno al Bayerisher Hof, così come dalla riunione dei Ministri degli Esteri del G7 svoltasi a margine sotto la presidenza di Antonio Tajani nella veste di rappresentante del Paese che esercita la presidenza di turno del G7.
E’ stato lo stesso presidente ucraino Volodymir Zelensky , accolto a Monaco dai partecipanti con una “standing ovation”, a chiamare in causa I Paesi europei.
“Forse per l’Europa è arrivato il momento in cui la questione dell’articolo 5 del Trattato NATO (vale a dire quello, cruciale, sull’obbligo di difesa collettiva di un Alleato che si trovasse sottoattacco di uno Stato terzo) non è più una questione per Washington ma per le capitali europee” .Lo ha detto Zelensky dal palco di Monaco con formula non si può più chiara. Dobbiamo rendere la sicurezza nuovamente una realtà nel 2024 perché, ha proseguito Zelensky, “se non agiamo Putin renderà i prossimi anni catastrofici anche per altre Nazioni”.
D’accordo con lui si è detto, tra gli altri, il Cancelliere Scholz che si è così espresso al riguardo: “Indipendentemente da come finirà la guerra della Russia in Ucraina o dall’esito delle prossime elezioni sulle due sponde dell’Atlantico , una cosa è chiara: noi europei dobbiamo occuparci molto più della nostra sicurezza “.
Va nella stessa direzione la proposta avanzata a Monaco dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di istituire – se confermata, dopo le elezioni europee del prossimo giugno, alla guida dell’esecutivo comunitario – un Commissario europeo per la Difesa: incarico, ha significativamente aggiunto, che potrebbe essere affidato a un esponente di un Paese membro diarea est-europea”.
E’ proposta fortemente innovativa, come il momento richiede, con la quale il Ministro Tajani si è detto pienamente d’accordo tenendo al contempo opportunamente a precisare (in linea con gli orientamenti più volte espressi al riguardo dal Presidente Meloni) che “NATO e difesa europea non sono e non debbono essere in contrasto tra loro e che un futuro esercito europeo potrà anzi rafforzare il peso e il ruolo dell’Europa nell’alleanza atlantica”.
Sostanzialmente sulla stessa linea il Segretario Generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, anch’egli presente a Monaco. Sono favorevole, ha detto, a maggiori sforzi complementari tra la UE e la NATO ma la NATO ( e mi sembra difficile non convenire) resta la pietra angolare della sicurezza europea.
Non è bene, ha aggiunto Stoltenberg “una competizione su tale terreno della UE con la NATO ma la von der Leyen è stata fortunatamente molto chiara al riguardo”.
Sostegno a Kiev
Vi è stato un punto di saldatura tra le discussioni svoltesi nel quadro della citata Conferenza di Monaco, alla quale gli Stati Uniti sono stati presenti anche quest’anno, a conferma del rilievo che la Casa Bianca conferisce all’evento, con la vice-Presidente Kamala Harris e col Segretario di Stato Blinken – e quelle tenutesi nell’ambito della riunione “a latere” dei Ministri degli Esteri del G7 – la prima sotto presidenza italiana. È emerso infatti – il condiviso convincimento circa la necessità (e, direi, il dovere morale) di non abbandonare Kiev al proprio destino.
Ciò vale in particolare per la riunione informale del G7 a livello Ministri degli Esteri con la partecipazione del loro omologo ucraino , Dmytro Kuleba. Riunione apertasi, su proposta del vice-premier e Ministro Tajani, con un minuto di silenzio peronorare Alexei Navalny seguito da un invito al Cremlino dello stesso G7 “ a porre fine all’inaccettabile persecuzione del dissenso politico , nonché alla repressione sistematica della libertà di espressione e all’indebita limitazione dei diritti civili”.
Del prioritario rilievo conferito dai capi delle diplomazie del G7 alla questione ucraina è testimonianza tra l’altro il passaggio della dichiarazione rilasciata alla stampa di Antonio Tajani , in qualità di Presidente delle riunione, con il quale egli fa stato del fatto che “ i Ministri degli Esteri del G7- oltre a sottolineare una volta di più che “ la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina costituisce una palese violazione dei principi stessi della Carta delle Nazioni Unite – ribadiscono la loro “incrollabile determinazione a continuare a sostenere l’Ucraina nella difesa
della sua libertà, sovranità indipendenza e integrità territoriale all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale” ed elogiano “l’eccezionale resistenza e perseveranza dell’Ucraina”.
Aggiunge il vice-premier e Ministro Tajani nella sua dichiarazione che i “membri del G7 hanno altresì confermato che, insieme ai partner internazionali, stanno facendo rapidi progressi con l’Ucraina su impegni e accordi di sicurezza specifici , bilaterali e lungo termine. Hanno anche espresso la loro determinazione a continuare a coordinarsi con i partner per fornire sostegno militare, finanziario, politico , umanitario, economico allo sviluppo dell’Ucraina e al suo popolo nonché a rafforzare le sanzioni contro la Russia e coloro che sostengono materialmente la sua guerra”.
In sostanza, come rileva Francesco Bechis in un recente articolo su “Il Messaggero”, “passa dal tavolo quadrato della riunione G7 (che ha trattato naturalmente anche altri temi: da quelli legati alla crisi di Gaza alle ribadite preoccupazioni per l’escalation del programma nucleare iraniano) il rilancio del soccorso occidentale all’Ucraina in guerra”. E se è lo stesso Tajani a precisare che “non siamo in guerra con la Russia”, resta ferreo il sostegno italiano all’Ucraina aggredita.
Da un lato, con l’ottavo pacchetto di aiuti con le munizioni per la difesa aerea richiesto con insistenza da Kiev (pacchetto che, secondo quanto anticipato a Monaco da Tajani sarebbe ormai in dirittura di arrivo); dall’altro, attraverso un accordo bilaterale di sicurezza fra Italia e Ucraina che, secondo quanto è dato sapere, il nostro Presidente del Consiglio è pronto a firmare con Zelensky nelle prossime settimane.
Si tratta di accordo, messo a punto a livello tecnico di concerto con la parte ucraina , che rientra sotto l’ombrello G7, non dissimile nella sostanza da quelli firmati con l’Ucraina da Francia e Germania in occasione delle recenti visite di Zelensky a Parigi e Berlino.
E’ intesa cui il nostro Presidente del Consiglio molto tiene – in coerenza con il suo costante sostegno alla causa ucraina- e che, stando a fonti stampa, potrebbe decidere di firmare di persona in occasione di una sua imminente visita a Kiev.
La tempistica conta ….
La tempistica in questo caso conta infatti, e non poco.
Mentre sull’Europa , si osserva da più parti , si staglia l’incognita Trump e quella di un possibile stop delle forniture americane di armi a Kiev gli alleati ( sia in ambito UE che G7 e NATO) stanno di fatto già lavorando a un piano B: un meccanismo di sostegno autonomo di cui, appunto, farà parte anche l’Italia .
E – a conferma della credibilità acquisita dal nostro Governo e dal nostro Paese anche su tale versante – proprio l’Italia ospiterà a Roma il prossimo anno la conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina al cui buon esito stanno da tempo lavorando sia il Presidente Meloni che il vice-Presidente Tajani e il Ministro Urso .
Un momento in altre parole, quello che stiamo vivendo, nel quale si intersecano – con riferimento al nostro atteggiamento nei confronti della Russia di Putin ( non più invitata al Forum di Monaco da quando ha invaso l’Ucraina) – fattori di varia natura.
Fattori che riguardano a un tempo la nostra azione di contrasto all’autoritarismo dello Zar Putin e la nostra doverosa difesa dell’Ucraina, che di tale autoritarismo è vittima di eccellenza.
Non è un caso che proprio una russa in esilio , Marina Livtinenko, vedova di Alexander (fisico devastato dal polonio nel 2006 quale punizione per la sua coraggiosa opera di opposizione al regime) abbia osservato a margine dei lavori della conferenza di Monaco che “ la resistenza a Putin si trova ormai sulla linea del fronte tra Ucraina e Russia”.
In sostanza, ci fa capire la Russia del dissenso, nel difendere l’Ucraina si difendono ormai anche i valori di libertà e democrazia in Russia semmai un giorno essi dovessero prendere piede in quel tormentato Paese. E nello stesso senso va il messaggio lanciato nei giorni scorsi con il social X da Stoltenberg: “ E’ urgente e indispensabile continuare a sostenere l’Ucraina. E’ il miglior modo per rendere omaggio alla memoria di Navalny”.
Ora cosa ci aspetta
Osserva Stefano Stefanini in un suo recente editoriale su La Stampa: “c’era un’autentica commozione nella sala che ha accolto con una ripetuta “standing ovation” le parole pronunziate dalla vedova di Navalny, Yulia Navalnaya anch’ella presente alla conferenza di Monaco. Ma, calato il silenzio sul pathos, cosa rimarrà sul fronte della difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa. Perché il problema, oggi , è tutto lì”.
Domanda più che legittima alla quale non è facile dare risposta. E’ certo però che i segnali emersi dalla Conferenza di Monaco e dal parallelo G7 a livello Ministri degli Esteri inducono a ritenere che, anche una volta “calato il silenzio sul pathos”, il fronte della concreta difesa dell’Ucraina non scomparirà dal radar apparendo anzi destinato a trovare nuova linfa (pur se non necessariamente nella misura richiesta dal drammatico frangente attuale ) proprio nelle iniziative del G7 a guida italiana che ho sopra evocato.
E deve essere per tutti noi motivo di orgoglio constatare che il Presidente del Consiglio e il nostro governo si stanno muovendo al meglio – in tutte le sedi appropriate e in raccordo con i nostri alleati -per scongiurare lo scenario di un’Ucraina abbandonata al proprio destino, così come quello non meno inquietante di una Russia imbaldanzita e convinta che la coesione sinora mostrata nei suoi confronti dall’ Occidente finirà, prima o poi, per cedere il passo a una rassegnata accettazione della legge del più forte.
Un’Italia, per riprendere le parole di Giorgia Meloni nel suo discorso di investitura, “ non più anello debole dell’Occidente e parte a pieno titolo e a testa alta dell’Alleanza atlantica“ costituisce infatti, di per sé, una garanzia importante contro i rischi di derive in Europa nel senso indicato.
Che è poi quanto i nostri alleati si attendono da noi anche come Presidenza in esercizio del G7 in un anno, come quello da poco iniziato, nel quale il confronto tra il mondo democratico e le autocrazie appare destinato a divenire se possibile ancora più aspro.
Rivelatrici al riguardo, e ragione di più per tenere alta la guardia anche nel nostro Paese, le parole pronunziate da Dmitry Medvedev , ex Presidente ed ex-premier russo, sull’esistenza di “forze anti-sistema nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo “ che Mosca “ deve sostenere perché porteranno alla fine del globalismo liberale”.
Sarà anche questa la posta in gioco in occasione delle elezioni europee del prossimo giugno del dalle quali c’è da augurarsi emerga un maggioranza (che sia una rinnovata “coalizione Ursula” o una basata su un solido asse PPE- ECR) in grado di tenere a bada i settori filo-putiniani presenti purtroppo anche in seno al Parlamento europeo.