Tenuto conto dell’andamento dell’ultimo trimestre 2023, delle manovre economiche, tranches del PNRR e dichiarazioni/decisioni ella BCE possiamo abbozzare una previsione per il 2024 per l’Italia immaginando una prima parte (almeno fino a giugno) ancora debole con una parziale ripresa nel secondo semestre per poi accelerare nuovamente nel 2025. Le principali agenzie di rating e analisti internazionali vedono una stima di crescita per l’economia italiana allo 0,7% per il 2024.
Purtroppo, nella prima parte del 2024 peseranno ancora gli effetti della restrizione monetaria. Una maggiore capacità di spesa dei fondi PNNR appare cruciale per una nuova accelerazione della crescita attesa dalla seconda metà del prossimo anno. La ripresa post-pandemica in Italia stava già rallentando a fine 2022, quando, al di là della volatilità su base congiunturale del PIL, è iniziata una fase di crescita molto blanda sia pure migliore rispetto al resto d’Europa.
Il 2023 è atteso chiudersi con un’espansione media dello 0,7%; a pesare è stato, da fine 2022, lo shock energetico e inflazionistico sui quali, successivamente, si sono innestati gli effetti della restrizione monetaria ed un calo dei bonus edilizi. La stretta monetaria avrà il suo massimo picco tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 con l’ultimo aumento dei tassi a settembre 2023 nonostante la contrarietà di quasi tutte le cancellerie europee.
Di conseguenza anche per l’anno prossimo, ad oggi, si prevede un incremento del PIL di circa lo 0,7% (in linea con il 2023).
Tuttavia è plausibile il subentrare di due elementi cruciali che potrebbero, se attivati per tempo, tramutarsi in due importanti fattori di ripresa: il recupero del reddito disponibile reale delle famiglie (molti rinnovi di contratti collettivi nel 2023 e alcuni previsti per il 2024) e l’accelerazione dei flussi di spesa effettiva finanziata dal PNRR.
Essi, in linea teorica, dovrebbero poter prevalere sui freni derivanti dal rialzo dei tassi e dalla stretta sui bonus edilizi solo nella seconda metà del 2024, gettando le basi per una accelerazione del PIL attesa ora in media d’anno solo nel 2025 (a 1,2%).
Gli investimenti, dopo l’eccezionale recupero del biennio 2021-22, hanno visto una brusca frenata già quest’anno; d’altra parte le aziende, nonostante la necessità di continui rinnovamenti di macchinari e impianti, sono scoraggiate dal rialzo dei tassi e dalla stretta sui bonus edilizi e li stanno rimandando. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, al riguardo ha proceduto allo stanziamento di circa15 miliardi di euro a sostegno delle attività produttive rifinanziando ad esempio la L. Sabatini molto gradita e utilizzata massicciamente negli anni scorsi.
La riforma della normativa del Fondo Centrale di Garanzia dovrebbe portare un ulteriore segnale di fiducia da parte dello Stato nel favorire gli investimenti unitamente all’innalzamento del tetto del De Minimis da 200 a 300mila euro. Rimane inalterato l’apprezzamento del Made in Italy nel mondo per cui nel 2024 ci si attende un moderato recupero dei flussi commerciali con l’estero, atteso poi rafforzarsi nel 2025.
Un altro elemento che consente, sia pure in un quadro internazionale molto delicato, di essere positivi è il settore occupazionale che continua a essere un importante elemento di supporto dello scenario; l’Italia è entrata nello shock inflazionistico con un mercato del lavoro consolidato, con un eccesso di domanda (evidenziato dall’elevato tasso di posti vacanti) che ha fatto sì che il contenuto aumento del PIL dell’attività economica vista nell’ultimo anno non si sia tradotta in un significativo aumento della disoccupazione (numero di occupati, tasso di occupazione e di attività hanno toccato nuovi massimi storici).
Come noto, il progressivo abbandono del reddito di cittadinanza ha portato molti a riaffacciarsi sul mercato del lavoro e a trovare un’occupazione. Il tasso di disoccupazione ha toccato un minimo a 7,5% a giugno, e successivamente è risalito sino al 7,8% in ottobre; le intenzioni di assunzione delle indagini di fiducia delle imprese restano superiori alla media storica ma si sono fatte meno espansive (non solo nell’industria ma anche nei servizi).
In sostanza, le aziende assumerebbero di più se vi fossero condizioni più stabili sui mercati internazionali, prezzi materie prime e tassi calmierati, ma attendono, come si dice, tempi migliori. Questi dati dovrebbero rimanere tali anche nel primo periodo del 2024 poiché il rallentamento degli investimenti delle aziende porterà ad un mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
Il processo disinflattivo continua, ed è anzi più rapido del previsto: l’inflazione armonizzata, dopo il picco a 12,6% di ottobre-novembre 2022, è calata sino a raggiungere il 5,7% a novembre 2023. Il Governo è intervenuto con una manovra di bilancio espansiva per lo 0,7% del PIL, imperniata sui tagli fiscali (proroga della riduzione del cuneo contributivo e accorpamento delle prime due aliquote Irpef); l’anno prossimo il disavanzo dovrebbe scendere al 4,4% del PIL per essere mantenuto tale sarà necessario trovare ingenti risorse (oltre 15 miliardi) solo per prorogare i tagli fiscali presentati nella Legge di Bilancio 2024 come strutturali ma finanziati solo sino alla fine del prossimo anno.
Il rapporto debito/PIL è calato al 141% nel 2023. Si dovrà purtroppo tenere conto degli ingenti danni provocati dal superbonus sull’edilizia che ha, di fatto, messo una pesante ipoteca sulle prossime finanziarie. Tuttavia, con merito, l’Italia ha incassato il via libera della Commissione alla revisione del PNRR, ed è stato raggiunto un accordo per lo sblocco entro fine anno della quarta rata da 16,5 miliardi, che porterebbe il totale ricevuto sinora a circa 102 miliardi, ovvero oltre la metà dell’importo totale del piano (salito a 194,4 mld).
La revisione rimodula diverse scadenze, e di conseguenza l’importo atteso delle rate, al ribasso per il 2024 (quando l’Italia riceverà quasi 10 miliardi netti in meno).
La rimodulazione degli obiettivi (non solo sugli investimenti ma anche sulle riforme), l’abbandono dei progetti di più difficile realizzazione e lo spostamento di risorse dagli interventi diretti del Governo ai contributi agli investimenti privati potrebbero in prospettiva migliorare il quadro generale. Per quanto sia ovvio, soluzioni significative alle guerre in corso, un voto europeo orientato su una maggioranza conservatrice e le elezioni americane previste a fine 2024 potrebbero facilmente portare ad ulteriori cambiamenti del quadro economico sia nazionale che internazionale.