A leggere le articolesse dei giornaloni o, ancor peggio, ad ascoltare sino allo sfinimento la maggior parte dei talk televisivi, dopo un anno di governo Meloni l’Italia sarebbe sull’orlo del baratro. Si ripetono e rimbalzano sulle prime pagine o nei dibattiti tv le parole “fallimento”, “inadeguatezza”, “incompetenza” e via denunciando. Un onnipresente opinionista ha definito l’attuale compagine governativa “la peggiore classe dirigente degli ultimi decenni”. L’elenco sarebbe sterminato; e comunque sappiamo tutti di cosa e di chi sto scrivendo.
Le poche voci diverse, che provano a ragionare contrapponendo cifre e provvedimenti, azioni e iniziative, faticano a farsi ascoltare, perché accusatori e odiatosi professionali sembrano muoversi in branco, paiono vivere all’interno di una bolla, immersi dentro una realtà parallela che non ha punti di contatto con il mondo reale. Eppure non sarebbe difficile prendere atto di verità inconfutabili. Una su tutte? Ad un anno dal voto del settembre 2022 il giudizio degli elettori non è cambiato affatto. Anzi. Tutti i sondaggi – letti singolarmente o secondo la media ponderata tra le diverse rilevazioni – forniscono un dato oggettivo: l’insieme dei partiti del centrodestra aumenta i consensi, in particolare Fratelli d’Italia.
Viene da sorridere ripensando a un titolo de “la Repubblica” che sottolineava come il partito di Giorgia Meloni fosse sceso sotto il 30 per cento attestandosi quasi al 29; come dire che FdI avrebbe subìto un calo rispetto a un sondaggio precedente e non fosse invece aumentato (com’è realmente accaduto) di quasi tre punti rispetto al voto di anno fa.
Proprio osservando attentamente i numeri del presente (ipotetici ma consolidati da tutte le rilevazioni) dovrebbero fornire alle opposizioni tutte – intendo quelle politiche, come quelle mediatiche e intellettuali – molti spunti di riflessione.
Cosa vuol dire che il centrodestra ai confermerebbe nettamente maggioranza, se si votasse ora? Proviamo a darci delle risposte.
La prima. Chi voterebbe di nuovo per l’attuale maggioranza è evidentemente convinto che, nella difficilissima e complicata situazione (guerra in Ucraina, politica dei tassi della Bce, immigrazione incontrollata) nessun altro governo, tecnico o di diverso colore politico, riuscirebbe a fare di più e meglio dell’attuale. Anzi…
La seconda. Gli elettori confermerebbero le scelte del ‘22 perché, con quel voto “utile” sanò l’anomalia italiana che aveva visto una parte politica ritrovarsi stabilmente al governo (con l’eccezione di un anno sugli ultimi dieci) senza avere mai vinto le elezioni.
Terza risposta, legata alla seconda. I ribaditi orientamenti degli elettori confermano che, nella maggioranza degli italiani, esiste e resiste un sentimento radicato e tuttora fortissimo. Berlusconi negli anni Novanta lo chiamava anticomunismo e vinse le elezioni per tre volte le elezioni anche su questo tema. Oggi lo si potrebbe definire sentimento anti-sinistra, ma la sostanza è identica. Per il 60/70 per cento degli italiani la sinistra deve essere tenuta alla larga dal governo della Nazione; una sinistra, peraltro, che ha sostituito le lotte sociali con la proposta della settimana breve (quattro giorni di lavoro e tre di riposo) che sembra una scenetta del programma “Scherzi a parte”. Non solo. Ma avendo scelto una lista di priorità che vede al primo posto i diritti delle minoranze Lgbtq eccetera, il Pd della Schlein (e di Zan) si autocondanna a diventare un vero e proprio partito radicale sede di Pannella (come peraltro è confermato anche dalla scelta di sostenere il radicale Cappato nelle elezioni di Monza per sostituire Silvio Berlusconi in Senato.
Quanto ai Cinquestelle, il declino pare irreversibile e il cammino verso la fine dei sogni di gloria (e di Conte) si misura anche nella stridente contraddizione tra la difesa del reddito di cittadinanza e la paghetta che il partito elargisce (300mila euro annui) al suo fondatore/affondatore Beppe Grillo.
Delle due l’una. O queste opposizioni presuntuose e ottuse cambiano paradigma, smettendola di gridare “al lupo!” e provando a elaborare una proposta credibile e alternativa alle scelte del governo in carica, oppure torna valida la battuta di chi ha tratto la conclusione che, fino a quando ci saranno queste opposizioni sconclusionate e inconcludenti, Giorgia Meloni ha davvero i… decenni contati.