Il nostro sistema imprese, lo sappiamo, è composto al 95% di #pmi, la maggior parte delle quali famigliari. Sono il vero scheletro del Sistema Paese che ha dimostrato resilienza ed elasticità anche nei momenti più difficili come il #covid_19.
Ora dobbiamo concentrarci su un obiettivo non più rinviabile, quello di consolidare e rafforzare queste realtà per proteggerle dai rischi di mercato e metterle in condizione di competere.
Riassumo i pericoli all’orizzonte:
– la guerra in Ucraina e i contesti geopolitici globali non sembrano mostrare segnali di rallentamento delle tensioni, anzi, si affaccia l’incognita Cina e le relazioni con Usa e Africa, nonche’ l’annoso nodo Taiwan;
– i tassi monetari sia #bce che #fed non vanno nella direzione di riduzione anzi ci troveremo nei prossimi mesi a un rischio di ulteriori aumenti;
– Covid19 ha ridisegnato le filiere mondiali di approvvigionamento con fenomeni come #reshoring e #deglobalizzazione che stanno interessando i principali Paesi Europei (e non solo);
– L’#inflazione non sembra arrestarsi spinta ancora dai costi degli approvvigionamenti di energia e gas e delle materie prime. In Europa assistiamo a un’inflazione da offerta e molte industries non sono riuscite ad adeguarsi al nuovo contesto di mercato;
– L’incognita Cina che si sta affacciando alla più grande crisi immobilare di tutti i tempi può impattare su molte economie UE, prima fra tutte quella Italiana. Il nostro Paese dovrà in autunno valutare se proseguire nell’ “Accordo della #viadellaseta”. L’Europa si trova di fronte alla necessità di affrancarsi dalla dipendenza di Russia e Cina che per anni hanno contraddistinto l’economia del Continente;
– Alcuni dei principali Paesi UE sono in recessione tecnica e prima fra questi la #germania che negli ultimi anni era stata l’economia “forte” e la locomotiva dell’UE: la sua dipendenza dalla Russia e la sua Industria che non è stata in grado di andare al passo con i tempi ed evolvere tecnologicamente hanno messo in crisi l’economia tedesca;
– in Italia siamo di fronte ad un’autunno caldo dove il Governo dovrà affrontare due importanti nodi. Quello della riforma fiscale che dovrà fare i conti con la revisione o cancellazione di molte tax expenditures (crediti imposta, deduzioni, agevolazioni fiscali etc…) e quindi con i rispettivi portatori di interessi. Quello della riforma della giustizia, vero nodo di svolta di questo Paese per attrarre investitori e dare certezza al mercato dei capitali.
– la carenza di manodopera e la necessità di riformare il mercato del lavoro, troppo congelato e irrigidito da anni di gestione del rapporto impresa-lavoratori come di due forze in competizione e non in collaborazione
Di fronte a questi allarmi il dato sulle imprese evidenzia 54 mila procedure tra crisi d’impresa e liquidazioni nel primo semestre 2023, um dato in incremento di quasi il 18 per cento.
Preoccupano in particolare i dati ABI sulla restituzione dei debiti. La gestione delle relazioni con le banche è diventata per le imprese cruciale ma anche l’attenzione politica dovrebbe orientarsi su questo focus ed in particolare su quelle operazioni definite “Forbone” cioè aventi ad oggetto una misura di tolleranza da parte dell’Istituto di Credito (come consolidamento del debito, moratoria, nuovi finanziamenti). Questo status rischia di riguardare sempre di più il sistema delle Imprese italiane e merita un intervento di supporto perchè è come trovarsi di fronte a un malato che è in bilico ma può essere ancora salvato.
Il sistema creditizio dovrà rispettare condizioni imposte dalla BCE e dai nuovi parametri Basilea: le normative bancarie sono sempre più stringenti e le banche sono obbligate a valutare meglio le imprese, i loro rating, e ad applicare logiche di pricing coerenti con il rischio e con i relativi accantonamenti a cui sono soggette nel momento della concessione del credito.
Proviamo a vedere quali soluzioni potrebbero essere messe in campo per supportare le nostre imprese:
- il nostro Paese ha una chance unica. La sua posizione centrale nel Mediterraneo lo pone al centro delle nuove catene commerciali: dal mare passa il 90 per cento per volumi e il 70 per cento per fatturato dei traffici mondiali. E il “Mare Nostrum” intercetta oltre il 20 per cento di questi movimenti. Occorre quindi potenziare l’economia del mare, investendo sui nostri porti per attrarre navi sempre di maggiori dimensioni, potenziare i corridoi doganali europei, sostenere l’intermodalità e i collegamenti con i principali hub (come ad esempio il collegamento tra il porto di Genova e il corridoio verso Rotterdam che sarà definito con il Terzo Valico), investire nelle ZES perchè tutto il contesto del territorio cresca con la logistica
- siamo il Paese della cultura, il popolo che è stato sempre conosciuto per il valore del capitale umano. Ripartiamo da qui, dalla formazione e dal rapporto scuola – lavoro. Ci sono oltre 975 mila posti vacanti in questo momento che non trovano addetti formati. E’ fondamentale investire sulle politiche attive anche sfruttando il fondo di Coesione inutilizzato dalle Regioni per il periodo 2022-2028 con miliardi di euro a disposizione. Abbiamo a disposizione molti giovani, i così detti Neet di cui si parla tanto e a cui va dedicato lo stimolo per esortarli e guidarli nel mondo del lavoro (la colpa non è solo loro ma anche della società).
- il nostro export è rimasto con il segno più anche nel 2023 in linea con i record 2022, segno che il nostro Paese è riconosciuto in particolare nelle manifatture dove possiamo diventare il nuovo “fornitore dell’Europa” che dovrà affrancarsi sempre più dalla Cina. In questo senso la promozione del sistema Italia anche con il sostegno della nostra ECA (Export credit agency) Sace Spa e della nostra ITALIAN TRADE AGENCY (ex ICE) potranno spingere il Made in Italy nel Mondo
- occorre rafforzare le nostre imprese in particolare finanziando la dimensione patrimoniale che indirettamente innesca il ciclo di crescita e di occupazione e al tempo stesso permette loro di essere “finanziabili” dal sistema creditizio e di competere nei tender internazionali anche in tema di garanzie.
In questa direzione possiamo supportare con garanzie di Stato gli investimenti in conto capitale delle nostre Imprese e dare vita a un Fondo Governativo (Made in Italy) per investire in minoranza nel capitale delle stesse sostenendo la crescita.
- la supply chain assume un ruolo chiave e quindi anche il finanziamento della filiera diventa strategico per la crescita del sistema Paese. In Italia il mercato potenziale della supply chain finance vale circa 500 miliardi di euro di cui solo il 30% circa assistito da strumenti di finanziamento del capitale circolante. Abbiamo quindi a disposizione una manovra di circa 350 miliardi di euro che sta passando inosservata e che può costituire uno strumento efficace per le PMI di accesso al credito anche al di fuori del sistema bancario tradizionali (piattaforme Fintech, SPV, fondi rotativi). Le nostre imprese spesso hanno ordini e commesse ma non hanno le risorse e i flussi anticipati per finanziarle. Anche qui si evidenzia il ruolo delle garanzie pubbliche e del possibile Fondo Sovrano.
Il nostro Paese a dispetto di tutto e tutti ha continuato a crescere. Nel 2022 siamo la nazione con il più importante scostamento tra le previsioni del FMI e i risultati (su cui nessuno scommetteva). Nel 2023 dopo una crescita nel primo semestre abbiamo iniziato a rallentare ma senza lo spettro della recessione come avvenuto per altre super potenze. E’ il nostro momento, serve uno sforzo collettivo, non solo a livello politico ma di tutto il sistema Impresa-Lavoro. Insieme possiamo giocare una partita decisiva per il nostro futuro e riprendere la leadership a livello mondiale. un