Domenica 23 luglio si è votato in Spagna con un voto anticipato a luglio, mese di vacanze in Spagna e mai utilizzato come finestra per il voto nazionale, una mossa voluta da Sanchez che ha voluto limitare così i danni per una lunga campagna elettorale che si sarebbe dovuta tenere nel prossimo dicembre come prevedeva la scadenza naturale della legislatura e che avrebbe debilitato il suo governo ormai screditato anche in seguito alla batosta elettorale delle amministrative del maggio scorso.
Tutti i sondaggi, anche quelli fatti da istituti vicino al governo socialista come il Cis, prevedevano un successo del Pp con una forbice di seggi tra i 145 e i 150 parlamentari eletti, ne avevano precedentemente 89, e con Vox data tra i 25 e i 30 seggi in caduta libera, ne aveva 52, a causa del voto utile, ossia per la legge elettorale spagnola, molto simile a quella italiana delle province, se un partito non raggiunge in regione il quorum paradossalmente i tuoi voti vanno a premiare la lista che ti ha preceduto. I sondaggi stavolta hanno clamorosamente sbagliato, persino gli exit pool, ed erano tutti unanimi, infatti effettivamente Vox è scesa, anche se per altro ha avuto tre seggi in più rispetto ai migliori sondaggi, mentre il Pp si è fermato a quota 136, guadagnando ben 38 seggi in più ma non il numero insufficiente a raggiungere la maggioranza assoluta anche con l’alleanza con Vox.
D’altra parte, Sanchez paradossalmente ha attutito la sconfitta prendendo addirittura due seggi in più dell’altra volta passando da 120 a 122 ma è diventato il secondo partito e anche contando i voti di Sumar, gli ex di Podemos uniti a tutta la sinistra radicale, arriva a 153 seggi mentre il cdx a 169 ma nessuno arriva alla maggioranza assoluta che è di 176 voti.
Sanchez è riuscito a frenare la caduta grazie al voto catalano, infatti in quella regione il Psoe è sempre stato storicamente il primo partito dalla morte di Franco, ma negli ultimi quindici anni aveva perso molti dei suo elettori a favore di Esquerra Repubblicana, la sinistra repubblicana catalana indipendentista che stavolta è crollata a causa del ritorno a casa degli elettori ex socialisti che hanno anche loro preferito il voto utile rispetto ad una idea indipendentista che ormai appare sempre più screditata e temendo il governo di cdx, molto più centralista e nemico dell’indipendentismo catalano, e sono tornati a votare il Psoe che a sua volta è tornato ad essere il primo partito in Catalunya.
Altro dato negativo che complica la situazione è quello della regione Vasca dove per la prima volta il PNV, i moderati autonomisti, da sempre primo partito in quella regione, sono stati superati da Bildu, il partito che rappresenta gli ex militanti dell’Eta, che Sanchez aveva pericolosamente sdoganato, è diventato il partito più votato, conquistando 6 seggi a fronte dei 5 seggi del PNV.
In sintesi, Sanchez ha tenuto recuperando voti i voti che erano andati alla sinistra repubblicana ma anche recuperandoli alla sua sinistra, anche a sinistra ha funzionato il voto utile, dove la lista Mas che riuniva tutta la sinistra radicale ha preso 9 seggi in meno rispetto alle elezioni precedenti, il PP ha recuperato voti da Vox e da Ciudadanos che questa volta non si sono presentati, ma entrambi sono lontani dalla maggioranza assoluta, al Cdx mancano 7 seggi al Cs ne mancano 23. La vittoria indiscussa di Feijoo, il leader del Pp è chiara ed evidente, ma non sufficiente.
Difficile dire cosa accadrà ora, Feijoo giustamente essendo il vincitore e anche il leader del primo partito ha chiesto l’incarico per formare il nuovo governo, lo stesso lo ha chiesto Sanchez che cinicamente è convinto di prendere tutti i voti dei partiti regionali compresi gli indipendentisti baschi e catalani che però gli hanno già detto che solo se gli promette il referendum per l’indipendenza gli daranno il voto, una richiesta anticostituzionale e suicida che Sanchez non può dare.
Situazione di stallo, probabili nuove elezioni a dicembre, ma il problema è ci andranno con il governo ancora in carica o dopo che Feijoo ha avuto l’opportunità di provare a formarne uno nuovo? Questo dato farebbe la differenza anche perché siamo proprio nel semestre della presidenza spagnola in Europa, quindi una soluzione molto delicata.
Feijoo aveva proposto a Sanchez in tv nell’unico faccia a faccia elettorale tra i due leader, che fra i due partiti chi avesse avuto più voti avrebbe formato il nuovo governo con l’astensione dell’altro partito ossia una grande coalizione, per emarginare le ali più radicali della politica spagnola, ma il leader del Psoe ha rifiutato sdegnosamente, troppo radicale per accettare una cosa del genere ed escludo che ciò possa avvenire se Sanchez rimane leader del Psoe, per cui rimango convinto che l’unica soluzione sarà il ritorno alle urne.
Per altro, non voglio portare sfortuna e lo dico solo come dato storico, nelle elezioni del 1936 accadde una situazione analoga, la destra prese più voti ma per una legge elettorale assurda la sinistra prese più seggi e formò un nuovo governo con dentro tutti, compresi gli indipendentisti baschi e catalani ignorando il dato elettorale che vedeva prevalere un voto di maggioranza a favore della destra, quello strappo provocò una delle pagine più tristi e dolorose della storia spagnola, la guerra civile del 1936-1939.
Sono le due Spagne che hanno radici profonde e resistono nel tempo, se si hanno dei leader responsabili come Aznar o Gonzales si trovano dei punti di mediazione, con un radicale come Sanchez è molto difficile.