La principale novità del decreto lavoro (Dl.48/2023) è stata la ridefinizione del reddito di cittadinanza. Una riforma già avviata con l’approvazione dell’ultima della legge di bilancio.
Attraverso l’attuale regolamentazione la volontà politica ad opera del governo. A me pare giusto sottolineare la finalità politico/pedagogica di questo provvedimento ché è stata: distinguere tra potenziali lavoratori, soprattutto giovani, in grado di poter essere inseriti nel mercato del lavoro dopo aver ricevuto un adeguato sostegno formativo; e coloro i quali si trovano in uno stato di indigenza e povertà, le cosiddette fasce deboli, escluse socialmente dalla possibilità di ricevere adeguata assistenza che possa permettere un pieno inserimento lavorativo nel tessuto economico produttivo.
Il reddito di cittadinanza è sostituito dall’assegno di inclusione (Adi) e il supporto per la formazione e lavoro (Spfl) che sarà in vigore a decorrere dal prossimo settembre.
Per quanto riguarda l’assegno di inclusione i soggetti beneficiari sono i nuclei familiari con persone disabili o minorenni o con almeno 60 anni di età, isee poco superiore ai novemila euro e reddito familiare molto contenuto e cioè poco superiore ai sei mila euro annui. La richiesta può essere inoltrata soltanto da uno dei componenti dell’intero nucleo familiare.
Quest’ultima caratteristica e cioè considerare l’erogazione del beneficio a fronte di una situazione di indigenza riferita all’intero nucleo familiare e non al singolo, costituisce una delle caratteristiche fondamentali che distinguono politicamente questo tipo di beneficio rispetto al passato. Non è più l’individuo, nella sua unicità ad essere assistito ma il nucleo familiare e questa è una differenza non da poco.
L’ottenimento dell’assegno di inclusione implica ad opera del soggetto richiedente l’iscrizione nel nuovo sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa, pertanto attraverso la sottoscrizione del patto di attivazione digitale vengono trasferiti i dati del richiedente ai centri per l’impiego, agenzie per il lavoro e strutture affini. Successivamente a ciò i servizi sociali e soprattutto gli enti del terzo settore svolgeranno un ruolo essenziale nell’intero processo di partecipazione alla formazione e reinserimento lavorativo nei confronti dei nuclei familiari disagiati ed emarginati socialmente. Gli enti locali potranno stipulare delle convenzioni con quegli enti del terzo settore che svolgono attività connesse all’inclusione sociale e lavorativa e l’erogazione dell’assegno pari a 480 euro sarà subordinata imprescindibilmente in favore del beneficiario, pena revoca del sussidio, alla partecipazione dei suddetti corsi di formazione professionale e reinserimento lavorativo. Ne sono escluse eccezionalmente particolari categorie svantaggiate, impossibilitate per motivi oggettivi a poter essere coinvolte nei suddetti progetti, e sono i titolari di pensione o coloro i quali di età dai sessanta anni un su, alcune categorie di disabili e i malati oncologici.
Il supporto per la formazione e il lavoro (Spfl) è rivolto a coloro i quali a rischio di esclusione sociale lavorativa con una età tra i 18 e i 59 anni appartenenti a nuclei familiari senza minori, disabili o persone con età superiore ai 60 anni e prevede progetti di formazione professionale, orientamento e reinserimento lavorativo quali ad esempio il servizio civile universale e i progetti utili alla collettività (Puc). La partecipazione a questi progetti formativi garantisce una erogazione corrispondente a 350 euro mensili per dodici mensilità. L’erogazione del beneficio implica l’aver sottoscritto un patto di servizio in cui il soggetto firmatario potrà ricevere offerte di lavoro, offerte a partecipare a progetti di reinserimento lavorativo o formazione professionale erogati da operatori pubblici o privati, accreditati alla formazione dai sistemi regionali.
Inoltre altra caratteristica fondamentale, sia per quanto riguarda l’erogazione del (Adi) che per quanto riguarda il (Spfl) consiste nel monitoraggio periodico nei confronti del soggetto beneficiario che ogni tre mesi dovrà confermare la sua partecipazione alle attività di formazione o similari connesse alle erogazioni dei benefici. Infine il Ministero del Lavoro ogni anno predisporrà un rapporto che avrà lo scopo di analizzare il processo di questa riforma al fine di verificarne il conseguimento dei risultati. Altresì verrà istituito un Osservatorio sulla povertà con lo scopo di analizzare periodicamente l’intera situazione complessiva. Queste verifiche periodiche avranno lo scopo di analizzare l’andamento dell’intera modifica normativa effettuata.
Altro aspetto della riforma, connesso con l’introduzione del (Adi) e del (Spfl) riguarda il superamento della cosiddetta offerta di lavoro “congrua” . Pertanto il soggetto beneficiario dovrà accettare qualunque offerta di lavoro a tempo pieno e indeterminato o con una percentuale non inferiore al 60% su tutto il territorio nazionale e le offerte di lavoro a tempo determinato nell’arco di 80 km dal proprio domicilio.
Una ulteriore novità del decreto lavoro ha riguardato l’incremento economico dei cosiddetti fringe benefit, che costituiscono la possibilità di somme erogate dai datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti con figli fiscalmente a carico per il pagamento delle utenze domestiche (gas, luce e acqua) e non solo, da 258,23 euro a 3.000,00 euro per tutto l’anno d’imposta 2023, naturalmente queste somme erogate non costituiscono reddito imponibile. Questo tipo di benefico corrisposto induce due riflessioni importanti. La prima riconduce questo beneficio non al singolo lavoratore, ma nuovamente al nucleo familiare con figli a carico, compresi quelli riconosciuti nati fuori del matrimonio, adottivi o affidatari.
Questo è un ulteriore dato politico importante, le politiche sociali nel loro insieme non riguardano, anche in questo caso, il singolo individuo, ma il lavoratore nell’interno di un nucleo familiare con figli a carico. Altro aspetto riguarda il ruolo del sindacato che ci auguriamo in futuro sarà chiamato ad assolvere attività politico sindacale preminente nella contrattazione di secondo livello o decentrata e agire come in questo caso nella sottoscrizione di accordi sindacali riguardo i fringe benefit.
Perché solo chi svolge, attività sindacale nell’interno di un azienda, e quindi “dal basso” conosce a pieno le esigenze sociali di tutela della forza lavoro presente rispetto a chi, pur ricoprendo incarichi sindacali di vertice, non sempre riesce a intercettare. Questa nuova concezione di fare sindacato, più dinamica e partecipativa, con azioni concrete rivolte ad entrare nel merito del “cuore” problemi aziendali che riguardano i lavoratori rappresenta una volontà innovativa di lotta sociale nel mondo del lavoro. Il tutto nel pieno rispetto dei ruoli, e del rapporto dialettico che deve sempre coesistere tra parte datoriale, politica e mondo sindacale.
Negli ultimi sei mesi, a decorrere dall’entrata in vigore dell’ultima legge di bilancio e successivamente dall’approvazione del decreto lavoro il rapporto tra il Governo e rappresentanze sindacali e nello specifico tra Cisl ed in parte anche la Uil è stato molto proficuo pur nel rispetto dei ruoli. A differenza la Cigl ha continuato , come da tradizione, a preferire uno scontro più muscolare facendo prevalere rispetto ad una azione di proposta politico sindacale una azione di protesta e scontro sociale.
La formazione e la qualificazione professionale del lavoratore rappresenta sempre la “chiave di volta” per permettere a chiunque e soprattutto ai giovani l’ingresso nel mondo del lavoro. Agli Stati generali dell’Orientamento di Confindustria a Frosinone in cui erano presenti quattro mila studenti, insieme a ministri e aziende, il ministro dell’Istruzione Valditara ha ribadito chiaramente il concetto per cui le parole “impresa” e “lavoro” accanto a “scuola” e “formazione” non debbano considerarsi estranee. La scuola e il mondo universitario oltre ad arricchire un giovane di tutti gli strumenti necessari per sviluppare una capacità critica di ragionamento devono necessariamente fornire adeguati strumenti formativi che possano permettergli al termine del ciclo di studi un inserimento nel mondo del lavoro.
A tal riguardo è importante soffermarsi su un altro aspetto della riforma del decreto lavoro e cioè sulla durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato. Ciò riguarda la reintroduzione delle “causali” nei i rapporti di lavoro a tempo determinato che si protraggono oltre i dodici mesi, una sorta di ritorno alle origini come stabilito nel Dlgs 368/2000 e poi con la legge Biagi (Dlgs.276/2003). E cioè le causali connesse all’indicazione delle “esigenze tecniche, organizzative o produttive”. A differenza di quanto prodotto normativamente con la riforma Fornero con la legge 92/2012 e poi con uno dei decreti attuativi del Jobs Act, il Dlgs. 81/2015 che aveva cancellato il riferimento ad ogni causale riguardo eventuali proroghe di durata contrattuale temporanea. Con il Dl 48/2023 si hanno come riferimento le “causalità” definite dai contratti collettivi e in mancanza dalle parti individuali del contratto (questo almeno fino al 30 aprile 2024). Pertanto il ruolo del sindacato avrà una importanza fondamentale e strategica contribuendo a che la temporaneità di un contratto di lavoro non degeneri nella precarietà.
Infine, un altro aspetto della riforma è l’incremento salariale. Il Governo Draghi, aveva effettuato un taglio contributivo del 2%, il Governo Meloni ha confermato questo taglio con la legge di bilancio, incrementandolo di un ulteriore punto percentuale e con il Dl.48/2023 ha effettuato un ulteriore incremento di un altro punto percentuale per la durata da luglio a dicembre del 2023.
Concludendo, i dati inerente le ultime rilevazioni Istat di aprile sono piuttosto confortanti sul piano occupazionale, si registra un incremento dei contratti di lavoro a tempo indeterminato . Il tasso di occupazione ha raggiunto il 61% il valore più elevato dal 2004. Il tasso di disoccupazione è sceso al 7,8% (benché nell’area euro siamo al 6,5%) cosi come il tasso di disoccupazione giovanile è diminuito attestandosi al 20,4% (per quanto in alcuni paesi virtuosi come la Germania il tasso di disoccupazione giovanile si attesta su cifre come il 6,1%). Questi dati possono essere giudicati positivamente, considerando che il Governo Meloni si è insediato a fine ottobre 2022 e sono trascorsi ad oggi appena otto mesi.
Un tempo, le politiche del lavoro erano totale prerogativa della sinistra italiana, Fratelli d’Italia come forza politica di governo sta dimostrando con “dati alla mano” che non è cosi e la questione lavoro , il rilancio del piano occupazionale sono tra i principali obiettivi che il Governo Meloni ha intenzione di conseguire al fine di ricostruire una piena rinascita sociale e politica della nazione.