Critiche feroci, ferocissime, sono arrivate da tutte le opposizioni riguardo dapprima il rispolvero politico e successivamente l’approvazione vera e propria della realizzazione del Ponte sullo Stretto, ora che il Parlamento ha dato il via libera a questa grande opera.
È stata una vera e propria strumentalizzazione da parte di politici e giornalisti di sinistra, priva della benché minima cognizione tecnica su cosa si potrebbe realizzare oggi, ma carica invece di quell’ideologia capace di lasciare l’Italia in secondo piano di fronte a vecchi (e nuovi) rancori. Seguiti, poi, da pseudo-tecnici al servizio della politica, da ambientalisti incompetenti e persino da influencer (ma su quest’ultimi caliamo un velo pietoso), tutti uniti a denigrare un’opera che, nel bene e nel male, una volta completata, realizzerà quella Unità d’Italia tanto agognata da chi questo paese lo ha sognato, voluto e fatto nascere con lotte e sacrifici.
Perché il Ponte sullo Stretto non è (e spero che i suddetti detrattori prima o poi lo capiranno) una questione di piloni, cavi d’acciaio, impatto di CO2, calcoli statistici sul rapporto costi benefici tra il trasposto su gomma e quello marittimo o, in ultimo, dell’impatto sull’ecosistema, altra idiozia visto che quel tratto di mare è solcato ogni giorno da decine di traghetti e grandi navi. Certo, sia l’Italia continentale che la Sicilia tecnicamente potranno continuare fare a meno del Ponte, così come hanno fatto per secoli.
Il Ponte rappresenta, però, qualcosa di molto più grande ed importante. Ed è questo che bisogna capire e soprattutto far capire. È il messaggio della rinascita di un paese che decenni è stato dato per morto, deriso dagli alleati europei, non considerato sui tavoli internazionali.
Il Ponte è un simbolo della ripartenza di una nazione che adesso, dopo tanti anni, ha finalmente un governo eletto dal popolo. Un governo determinato a realizzare i propri obbiettivi ed affermare la forza, le capacità e la grandezza dell’Italia.
Se dovesse (il dubbio è comunque lecito considerata la lunga e travagliata storia del progetto) essere costruito, il Ponte sullo Stretto sarebbe un’ode al genio ingegneristico italiano. Mostrerebbe al mondo un paese in grado di creare grandi opere, complesse infrastrutture, di fare sistema e proiettarsi nel Futuro.
Ai nostalgici del reddito di cittadinanza, dell’Italia chinata ai poteri forti, dell’Italia debole nella diplomazia e timida in Europa, che oggi contestano i costi del Ponte sullo Stretto, bisogna ricordare che il reddito di cittadinanza è costato il doppio senza portare alcun beneficio sociale o economico. Mentre la realizzazione del Ponte racchiude in sé non solo tutti gli ovvi vantaggi pratici ma anche un messaggio profondo, patriottico, persino promozionale verso un popolo fino a pochi mesi fa disilluso e scettico verso il propri futuro.
Anni fa, trovandomi in Norvegia, domandai perché avevano speso l’equivalente di un miliardo di euro per una galleria scavata sotto un fiordo che serviva a collegare tra di loro tre o quattro piccoli villaggi con qualche decina di migliaia di abitanti. La risposta fu tanto semplice quanto significativa – “Perché sono norvegesi, e quindi meritano una galleria. Anche se fossero solo in tre ad abitare lì”. Questo è lo spirito vincente di una nazione.
Per non parlare di cosa rappresenterebbe il Ponte in relazione a tematiche ben più delicate e sensibili, legate alla nostra storia moderna. La Sicilia come roccaforte della mafia proprio perché isolata, scollegata, idealmente non appartenente all’Italia continentale. Una terra a sé. Lontana dallo Stato.
Il Ponte porta anche questo messaggio. Importantissimo per tutti quei siciliani che con il loro lavoro, dignità, impegno e sudore onorano questa terra contrastando la mafia ogni giorno.
Il Ponte, quindi, è un portatore di unità, di speranza, di un nuovo Rinascimento. E chi lo contrasta per motivi politici, ideologici o dietro presunte ragioni tecniche ed ambientali, soffre della stessa miopia che per decenni ha messo i freni al paese più bello del mondo.