Esteri

ITALIA, USA E MARE NOSTRUM

Tutta l’attenzione è rivolta verso la brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ma è anche a Sud che dobbiamo guardare. Né l’Unione Europea né la NATO saranno i leader strategici nel Mediterraneo allargato. Saranno Washington e Roma a dover svolgere quel ruolo.  Un’Europa stabile, prospera e pacifica sarebbe un vantaggio per l’intera comunità transatlantica. Un Mediterraneo allargato libero e aperto è la chiave per raggiungere questo obiettivo.

Uno dei motivi è la sicurezza energetica. Il Mediterraneo allargato comprende il Nord Africa, l’Europa meridionale, i Balcani, il Mar Nero e l’ingresso nel “Middle Corridor” attraverso il Caucaso fino all’Asia centrale. Man mano che l’Europa diversifica le fonti energetiche, i Paesi attingeranno sempre più dal Nord Africa, dal Caucaso e dall’Asia centrale, oltre che dal Medio Oriente e dagli Stati Uniti. Molte di queste risorse confluiranno verso gli hub energetici nell’Europa meridionale e quegli snodi devono essere protetti.

Un altro motivo sono le catene di approvvigionamento. Catene di approvvigionamento resilienti, che riducono le dipendenze da Russia e Cina e aprono nuove fonti di risorse naturali, ridurranno, a lungo termine, rischi e costi per l’Occidente. Stimoleranno anche ulteriori attività commerciali. Anche queste nuove filiere passeranno per il Sud Europa.

La stabilità è un altro problema ed è minacciata dall’immigrazione clandestina. La popolazione dell’Africa sta diminuendo. Una migrazione di massa incontrollata e non regolamentata verso Nord sarebbe completamente destabilizzante. L’Europa meridionale deve essere un ponte e un partner per il Sud del mondo, non una porta per il caos.

Infine, che l’Occidente lo voglia o no, il Mediterraneo allargato sarà un’arena dinamica nella competizione tra le grandi potenze. Per controbilanciare le sue difficoltà in Ucraina, Mosca sta cercando di rafforzare la sua influenza in Africa, mettendo così sotto pressione il fianco meridionale della Nato. Una stretta collaborazione tra Washington e Roma nel bacino del Mediterraneo potrebbe contrastare efficacemente questa strategia, favorendo la stabilizzazione del Nord Africa. Nel frattempo, la Cina cerca sempre di colmare i vuoti. In questo momento, per esempio, sta facendo pressing a tutto campo sulla Tunisia.

Perché Roma e Washington dovrebbero intervenire? Hanno interessi comuni nell’affrontare questi problemi. E, ammettiamolo, la massima priorità della NATO sarà il fianco orientale. L’UE non ha una politica estera comune rivolta a Sud e ha poche capacità di fare molto di più che gettare aiuti esteri inefficaci in tutte le direzioni. Nel frattempo, la leadership tedesca è moribonda e quella francese è stata palesemente inetta.

Il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, è pronto a rimediare. Obiettivo principale della sua politica estera è rilanciare il ruolo dell’Italia nella Nato e nel bacino del Mediterraneo. Ha compreso l’importanza strategica del fianco meridionale nel contrastare le incursioni della Cina e la persistente influenza della Russia in Nord Africa e nella regione del Sahel. A gennaio, la Meloni ha compiuto due viaggi in Nord Africa, concentrandosi sull’incremento delle forniture energetiche e affrontando il problema dell’immigrazione clandestina. Roma sta cercando di ridurre l’importazione di gas russo e prevenire la potenziale strumentalizzazione dei flussi migratori africani da parte di Mosca.

Pertanto, quando si parla di bacino del Mediterraneo, la politica estera italiana si sta gradualmente allineando a Washington. Ad esempio, la Meloni si è recata a Tripoli, in Libia, poche settimane dopo che il direttore della CIA ha incontrato il primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibeh e il generale Khalifa Haftar. Nel corso della sua recente visita, il premier italiano ha dichiarato il proprio sostegno alla stabilizzazione politica del Paese nordafricano: posizione espressa, pochi giorni dopo, anche dal Segretario di Stato americano durante un incontro al Cairo con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.

Pur focalizzando la propria attenzione sul bacino del Mediterraneo e sul Medio Oriente, il governo conservatore italiano rilancia al contempo le relazioni transatlantiche e conferma il suo sostegno a Kiev: del resto, le sfide che stanno affrontando sia il fianco orientale che quello meridionale della Nato sono strettamente interconnesse.

Ciò che gli Stati Uniti mettono a disposizione è la presenza. Per esempio, agli Stati Uniti è stato concesso un ulteriore accesso alle strutture militari in Grecia e Romania, consentendo a Washington di schierare aerei da ricognizione, difese missilistiche e altri strumenti di sicurezza che rendono i suoi alleati dell’Europa meridionale molto più efficaci. Si tratta di un’influenza molto più contenuta e più economica di quella che gli Stati Uniti hanno messo in campo durante la Guerra Fredda per esercitare la deterrenza nei confronti dell’Unione Sovietica.

Inoltre, gli Stati Uniti possono portare investimenti esteri diretti, principalmente dal settore privato, che sono in grado di accelerare il “friend-shoring”. Ciò aiuterà la regione a ridurre la sua dipendenza dalla Cina e dalla Russia, contribuendo allo stesso tempo a far crescere le economie in Europa. Infine, gli Stati Uniti possono portare peso diplomatico, risolvendo la miriade di spinose sfide nella regione.Naturalmente, l’UE e la NATO avranno sempre un ruolo da svolgere in Europa meridionale. Ma uno sforzo bilaterale di Washington e Roma può essere il catalizzatore per una maggiore stabilità e prosperità in tutto il Mediterraneo allargato.

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Questo articolo è apparso su The National Interest il 13 febbraio 2023

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Stefano Graziosi scrive di politica estera su più testate, tra cui La Verità e Washington Times. James J. Carafano è Vice presidente della Heritage Fondation.

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