In questo periodo di “stati generali” o generici, come qualcuno sostiene, di comitati tecnici, di pensieri più o meno alti, non si affronta in modo serio, organico, strutturale e radicale l’unico vero nodo che ha strettamente a che fare con il futuro di questo Paese: la questione demografica. E’ questo il tema dei temi, l’unico “driver” reale che dovrebbe condizionare e permeare tutte le scelte politiche da qui ai prossimi vent’anni almeno.
Il perché è talmente evidente che non vale la pena nemmeno di ritornarci su: senza figli non c’è continuità, senza prole non c’è futuro sotto ogni punto di vista. Affettivo, sociale, economico.
Il crollo delle nascite è l’unica vera emergenza che dovrebbe preoccupare tutti noi: nel 2019 si è raggiunto il record negativo dall’Unità d’Italia, con sole 420.170 nascite, peggiorando il dato già pessimo del 2018 quando sono nati in Italia meno di 450.000 bambini, circa la metà rispetto al 1974, anno in cui sono nato io. Questo dato è impressionante e dice tanto, se non tutto, dei problemi attuali di questo Paese. Per chi è ossessionato dai conti, e che spesso viene invitato ai vari “stati generali” o “comitati tecnici”, ciò significa che non ci saranno abbastanza lavoratori in un futuro ormai prossimo per pagare tasse, pensioni, servizi sociali etc., etc. Per chi, oltre ai conti, ha a cuore il concetto di Patria, il tema è ancora più dirimente: può esistere una terra delle madri e dei padri, la Madre Patria appunto, senza figli? La risposta è ovvia.
Ora, che questa non venga vissuta come una vera e propria emergenza dalla sinistra italiana non deve stupire affatto: nella foga di cancellare tutti i riferimenti del proprio passato, compreso il riferimento primo e cioè il proletariato, hanno eliminato dal loro orizzonte di pensiero anche la prole, che rappresentava appunto l’unica ricchezza di quella base sociale che avrebbero dovuto difendere e rappresentare.
Ma se la sinistra, che risolverebbe la questione per le vie brevi e cioè aprendo ad una massiccia e prolifica immigrazione, ha da tempo tradito e abbandonato la propria base sociale, ecco che questo tema deve essere invece preso con forza da chi ha a cuore il futuro della Nazione, non in chiave strumentale ma come visione strutturale e politica su cui incardinare ogni azione. Su questo, più che attingere ai tempi che furono, andrebbero presi a modello i Paesi più moderni e socialmente avanzati del Nord Europa, ma non solo.
I bonus “una tantum” non servono a nulla se non alla pura propaganda partitica; ciò che serve è incardinare il tutto sulla crescita demografica perché a cascata questa produce effetti in ogni ambito della società, compresa l’economia. Eppure, sulla questione, manca ancora la necessaria sensibilità e una visione di lungo periodo. Questa è l’unica vera rivoluzione che serve al nostro Paese, che significa anche inclusione, parità di genere, dignità della persona, centralità dell’essere umano, il tutto declinato concretamente.
Chi può innescare tutto questo? Io non ho risposte ma penso che un cambio di paradigma così importante, richieda una sensibilità diversa al potere. Una sensibilità femminile, materna. Una leadership che sta dando frutti nuovi e inaspettati in altri luoghi: pensiamo alla Finlandia, alla Nuova Zelanda, alla Germania. Guardiamo con interesse e attenzione al nuovo corso in rosa dell’Unione Europea e chissà che non si possa prendere spunto anche qui da noi. Qualche idea, su chi possa dare forma in Italia ad un percorso così sfidante, a destra non manca.