Quando nel 1932 Picasso dipinse Il sogno, il mondo non si era ancora ripreso dalla fine della prima guerra mondiale ed era scivolato nella grande depressione innescata dalla crisi del ’29. Per lui fu un periodo di serenità, seppur bagnata di realismo e non sbilanciata sull’ottimismo; stava vivendo gli inizi della relazione con Marie Thérèse, sua musa incontrata in metropolitana a Parigi, soggetto di molte opere. Anche se non rinunciò a marcare la tela con tratti deformi, a ricordare che non ci si può liberare dalle proprie angosce neanche in presenza della bellezza.
“Dipingere non è un’operazione estetica: è una forma di magia intesa a compiere un’opera di mediazione fra questo mondo estraneo ed ostile e noi”, diceva Picasso a chi criticava il suo linguaggio artistico. E forse in questo momento critico che stiamo attraversando dovremmo ascoltarlo, per capire meglio che nonostante tutto abbiamo sempre e comunque il dovere morale di portare a compimento l’opera più importante di tutte che è la nostra vita.