Primo giorno di libertà. Avevo deciso di uscire, di evadere. Basta con il diario del lockdown scandito dalla lettura di un libro al giorno. Eppure stamattina mi trovo ancora una volta a sfogliare un libro: “Collusi” di Nino Di Matteo, un magistrato da oltre vent’anni in prima linea nella lotta a cosa nostra. “Perché politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia” leggo sul sottotitolo in copertina. Cosa nostra non è sconfitta, ha solo cambiato faccia è la denuncia di Di Matteo raccolta dal giornalista Salvo Palazzolo. La mafia – afferma Di Matteo – è passata dal tritolo alle frequentazioni nei salotti buoni, facendosi più insidiosa che mai. Anche se le bombe tacciono, il dialogo continua: tra politica, lobby, imprenditoria e logge massoniche, si moltiplicano i luoghi franchi in cui lo Stato è assente.
Sui giornali avevo letto che questo magistrato era diventato un po’ un simbolo di lotta dei Cinquestelle che passano per manettari. Ma grillini o no, chi può negare il valore di Di Matteo nella lotta alla mafia?
Volevo evadere questa mattina da queste prigioni contiane, invece mi fermo a leggere “ Collusioni” dopo che ho sentito che ad evadere dalle carceri sono stati centinaia di capomafia. Con la scusa del coronavirus.
Ieri sera, non avendo affetti stabili da frequentare, stavo tranquillo a seguire una trasmissione di Giletti. Ma poi ti arrabbi e non riesci a dormire. Ti fa rabbrividire ascoltare dalla voce di Nino Di Matteo denunciare che gli fu chiesto di diventare capo del Dap, ma vennero alla luce le proteste dei mafiosi e il ministro ci ripensò. I mafiosi avevano ben presente che con Di Matteo a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non si sarebbero aperte le porte delle carceri. Il ministro Bonafede si difende e si dichiara “esterrefatto”. Anche io stamattina mi sento esterrefatto. Voglio uscire e di gridare “ Onestà, onestà!”