L’appello promosso dal Comitato Valori e Identità Religiose di «Lettera 150», e sottoscritto da una settantina di docenti universitari e qualche magistrato, per il ripristino della libertà di culto pubblico in Italia nasce dall’esigenza di contemperare la tutela della vita e della salute con il rispetto delle esigenze della coscienza dei cittadini religiosi. Questi ultimi, tantopiù se particolarmente vulnerabili (ammalati, moribondi, afflitti dal dolore per la perdita di una persona cara) dovrebbero poter avere – se lo desiderano – il conforto che deriva dall’assistenza ai riti della religione cui appartengono, compatibilmente con le misure di sicurezza e di distanziamento sociale.
Il rispetto della libertà di culto non riguarda, vale la pena di sottolinearlo, solo i credenti. La possibilità di celebrare e partecipare a riti religiosi pubblici e’ un’importante cartina di tornasole di quanto uno Stato di diritto si fa garante delle libertà fondamentali: la compressione di tale possibilità non può che essere un’extrema ratio, e dovrebbe essere legata alle procedure di garanzia stabilite dalla Costituzione.
Ne pubblichiamo di seguito il testo:
Appello promosso dal Comitato Valori e Identità Religiose
di «Lettera 150»
Da domenica 8 marzo sono sospese in tutta Italia le cerimonie religiose pubbliche; persino i riti funebri, la cui celebrazione è ritenuta dai tempi della civiltà classica un diritto inalienabile, non possono essere svolti se non nella forma di una semplice benedizione della salma prima dell’inumazione. L’impatto delle misure di contrasto al Covid-19 sulla libertà di culto, definita da Alexis de Tocqueville “la prima, la più santa, la più sacra di tutte le libertà umane”, è stato estremamente duro: e se è evidente che è necessario dare al diritto alla vita la posizione primaria in una gerarchia ideale tra i diversi diritti e libertà fondamentali garantite dalla nostra Costituzione, è altrettanto evidente che occorre ora intervenire per ripristinare la possibilità – con le dovute cautele – che i credenti tornino a dar culto al proprio Dio con le celebrazioni che la loro fede ritiene centrali ed essenziali per un corretto esercizio della loro vita spirituale. Ricordiamo che la Corte Costituzionale della Repubblica Federale Tedesca ha recentemente ribadito il primato della protezione dai “pericoli per il corpo e la vita”, ma ha allo stesso tempo riconosciuto che il divieto di riunione nei luoghi di culto costituisce una “grave limitazione dell’esercizio della libertà religiosa”.
Il recente episodio avvenuto nella Diocesi di Cremona (con il tentativo di interruzione della celebrazione eucaristica e con le multe comminate ai presenti) testimoniano un forte disagio di fronte alla “viralizzazione” dell’esperienza religiosa, fenomeno che lo stesso Papa Francesco ha ritenuto non compatibile con la normale vita spirituale. La situazione di “lockdown” della libertà di culto si ripercuote anche sulle altre confessioni religiose presenti in Italia, che si trovano costrette ad una compressione notevole della loro esperienza di fede. E’ qui in gioco non soltanto la libertà di culto, ma il principio della libertà dell’individuo. Si segnala inoltre che alcune forme di esercizio della libertà religiosa sono protette dalla normativa di derivazione pattizia e, quindi, sottratte alla potestà legislativa unilaterale dello Stato.
L’attivazione dei canali previsti dagli Accordi con le Confessioni, nonché l’apposita Commissione governativa sulla libertà religiosa, consetirebbe di concordare con tutte le religioni modalità utili per l’effettuazione dei riti collettivi (sull’esempio di ciò che avviene in Polonia ed in Sassonia). Ne potrebbero scaturire modalità concrete di esercizio della libertà di culto tali da garantire la sicurezza e la salute dei fedeli, senza rischi per la salute pubblica.
In tale prospettiva, ad esempio, si propone la celebrazione delle cerimonie religiose nel rispetto del distanziamento sociale e con l’uso di Dispositivi di Protezione Individuale e di strumenti idonei a contenere efficacemente il rischio di contagio. Dovrebbe poi essere naturale il concedere – ai sacerdoti che lo desiderino – l’autorizzazione (sottraendoli all’obbligo di autocertificazione) a recarsi presso le abitazioni dei malati con appositi presidi e dispositivi per somministrare, laddove richiesto e laddove possibile, i sacramenti. Si chiede Inoltre (come ad es.in Svizzera), di ripristinare la possibilità di celebrare i riti funebri «nella stretta cerchia familiare», ovviamente con l’uso dei medesimi presidi di protezione.
Firmato da:
- Emanuela Andreoni Fontecedro
- Giampaolo Azzoni
- Maria Pia Baccari Vari
- Sergio Basile
- Giuseppe Bertagna
- Guido Biscontini
- Cinzia Bisi
- Giampio Bracchi
- Paolo Branchini
- Maria Federica Burattini
- Fabrizio Calliada
- Francesco Cavalla
- Roberto Cirocchi
- Solveig Cogliani
- Mario Comba
- Massimiliano Marco Corsi Romanelli
- Alfredo Costa
- Franco Cotana
- Renato Cristin
- Raimondo Cubeddu
- Vito D’Andrea
- Fabrizio Davide
- Enrico del Prato
- Andrea Di Porto
- Paolo Duvia
- Raffaele Fiume
- Lorenzo Franchini
- Antonio Fuccillo
- Edoardo Giardino
- Vincenzo Giuffré
- Isabella Loiodice
- Rosa Lombardi
- Alberto Lusiani
- Francesco Manfredi
- Vincenzo Mannino
- Ludovico Mazzarolli
- Saverio Mecca
- Felice Mercogliano
- Maria Miceli
- Giovanni Nano
- Claudia Navarini
- Matteo Negro
- Vincenzo Pacillo
- Marco Paolino
- Mauro Paoloni
- Giuseppe Parlato
- Cristina Pedicchio
- Raffaele Picaro
- Nicola Pisani
- Anna Poggi
- Giovanna Riccardi
- Pierpaolo Rivello
- Giuseppe Rivetti
- Noemi Sanna
- Livia Saporito
- Vincenzo Saraceni
- Salvatore Sfrecola
- Laura Solidoro
- Stefania Supino
- Stefano Tarullo
- Vincenzo Tondi Della Mura
- Renato Troncon
- Giuseppe Valditara
- Alessandra Veronese
- Vincenzo Vespri
- Claudio Zucchelli