Gentile Senatore,
sono un Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri e mi permetto di scriverLe queste due righe per complimentarmi con la proposta, di cui alla recensione stampa in allegato, recepita dal governo per l’estensione della cd. Golden Power ai settori assicurativo, bancario ed alimentare per evitare scalate ostili alle aziende italiane strategiche, in questo periodo in cui i relativi valori di borsa sono molto bassi.
Mi sono sempre interessato di politica industriale – purtroppo carente in Italia da troppi anni, basti vedere la fine fatta da Telecom Italia, impensabile in altri Paesi – e mi fa molto piacere vedere che ci sono ulteriori iniziative, da parte sua, appena accennate nella parte finale del documento, nelle quali si parla di fondo antiscalate e delle attività della Cassa Depositi e Prestiti e delle Ex Fondazioni Bancarie in questo senso.
Non conosco nel dettaglio queste proposte, ma è evidente che (come peraltro riportato nel numero del 30 marzo 2020 de L’Economia del Corriere della Sera – dal titolo “Gioielli e settori da difendere, la Golden Power non basta”) vi sono settori che, pur non essendo apparentemente strategici, costituiscono la gran parte del fatturato dell’industria italiana ma sono troppo frammentati.
Penso alla moda (dove sarebbe opportuna una concentrazione a partire dai principali gruppi Armani, Prada, Ruffini e Rosso), all’alimentare (nell’articolo si parla di Nissim, ma io aggiungerei Barilla e Ferrero, per non parlare delle aziende dell’olio e del vino) ed infine al farmaceutico (Menarini, Angelini, Chiesi, Recordati).
Secondo me bisognerebbe favorire (magari con politiche fiscali ad hoc, oppure con l’ingresso nell’azionariato della CDP, come avvenuto con il cd Progetto Italia di aggregazione delle principali aziende nel settore delle costruzioni, per creare un campione nazionale in grado di competere a livello mondiale) queste aggregazioni tra aziende pena l’acquisizione da parte di grandi aziende straniere.
Abbiamo esempi proprio nel mondo della moda (dove i due colossi LVMH e Kering hanno acquistato le principali aziende italiane, tra le quali quella che era la principale quotata in Borsa, Bulgari) e dell’alimentare (anche in questo caso lo shopping – sempre da parte dei francesi – è forsennato, basti pensare, anche qui alla principale azienda italiana quotata, la Parmalat).
Questa attività di aggregazione deve avvenire, prima che sia troppo tardi, con la moral suasion del Governo, oppure con iniziative in tal senso da parte delle forze di opposizione. Mi sembra si sia arrivati ad una sorta di punto di non ritorno: creare aziende abbastanza grandi da non costituire prede ma fattori di aggregazione, con maggiori capacità di competizione a livello globale.