Mentre siamo chiusi nelle nostre case, capita di domandarci che fine abbia fatto quel particolare luogo che solitamente viviamo tra rumori, colori, persone, sensazioni. Cosa ne sarà rimasto? La tentazione di andare fuori a controllare con la scusa di una commissione urgente vince, seppur senza entusiasmo perché la malinconia è il vero motore in queste situazioni. A mano a mano che ci avviciniamo, la brezza della solitudine inizia a scompigliare l’anima e, complice l’intorpidimento dei sensi, ci ritroviamo a vivere come in uno strano sogno.
Il luogo che ricordiamo fragoroso ci appare come la scenografia di un teatro di posa ormai abbandonato e l’unico presente oltre a noi ci sembra un grigio custode intento ad avvicinarsi per intimarci di andare via. Nello smarrimento non sappiamo se crederci o meno, così torniamo a casa per alleviare l’inquietudine che scioglieremo nello smartphone attraverso cui raggiungeremo qualche forma di vita. Per Giorgio De Chirico l’arte aveva il compito di creare sensazioni sconosciute in passato e l’atmosfera metafisica delle sue opere spiazza l’osservatore proprio come la realtà dei luoghi che, in questi giorni di sospensione, sono agli angoli delle nostre vite.