Giusto criticare, giusto dissentire. Ma c’è un limite a tutto e risiede nella concretezza degli atti da giudicare. Il vizio di trasformare il dibattito italiano in un processo continuo alle intenzioni e alle idee, condito da manganellate, sta trasformando da cima a fondo l’anima di questa nazione a uso e consumo di chi ha la capacità di urlare più forte. Come se non bastasse l’impasse del caso Paolo Savona, ora è la volta di un nuovo nemico sul quale scaricare i conati pavloviani di una certa cultura dell’anti a prescindere. Nel centro del mirino c’è ora Lorenzo Fontana, il ministro per la Famiglia e la Disabilità nel governo a guida Giuseppe Conte.
A domanda il leghista ha risposto sulle cosiddette “famiglie arcobaleno”. Ha detto che «per la legge, al momento, non esistono». Apriti cielo! Inutile disquisire qui sul caleidoscopio linguistico che distingue le situazioni de jure da quelle de facto. Come lo è specificare che nel frammento di risposta offerto da Fontana c’è un’affermazione e non una negazione (di diritti). Ma la disquisizione ci porterebbe lontano, verso argomentazioni scivolose e da evitare a tutta prima. Piaccia o non piaccia, il governo giallo-verde si è dato un programma, addirittura un contratto. Benché decisamente pingue, di uscita dall’euro o di questioni etiche, tra le quaranta pagine, non c’è traccia. L’alzata di scudi su Fontana, posta così, rischia di gettare tanto fumo negli occhi dei cittadini e accarezzare soltanto un’esigua parte (seppur rumorosa) della cosiddetta élite intellettuale di questo Paese.
Ciò che serve decisamente all’Italia è una chiara politica che metta al centro la famiglia, il futuro, il lavoro e il sostegno (economico e morale) a favore di quelle donne che vogliono essere contemporaneamente madri e soggetti attivi nel vasto campo pubblico e sociale. Al netto di un’Italia che si è riscoperta ultimamente patria di santi, poeti, navigatori e costituzionalisti, rispolverare quel favor familiae che ha ispirato buona parte della Carta del 1948 aiuterebbe a comprendere meglio la situazione attuale e la legittimità culturale delle posizioni di Fontana. C’è da temere però che a non piacere del neo ministro non siano le sue uscite, ma il suo vissuto. La vera indigestione è sul suo essere credente e sull’idea poco approfondita che taluni hanno della visione cattolica del mondo, che non è ferma al Medio Evo, ma è impregnata di realismo.
Evitiamo di aprire quindi tribunali dell’Inquisizione al contrario, scongiuriamo la messa in graticola di intelligenze libere e non allineate a certuni e superficiali dettami mainstream. Avessimo perso qualche minuto a schivare le ipocrisie, non avremmo abortito la possibilità di mandare in Commissione Europea un intellettuale di livello quale Rocco Buttiglione. Ricordate il caso esploso nel 2004? Una campagna mediatica assolutamente nemica di ogni liberalità e intelligenza. Una ferita non ancora guarita.
*Fernando Adonia, collaboratore Charta minuta