«Ventisette anni fa qui in Europa Centrale pensavamo che l’Europa fosse il nostro futuro, ora sentiamo di essere noi il futuro dell’Europa». Queste parole-manifesto, pronunciate per la prima volta da Viktor Orbàn, appena rieletto a furor di popolo premier del governo in ungherese, sono state riprese ieri da Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della Fondazione Farefuturo, come incipit del seminario di studi “La Nostra Europa e l’Ungheria di Orbàn”, tenutosi presso la Sala della Commissione Finanze della Camera dei Deputati. Le parole del premier ungherese, oltre ad aprire il seminario, sono state, senza dubbio, la “cornice” della riunione, all’interno della quale le due relazioni di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, e dell’Ambasciatore di Ungheria in Italia, Adam Zoltan Kovacs, hanno rappresentato il “secondo mattone” dopo l’importante incontro tenuto a Budapest con Orban pochi giorni prima le elezioni italiane ed ungheresi. Alla tavola rotonda hanno preso parte – introdotti nella seconda sessione dalla relazione di Paolo Quercia, ricercatore e direttore del Cenass – tutti coloro che, tra parlamentari, economisti, diplomatici, giornalisti ed esperti, nutrivano il desiderio di confrontarsi sul successo elettorale del leader di Fidesz in Ungheria, e sulle questioni inerenti i rapporti tra Italia ed i quattro Paesi di Visegrad (V4), ovvero: Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia.
Come dicevamo il meeting si è rivelato una nuova occasione per consolidare quell’intesa ufficializzata lo scorso 28 febbraio, quando Giorgia Meloni insieme Adolfo Urso hanno incontrato a Budapest il presidente ungherese. Quel giorno la leader di Fratelli d’Italia ha definito vincente il leader di Fidesz–Unione Civica Ungherese, perché «difende l’identità cristiana dell’Europa, dice no al processo di islamizzazione forzata e non ha paura di combattere contro la speculazione finanziaria». Come ha ricordato Adolfo Urso, che conobbe Orban nel 2001, quando era al primo mandato da premier, «Orbàn ci ha accolto con grande afflato. È stato un modo per confrontarci sulla cooperazione tra i nostri partiti, tra le nostre fondazioni ma soprattutto tra i nostri Paesi».
Ecco dunque che il seminario “La Nostra Europa e l’Ungheria di Orban” ha ripreso il filo di quel discorso iniziato con l’incontro di Budapest, tra leader di partiti che si somigliano e che hanno al centro obiettivi comuni. Nel suo discorso introduttivo Urso ha sottolineato, in particolare, il miracolo di ripresa economica realizzato da Viktor Orban in Ungheria: riduzione del debito pubblico, aumento del Prodotto Interno Lordo, importante accrescimento degli investimenti esteri con il combinato virtuoso uso dei fondi dell’Unione. «Tutto ciò ha prodotto una significativa riduzione della disoccupazione dal 12% a meno del 4%. È necessario, pertanto, un comune percorso europeo tra Peasi di Visegrad e Italia, lasciata, in seguito alla Brexit, come altri paesi fondatori dell’Unione, in una situazione particolare che si può tradurre con l’espressione: o segui o soccombi. L’alleanza con i Paesi di Visegrad deve aiutarci ad uscire dalla morsa dell’asse franco- tedesco, in modo da poter finalmente trattare da pari con Francia e Germania e rifondare così l’Europa dei popoli».
Giorgia Meloni, da leader di Fratelli d’Italia, ha voluto marcare, ancora una volta, la necessità dell’Italia di avvicinarsi al modello dei quattro stati di Visegrad, prendendo le distanze da quei leader europei che definiscono il modello del V4 semplicisticamente nazionalista. «Noi siamo europeisti convinti», ha chiarito, «intendendo per Europa il sentimento europeo, l’amore per l’Europa delle patrie e delle nazioni. Noi siamo per l’Europa delle identità, per quell’Europa delle patrie ma patria anch’essa, come diceva De Gaulle. Noi Crediamo nell’Europa che sappia difendere le identità, i diritti ed i bisogni. Purtroppo ad oggi l’Europa non è stata tutto questo. Il modello andrebbe rimesso in discussione e si dovrebbe valutare un disegno, non più di Unione europea, ma di confederazione di Stati sovrani, dotati di propria autonomia ed indipendenza. Dovremmo inoltre ringraziare i paesi del V4 che hanno difeso l’Europa dall’immigrazione fuori controllo che, nei momenti di maggior aumento, sarebbe potuta essere seriamente pericolosa».
Ciò che emerso dal meeting di ieri, insomma, è l’assoluto valore delle politiche di Orban. In ambito economico, certamente, i dati gli danno ragione. L’obiettivo del premier era quello di creare una società basata sul lavoro e sulla piena occupazione. Tassare i consumi, con un IVA alta ma lasciare la moneta nelle tasche degli ungheresi. Un altro obiettivo è stato quello di ridurre il deficit, ma questo come altri interventi, senza una piena sovranità monetaria, sarebbero stati difficili da attuare. Non si tratta di essere antieuropeisti, si tratta di «dare più possibilità alle famiglie ungheresi» come ha sottolineato l’ambasciatore ungherese Adam Zoltan Kovacs. «Siamo europeisti ma il modo in cui l’Europa sta procedendo va rivisto». Piuttosto complicato dare torto all’ambasciatore il quale, a chiusura del suo intervento, ha offerto un’espressione che sarà certamente spunto per nuovi e significativi incontri: «L’Europa è forte quando ogni singolo Stato membro è forte».
*Alessandro Boccia, collaboratore Charta minuta