Charta Minuta, Società

Lo scontro. E se fosse Saviano, allora, il "mandante morale" delle baby gang?

Quanto accaduto nell’arco di pochi giorni a Macerata ha scatenato un acceso confronto, tra esponenti della politica e non solo, che sta influenzando, inevitabilmente, la campagna elettorale attualmente in corso. Come si sa, il tragico ritrovamento del corpo della giovane Pamela Mastropietro, smembrato, chiuso in due trolley abbandonati nelle campagne di Pollenza (comune del maceratese) ha fatto scattare, nella mente di Luca Traini, il folle proposito di “vendicare” la morte della ragazza.

Tra i tanti volti noti della politica e delle istituzioni che non hanno esitato a condannare severamente il gesto sconsiderato del ragazzo, affetto evidentemente da gravi problemi psichici, non poteva mancare lo scrittore Roberto Saviano. Quest’ultimo, tramite un tweet, ha pensato però di puntare il dito contro Matteo Salvini, accusandolo di essere il «mandante morale» del raid di Macerata. Saviano, nel suo j’accuse a mezzo social, ha inoltre incolpato il leader della Lega sostenendo che «lui e le sue parole sconsiderate sono oramai un pericolo mortale per la tenuta della democrazia» e che «una classe politica in perenne campagna elettorale e alla ricerca di consenso a prescindere non è un argine ma un viatico verso il fascismo».

Ora, che tra Matteo Salvini e Roberto Saviano non corra buon sangue è cosa nota e innegabile, considerate soprattutto le loro passate scaramucce combattute a suon di tweet, messaggi su YouTube, interviste etc… Ciò che tuttavia lascia perplessi è la facilità con cui, un gesto di uno squilibrato fuori controllo, venga strumentalizzato per dare addosso al proprio antagonista additandolo come mandante morale. Salvini, che ha sempre dimostrato di avere posizioni nette, in particolare sul tema immigrazione, non ha mai incitato i propri sostenitori ad alcuna forma di violenza contro stranieri ed extracomunitari. Nonostante ciò, a Roberto Saviano, l’occasione è parsa troppo ghiotta per non sferrare un nuovo e incisivo colpo contro il suo avversario.

Inoltre, un’eventuale considerazione che potremmo fare come ha sottolineato con efficacia Giorgia Meloni, qualora dovessimo sposare le parole del celebre autore di Gomorra riguardo il leader della Lega, potrebbe consistere invece nel ritenere Saviano, se non il mandate morale, il proponitore di un modello negativo per i ragazzi, di Napoli e dintorni.

I recenti fatti di cronaca, infatti, parlano di baby gang, composte da ragazzi molto giovani, che, con armi di vario tipo, commettono atti di violenza ai danni dei loro coetanei, ispirandosi a Genny Savastano e a Ciro Di Marzio, entrambi personaggi protagonisti della fortunata serie televisiva Gomorra di cui Saviano è autore.

Che Gomorra sia una serie ben realizzata e avvincente non vi è dubbio. Tuttavia, la fiction, giunta alla terza stagione con la quarta attualmente già in cantiere, rischia non tanto di condannare il fenomeno della camorra quanto di celebrarlo, creando – seppur all’interno di un prodotto cinematografico – dei modelli negativi per i giovani ragazzi che vivono in contesti in cui l’illegalità rappresenta l’unica strada da percorrere. Di questo Saviano non sembra curarsi, anzi, ritiene che narrare le gesta di Genny e di Ciro sia, come avvenne per il libro Gomorra, un valido mezzo per denunciare il fenomeno. In realtà il dato sarebbe un altro, come testimoniano i resoconti delle aggressioni avvenute a Napoli e provincia in questi ultimi tempi, e, ciò nonostante, nessuno punta il dito contro Saviano.

*Alessandro Boccia, collaboratore Charta minuta

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