Pochi sono quelli che hanno una visione chiara del futuro, pochissimi stanno discutendo sul tema dell’etica della tecnologia, quasi nessuno ammette che tra trent’anni il mondo del lavoro sarà totalmente rivoluzionato. Perché la politica non discute di visioni del futuro, perché nelle assemblee non si parla di “dove andremo a finire?”.
L’umanità, da sempre, vive di storie e nell’ultimo decennio ci siamo raccontati che tutto è possibile: che il successo è possibile sia all’indolente come al laborioso, che la responsabilità è della società e non del singolo, che anche una segretaria può diventare milionaria con i bitcoin, che con l’utero in affitto anche una coppia omosessuale può essere Famiglia, che ogni capriccio ha il diritto di essere realizzato.
Per anni ci hanno raccontato che la globalizzazione e la liberalizzazione della politica è la chiave del successo delle nazioni e la strada verso la ricchezza. Poi abbiamo scoperto che i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. Abbiamo anche mandato in soffitta Pareto perché non è più il 20-80 ma, ce lo dice il Rapporto Oxfam, è il 10% della popolazione detiene il 90% della Ricchezza. Allora, nella time-line dell’ evoluzione umana, dove ci collochiamo?
Lo storico Harari sostiene, a ragione, che questa sia l’epoca migliore della storia dell’uomo ed è un dato di fatto: l’uomo per la prima volta muore perché mangia troppo e non perché non mangia affatto; sono più le vittime del suicidio che della criminalità, terrorismo e guerre messe insieme. Insomma, la distorsione e il cambiamento dei principali pilastri della società sono così potenti e deflagranti che c’è da chiedersi se il modello politico esistente è in grado di governare il cambiamento.
L’umanità, da sempre, vive di storie e nell’ultimo decennio ci siamo raccontati che tutto è possibile: che il successo è possibile sia all’indolente come al laborioso, che la responsabilità è della società e non del singolo, che anche una segretaria può diventare milionaria con i bitcoin, che con l’utero in affitto anche una coppia omosessuale può essere Famiglia, che ogni capriccio ha il diritto di essere realizzato.
Per anni ci hanno raccontato che la globalizzazione e la liberalizzazione della politica è la chiave del successo delle nazioni e la strada verso la ricchezza. Poi abbiamo scoperto che i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. Abbiamo anche mandato in soffitta Pareto perché non è più il 20-80 ma, ce lo dice il Rapporto Oxfam, è il 10% della popolazione detiene il 90% della Ricchezza. Allora, nella time-line dell’ evoluzione umana, dove ci collochiamo?
Lo storico Harari sostiene, a ragione, che questa sia l’epoca migliore della storia dell’uomo ed è un dato di fatto: l’uomo per la prima volta muore perché mangia troppo e non perché non mangia affatto; sono più le vittime del suicidio che della criminalità, terrorismo e guerre messe insieme. Insomma, la distorsione e il cambiamento dei principali pilastri della società sono così potenti e deflagranti che c’è da chiedersi se il modello politico esistente è in grado di governare il cambiamento.
Il ragionamento destra contro sinistra – che caratterizza la politica fino al XX secolo – è ancora valido o bisogna adottare un modello di ragionamento globale contro nazionale? E’ necessario un modello politico capace di riempire il vuoto tra economia globale e politica nazionale? Oppure in alternativa, è più efficace ed efficiente nazionalizzare l’economia o globalizzare la politica?
Questi sono i temi che la Politica dovrebbe affrontare per avere una visione ad ampio raggio e il dibattito politico deve essere riportato sul futuro dell’umanità e non sul mero consenso elettorale a breve termine (il teorema dell’elettore mediano è sempre valido). Questo cambiamento è inevitabile perché la tecnologia ci fa vivere tutti più vicini, ci permette di acquistare lo stesso libro dallo stesso Amazon, ci fa vivere le stesse guerre. Ognuno ha il suo “nemico” senza comprendere quale il nemico comune: l’Intelligenza Artificiale. Quale partito ha aperto al suo interno un dibattito sugli effetti che la tecnologia avrà su migliaia di persone che saranno letteralmente prima espulse e poi estromesse dal mercato del lavoro?
Saranno i robot, ovvero gli algoritmi nati dalla condivisione gratuita e selvaggia dei nostri dati e la non gestione della tecnologia a creare nuove povertà. Un tempo si regalavano monili di vetro alle tribù conquistate e oggi regaliamo i nostri profili, i nostri gusti, le nostre abitudini per una finta promessa di una finta crociera. Se ne parla nelle università e nei laboratori ma in politica non se ne parla. Ancora. Non si dice che tra 20, 30 anni – non tra 200- il mondo sarà totalmente cambiato. Quello che oggi insegnano nelle scuole e nelle università nel 2040 servirà ancora? Ci dobbiamo pensare ora, non aspettare il 2040.
Se non pensiamo, discutiamo e non ci attrezziamo per governare la quarta rivoluzione industriale, la tecnologia fagociterà il mondo e l’autorità degli esseri umani sarà completamente sostituita da algoritmi, dati condivisi come il proprio profilo Fb, i propri gusti, le proprie abitudini. Saremo pilotati a prendere delle decisioni dagli algoritmi e il “libero arbitrio” sarà sostituito da un procedimento matematico: la specie umana subirà un upgrade biologico di élite superiore perché saranno gli algoritmi a scegliere la nostra migliore convenienza grazie alla simmetria informativa e all’accesso a sempre più dati. Più dati hai, migliore sarà il tuo algoritmo. Migliore è il tuo algoritmo, più successo e potere avrai. Il resto dell’umanità, quelli che non avranno a disposizione sufficienti dati per un migliore algoritmo saranno i nuovissimi poveri. Non è forse arrivato il momento di parlare di etica della tecnologia e del binomio tecnologia-povertà?
Questi sono i temi che la Politica dovrebbe affrontare per avere una visione ad ampio raggio e il dibattito politico deve essere riportato sul futuro dell’umanità e non sul mero consenso elettorale a breve termine (il teorema dell’elettore mediano è sempre valido). Questo cambiamento è inevitabile perché la tecnologia ci fa vivere tutti più vicini, ci permette di acquistare lo stesso libro dallo stesso Amazon, ci fa vivere le stesse guerre. Ognuno ha il suo “nemico” senza comprendere quale il nemico comune: l’Intelligenza Artificiale. Quale partito ha aperto al suo interno un dibattito sugli effetti che la tecnologia avrà su migliaia di persone che saranno letteralmente prima espulse e poi estromesse dal mercato del lavoro?
Saranno i robot, ovvero gli algoritmi nati dalla condivisione gratuita e selvaggia dei nostri dati e la non gestione della tecnologia a creare nuove povertà. Un tempo si regalavano monili di vetro alle tribù conquistate e oggi regaliamo i nostri profili, i nostri gusti, le nostre abitudini per una finta promessa di una finta crociera. Se ne parla nelle università e nei laboratori ma in politica non se ne parla. Ancora. Non si dice che tra 20, 30 anni – non tra 200- il mondo sarà totalmente cambiato. Quello che oggi insegnano nelle scuole e nelle università nel 2040 servirà ancora? Ci dobbiamo pensare ora, non aspettare il 2040.
Se non pensiamo, discutiamo e non ci attrezziamo per governare la quarta rivoluzione industriale, la tecnologia fagociterà il mondo e l’autorità degli esseri umani sarà completamente sostituita da algoritmi, dati condivisi come il proprio profilo Fb, i propri gusti, le proprie abitudini. Saremo pilotati a prendere delle decisioni dagli algoritmi e il “libero arbitrio” sarà sostituito da un procedimento matematico: la specie umana subirà un upgrade biologico di élite superiore perché saranno gli algoritmi a scegliere la nostra migliore convenienza grazie alla simmetria informativa e all’accesso a sempre più dati. Più dati hai, migliore sarà il tuo algoritmo. Migliore è il tuo algoritmo, più successo e potere avrai. Il resto dell’umanità, quelli che non avranno a disposizione sufficienti dati per un migliore algoritmo saranno i nuovissimi poveri. Non è forse arrivato il momento di parlare di etica della tecnologia e del binomio tecnologia-povertà?
*Marina Buffoni, collaboratore Charta minuta